La Sposa Cadavere è il primo film in stop motion diretto interamente da Tim Burton. Realizzato per la prima volta attraverso l’utilizzo di camere digitali, con set realizzati minuziosamente in miniatura in collaborazione con la Laika, il film divenne il capolavoro della stop motion per eccellenza, portato alla vita dalle voci degli attori più affezionati al maestro dell’orrore.
La genesi
Quando Tim Burton scoprì il racconto Il Dito, che ispirò la vera storia di La Sposa Cadavere, capì immediatamente che desiderava adattarlo e renderlo un film. Allo stesso modo, seppe da subito che sarebbe stato girato con la tecnica della stop motion, e stavolta sarebbe stato lui il regista della pellicola.
Così la produzione ebbe inizio. Sulla scia di quella che era stata la gran parte della filmografia di Tim Burton, i suoi due attori feticcio lo accompagnarono anche in questo progetto: Johnny Deep prestò la voce a Victor, protagonista maschile del film, e Helena Bonham Carter ad Emily, la di lui ormai morta sposa. Le performance dei due interpreti servivano a corredare la cornice finemente intessuta dalla produzione di uno dei titoli più iconici mai realizzati.
La rivoluzione
Per la prima volta nella storia, un film in stop-motion veniva realizzato su pellicola digitale e con camere fisse. Il capolavoro di Burton fu pieno di innovazioni, dalla tecnica e gli strumenti per la regia all’incremento delle tecniche di movimento dei puppet.
I pupazzi realizzati per il film erano molto diversi da quelli degli altri titoli in cui venne impiegata lo stesso stile come Nightmare Before Christmas, perché Burton e gli artisti nella sua squadra impararono la tecnica Gear and Paddle, che riusciva ad evitare agli animatori il lungo processo di sostituzione delle teste dei personaggi per la creazione di ogni singola espressione facciale. Così, i personaggi di La Sposa Cadavere muovevano il viso tramite la stimolazione di ingranaggi interni, e ne uscì una gamma di espressioni ampia e splendida da osservare, frame dopo frame, assieme alle movenze dei pupazzi.
Il cinico mondo dei vivi
Tim Burton desiderava portare sullo schermo un racconto popolare ambientato in Russia, ma come realizzare un film sui morti senza che questi risultassero eccessivamente spaventosi? Si desiderava giocare sul senso dell’orrore che avrebbe dato la storia allo spettatore, ma un approccio troppo azzardato avrebbe reso il film troppo spaventoso, allora come fare?
Oltretutto la particolarità più grande di La Sposa Cadavere, che salta all’occhio non appena si preme play, è senza ombra di dubbio la cupezza dell’ambiente, la sua atmosfera sinistra, come una Londra perennemente avvolta dalla nebbia che non riesce a liberarsene. Fu Tim Burton stesso a desiderare che il mondo dei vivi fosse “più morto di quello dei morti“. E allora non utilizzarono alcun filtro cinematografico, alcun ritocco invadente che rendesse sterili e grigi gli ambienti. Preferirono dipingerli in modo tale che fossero loro stessi a mancare di colore, di vita, di luce. Perché come diceva sempre Burton “era il mondo dei vivi, tra i due ambienti, il più triste e nero“.
Furono eretti set in miniatura per le riprese. Piccole strade di una cittadina vittoriana non bene identificata, scelta personalmente dal regista come ambientazione per il film. Desiderava che si trattasse di un ambiente freddo, rigido, bloccato nelle regole di una società arida mossa solo dal denaro e dalla posizione. Tanto erano diversi il mondo dei vivi da quello dei morti che due team diversi lavorarono alla produzione. Uno ai palazzi grigi della città, l’altro alle pareti colorate e luminose dell’aldilà.
Il radioso mondo dei morti
Infatti quello dei morti è un’esplosione di colore. Luci, sfumature e pupazzi furono pensati per brillare di più, le canzoni furono studiate per essere più vibranti, più incalzanti, a fronte delle melodie ridondanti del piano di sopra. Se nel mondo dei vivi si discuteva di denaro, dinastia e matrimoni combinati, sotto terra parlavano di musica, ridevano, ballavano, bevevano e facevano festa: due mondi agli antipodi, su cui il film gioca in un contrasto perpetuo, finché Victor non vi rimane intrappolato in mezzo.
Il team artistico lavorò incessantemente per rendere i personaggi dei morti ben riconoscibili e comunque non troppo grotteschi, a partire dal colore bluastro della loro carnagione, ogni loro particolarità, dalle spade conficcate nel petto ai vermi che fuoriescono dalle orbite, divenne una nota di colore, un piccolo gioco, così da non tralasciare la bruttezza della morte e, contemporaneamente, non renderla inutilmente terrificante. Perché come ci insegna il film: “dovremo alla fine morir tutti quanti“.
La Sposa Cadavere è uscito nel 2005. Il film incassò quasi 120 milioni di dollari a fronte di un budget di soli 40, e fu lodato dal pubblico e dalla critica per la sua bellezza, tanto da essere candidato agli Oscar. Fu anche il film che seppe salvare la Laika, oggi la più grande casa di produzione di film in stop-motion al mondo, da un tremendo momento di crisi, grazie alla collaborazione con Tim Burton.
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