Bisogna sempre leggere bene gli ingredienti dietro la confezione. Soprattutto quando si parla di cioccolato, è consigliabile controllare la percentuale di dolce e amaro che troveremo in bocca. Dal pungente cacao extra fondente al latte più dolce, anche la vita cinematografica di Willy Wonka ha avuto sapori diversi. L’eccentrico cioccolatiere immaginato dalla penna di Roald Dahl ha ispirato tre incarnazioni molto lontane tra loro. Tre personaggi con lo stesso nome, (quasi) gli stessi abiti, ma con messaggi diversi nascosti nel cilindro. Così l’iconico sorriso sornione di Gene Wilder, quello strambo di Johnny Depp e quello più dolce di Timothée Chalamet sono quasi tre firme diverse dello stesso nome e cognome. Tre sfumature di cioccolato che adesso assaporiamo nel dettaglio.
Gene Wilder: extra fondente
Disconosciuto dallo stesso Dahl (estromesso dalla sceneggiatura durante la produzione) e incompreso all’epoca della sua uscita. Un bigliettino da visita perfetto per un film strambo come La fabbrica di cioccolato del 1971. Mattatore assoluto? Quel genio di Gene Wilder, forse uno dei pochi a rievocare la grandezza di Chaplin quando si parla di presenza scenica, mimica facciale e quella rara luce negli occhi così contraddittoria, piena di dolcezza, inquietudine e malinconia. Interessante come nel film di Mel Stuart il punto di vista principale sia quello del piccolo Charlie che si addentra nei meandri della Fabbrica di cioccolato.
Una prospettiva che rende il Wonka di Wilder ancora più misterioso e affascinante, proprio in quanto personaggio esterno al cuore del racconto, col quale non si entra mai in empatia. Il Wonka di Wilder è istrionico, affascinante ed enigmatico, perché non sappiamo nulla su di lui. A renderlo subdolo c’è proprio la patina comica, dietro cui si nasconde un mastro cioccolatiere senza scrupoli nel mettere in pericolo la vita dei bambini (che di fatto scompaiono nel nulla).nLo fa con un cinismo alienante proprio perché mascherato dal sarcasmo e da atteggiamenti all’apparenza assai bonari.
Questo Wonka detesta gli adulti (il vero male della società) e prova a trovare un pizzico di speranza nei bambini, ma lo fa con un’ironia sofisticata, sottile, che lasciava molto al non detto. Un’ambiguità spesso inquietante, data dai bambini che spariscono nel nulla e dalla nonchalance di un personaggio mai impressionato dalle cose assurde che vede. Un personaggio straniante, che infatti all’epoca non fu capito, diventando un cult (e un meme) soltanto molti anni dopo.
Johnny Depp: fondente con praline di zucchero
La fabbrica Burton sforna sempre freak a cui è facile affezionarsi. È quello che succede nel 2005 con un remake che cambia la prospettiva di un racconto che procede su binari paralleli. Charlie e Willy Wonka sono le due anime della storia. Due anime dalle origini opposte. Perché se Charlie è ricco di amore familiare anche in povertà, Wonka viene da un’infanzia cupa e traumatica. L’amore di Burton per le anime in pena rifiutate dalla società ritorna di prepotenza con l’ennesimo conflitto Io/Mondo del suo cinema. E così ecco il Wonka sociopatico di Johnny Depp, che quasi ha paura di toccare e di essere toccato.
Totalmente disabituato al contatto umano, si è rinchiuso nella sua fabbrica diventata il suo microcosmo sicuro, il suo mondo colorato e pazzo, lontano anni luce da quello grigio della realtà. Nasce così un Wonka ancora più strambo, grottesco e sopra le righe, segnato da quel sorriso forzato e da quel pallore innaturale. Ma se il Wonka di Wilder era un agente esterno alla storia, qui Burton si sporca le mani di cioccolato e fango, affondandole nel vissuto di un uomo di cui comprendiamo la tragedia e la stranezza. Un uomo segnato dal passato che prova a ritrovare in Charlie la spensieratezza che lui non ha mai avuto. Una via di mezzo che a molti non è piaciuta, ma sicuramente coerente con la poetica burtoniana.
Timothée Chalamet: cioccolato al latte
Alziamo il tasso glicemico e dimentichiamo l’amarezza del cacao. Sì, perché Paul King è in vena di classici natalizi smielati e zuccherosi. Il suo Wonka è un prequel molto più sognante e magico, che allontana il personaggio dall’ambiguità dei suoi predecessori. Il primo cambiamento è a livello anagrafico: il Willy Wonka di Chalamet è giovane, e quindi pieno di belle speranze e sogni da realizzare (infatti la celebre fabbrica non esiste ancora). Assai lontano dalla disillusione dei suoi colleghi, questo Wonka è un sognatore altruista, che esprime il suo talento nella gioia degli altri. Secondo cambiamento fondamentale? Il ruolo del cioccolato.
Nelle versioni di Wilder e Depp il cioccolato è una tentazione. Quasi una trappola per dimostrare i peccati dei bambini viziati e dei loro insopportabili genitori. In Wonka, invece, il cioccolato è uno strumento di condivisione, un collante tra le persone. A confermare il cuore puro del Wonka firmato Chalamet c’è anche il rapporto affettuoso con sua madre e lo spirito puro e innocente di un personaggio positivo al 100%, senza zone d’ombre, stranezze o ambiguità a macchiarne il volto pulito. Così il sorriso bonario di Chalamet diventa la firma di una perfetta commedia per famiglie che l’amarezza l’ha incartata nel passato. In Wonka il futuro è dolce.
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo questo articolo insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!