Stanley Kubrick è considerato uno dei più grandi registi di tutti i tempi. Non solo perché ha saputo creare un’espressività unica e riconoscibile, ma soprattutto per il modo in cui è riuscito, attraverso la sua opera, a fondere le logiche del cinema mainstream con quelle del cinema d’autore. I suoi film venivano realizzati da grandi produzioni con ingenti quantità di risorse. Eppure, egli aveva sempre carta bianca. La sua filmografia non è molto densa (tredici film in quarantasei anni di carriera, dal 1953 al 1999), proprio perché questo totale potere di controllo lo portava a dedicare ad ogni singola pellicola lunghissimi tempi di lavorazione.
Kubrick ha avuto la capacità di instaurare uno stretto rapporto con tutti i generi (dalla fantascienza alla commedia, passando per l’horror e la guerra), decostruendone i canoni tradizionali per elaborare una personale visione del mondo. La sua poetica è costruita su tematiche ben chiare: la violenza insita nella natura umana, il senso della morale, il tema del doppio, la perdita della ragione e il rapporto tra uomo e tecnologia.
La passione per la fotografia è stata uno dei file rouge della sua carriera: una cura per i dettagli impressionante, una maniacale costruzione delle inquadrature sempre alla ricerca di un realismo oggettivo mescolato ad un’iconografia ispirata dalla storia dell’arte di ogni secolo. A ciò si accosta anche un altro elemento che ha caratterizzato il suo stile, ossia l’utilizzo della musica, spesso inserita in contrapposizione con le immagini proposte in modo da suscitare nello spettatore sensazioni contrastanti.
Insomma, quella di Kubrick è un’opera impossibile da non vedere, studiare e ricordare. I suoi film hanno segnato il XX secolo, rovesciando per sempre il modo di concepire il cinema. Noi abbiamo deciso di classificarli secondo un ordine di gradimento, perciò ecco a voi tutti i film di Stanley Kubrick dal peggiore al migliore.
13. Paura e Desiderio (1953)
All’ultimo posto della classifica c’è il primo lavoro di Kubrick, Paura e Desiderio, definito dallo stesso “un maldestro esercizio cinematografico amatoriale”. Si tratta sicuramente di un’opera comprensibilmente acerba, realizzata dal regista con inesperienza e soprattutto con un’auto produzione molto limitata (novemila dollari di budget). Ma non per questo si può parlare di un esordio di scarso interesse. Paura e Desiderio (Fear and Desire) è il primo approccio del maestro al genere bellico, in cui troviamo tutti i concetti che verranno ripresi in seguito da Orizzonti di Gloria e Full Metal Jacket. Dal trauma della guerra alla paura della morte, passando per un’analisi della condizione dei soldati spinti ad agire secondo un istinto primordiale. Kubrick ha già una visione chiarissima della guerra come espressione dell’insensatezza del mondo e delle relazioni umane.
Paura e Desiderio ci immerge in un contesto spazio-temporale non definito, in una guerra tra due stati senza nome, dove dei soldati atterrano involontariamente in una zona nemica. Per arrivare sani e salvi nel loro territorio, sono costretti a prendere una ragazza come prigioniera, viaggiare lungo un fiume e combattere un conflitto astratto contro le loro paure e i loro desideri.
12. Il bacio dell’assassino (1955)
Con il secondo lungometraggio, Kubrick fa emergere tutto il suo passato da fotografo e fotoreporter, elaborando un’estetica di pregevole fattura, capace di evocare le suggestioni dei grandi noir americani. Davey Gordon (Jamie Smith) è un pugile solo e sull’orlo del declino. Un giorno salva la sua vicina di casa, Gloria (Chris Chase), da un tentativo di violenza, ma viene ingiustamente accusato di omicidio.
Il Bacio dell’assassino (Killer’s Kiss) è un film piuttosto semplice e convenzionale, ma estremamente solido e dotato di un buon ritmo, senza particolari sbavature di sceneggiatura. Siamo però lontani dalla potenza espressiva dei futuri capolavori del regista, per cui non possiamo piazzare questa pellicola in una posizione più alta. Anche se è impossibile non menzionare la famosa scena del duello nel deposito di manichini, entrata di diritto nella memoria degli appassionati.
11. Spartacus (1960)
Appena fuori dalla top dieci troviamo Spartacus, film storico con protagonista Kirk Douglas nei panni del personaggio romano Spartaco. Pensato come una risposta commerciale a Ben Hur da parte dello stesso Douglas (anche produttore del film), Spartacus ha avuto una produzione piuttosto turbolenta, con un trentaduenne Kubrick subentrato ad opera in corso in sostituzione ad Anthony Mann, a cui inizialmente era stata affidata la direzione.
Sebbene dunque non si possa attribuire a Kubrick la piena paternità dell’opera, troppo influenzata dalle logiche della produzione, Spartacus risulta uno dei migliori kolossal epici mai realizzati, in cui l’impronta del regista newyorkese la si può comunque ritrovare sia nella forma -una costruzione scenica raffinatissima con geometriche inquadrature- che nei contenuti. Spartacus è un appassionante inno alla libertà (basato sulla storia vera di Spartaco e trasposta in seguito nel libro di Howard Fast), che racconta la rivolta dei sessantamila schiavi contro un’antica Roma sprofondata nella lussuria e nella corruzione politica. Nel cast anche Laurence Olivier e Charles Laughton.
10. Lolita (1962)
Il professor Humbert (James Mason) è un uomo di mezza età, europeo e divorziato. Si trasferisce negli Stati Uniti per insegnare in una scuola superiore. Mentre cerca una residenza dove stabilirsi, conosce una donna vedova, Charlotte (Shelley Winters), che vive con sua figlia Dolores, detta Lolita (Sue Lyon), di cui si innamora a prima vista. Humbert decide dunque di prendere in affitto uno degli appartamenti di proprietà della donna, proprio per stare vicino alla giovane Lolita.
Lolita è l’adattamento dell’omonimo libro dello scrittore russo Vladimir Nabokov (anche sceneggiatore del film), uno dei romanzi più controversi, disquisiti e anche letti del Novecento. L’ossessione malata del protagonista per una ragazzina – dodicenne nel libro e sedicenne nel film – è rimasta impressa nell’immaginario collettivo e nel linguaggio comune, tant’è che il temine “Lolita” viene utilizzato ancora oggi per indicare una ragazza che si comporta come se avesse un’età superiore a quella che ha.
Nonostante una natura decisamente meno provocatoria del libro, l’opera di Kubrick non si perde mai di valore nel tracciare uno dei racconti più morbosi e viscerali di sempre, fortemente impattante per la cultura dell’epoca.
9. Rapina a mano armata (1956)
Rapina a mano armata (Killer’s Kiss) è il primo vero capolavoro del regista ed uno dei più grandi noir della storia del cinema. Non solo per la sua straordinaria forza estetica, ma principalmente per la sua struttura narrativa non lineare, caratterizzata da continui salti in avanti e indietro nel tempo. Una destrutturazione della consequenzialità del racconto che ha fatto scuola, ispirando film come Le Iene di Tarantino. Rapina a mano armata è una pellicola in grado di coinvolgere magnificamente lo spettatore, grazie ad un montaggio serratissimo capace di scandire perfettamente il ritmo della narrazione, ricca di momenti di suspense e colpi di scena.
Johnny Clay (Sterling Hayden) è un criminale esperto che pianifica l’ultima sua rapina prima di sposare la fidanzata, Fay (Coleen Gray). Il bersaglio è la sala conta di un Ippodromo, da svaligiare durante una corsa di cavalli. Per organizzarla al meglio, crea una squadra composta da un cassiere ed un barista dell’ippodromo, un poliziotto corrotto, un wrestler e un tiratore scelto.
8. Eyes Wide Shut (1999)
All’ottavo posto troviamo Eyes Wide Shut, l’ultima opera di Stanley Kubrick, scomparso proprio durante la fase di post-produzione, nel marzo del 1999, precisamente cinque giorni dopo aver completato il montaggio.
Liberamente tratto dal romanzo Doppio Sogno di Artur Schnitzler, Eyes Wide Shut è diventato col tempo uno dei più grandi testamenti di sempre, espressione di una geniale poetica che ha occupato un posto importante nella storia del cinema americano ed internazionale. Probabilmente si tratta del film kubrickiano dal fascino più criptico ed enigmatico. Ipnotico ed ambiguo. Recondito e oscuro. Ma incredibilmente travolgente.
Bill Harford (Tom Cruise mai così in stato di grazia) è un medico che, turbato dalla rivelazione dei sogni erotici della moglie Alice (Nicole Kidman altrettanto in stato di grazia), decide di intraprendere una sorta di viaggio negli inferi, tra misteri, maschere e strani incontri.
Per l’ultima volta Kubrick struttura una riflessione sul senso della morale e sulle conseguenze delle azioni umane, confezionando un profondo trattato sui rapporti di coppia, sui vincoli e le distorsioni del matrimonio. Ma Eyes Wide Shut è anche una delle opere più politiche del maestro, in grado di smascherare i vizi e le ipocrisie di una società che si è privata della sua identità per eseguire agghiaccianti operazioni.
7. Full Metal Jacket (1987)
Come si può dimenticare il discorso tenuto dal sergente Hartman durante il primo giorno di addestramento dei marines? Una delle scene che ha contribuito a rendere Full Metal Jacket un cult di spessore, nonché uno dei migliori film sul conflitto in Vietnam mai realizzati.
La pellicola si divide in due parti (con la prima leggermente meglio della seconda): in prima battuta, l’addestramento dei marines atto a farne delle vere e proprie macchine per uccidere. In secundis, l’orrore del campo di battaglia dove si manifesta la confusione mentale dei soldati.
Full Metal Jacket, basato sul romanzo Nato per uccidere di Gustav Hasford, segna il ritorno al genere bellico delle origini – dopo Paura e Desiderio e Orizzonti di Gloria – da parte di Kubrick, che non si risparmia nel rappresentare ancora una volta la guerra come un generatore di morte e follia. Come uno scenario di annullamento di ogni sensibilità umana.
6. Orizzonti di Gloria (1956)
Orizzonti di Gloria (Paths of Glory) non è solamente uno dei migliori film (se non il migliore) sulla Grande Guerra, ma è uno dei più potenti manifesti antimilitaristi di tutti i tempi.
Il film vede Kirk Douglas nei panni del colonnello Dax, comandante dei soldati francesi che si rifiutano di continuare un attacco suicida ordinato dal generale Broulard (Adolphe Menjou), membro dello Stato Maggiore francese. Tale ammutinamento porta la Corte Marziale a processare i soldati, accusati di codardia. Il colonnello Dax, che nella vita civile è un avvocato penalista, si offre di difenderli.
Proibito in Francia per 18 anni dopo l’uscita nel 1957, Orizzonti di Gloria è, nella sua struttura apparentemente semplice, un capolavoro ancora oggi sconvolgente. Kubrick denuncia l’aspetto più malato della guerra, mostrandola nella sua essenza, come se fosse una partita a scacchi. I soldati sono le pedine, costrette a patire la dura vita nelle trincee. Invece i generali sono gli scacchieri, che tra le quattro mura dei loro palazzi hanno uno sguardo troppo distolto dalla realtà per capire le condizioni fisiche e psicologiche di chi è impegnato sul fronte.
Un film incredibile, di rara perfezione estetica unita ad un’acuta riflessione sull’inutilità della guerra, con il finale più commovente dell’intera filmografia.
5. Shining (1980)
Shining (The Shining) merita un piazzamento in top cinque. Perché è una tappa importante del percorso di intercettazione-ribaltamento dei canoni dei generi cinematografici da parte del regista. Dopo l’insuccesso commerciale di Barry Lyndon nel 1975, Kubrick ha confezionato con questa pellicola – suo primo ed unico approccio al genere – uno dei migliori horror della storia del cinema, dimostrando ancora una volta una sopraffina abilità nel plasmare il proprio stile su qualsiasi tipo di canovaccio.
La sinossi non ha bisogno di tante presentazioni: Jack Torrance (Jack Nicholson) è un aspirante scrittore che accetta l’incarico di guardiano invernale in un hotel isolato sulle montagne del Colorado. Vi si stabilisce con sua moglie Wendy (Shelley Duvall) e suo figlio Danny (Danny Lloyd). Tutto sembra procedere per il verso giusto, quando Danny inizia ad avere delle visioni riguardo eventi passati della struttura.
Kubrick è riuscito a adattare magnificamente il celebre libro di Stephen King, aggiungendoci un tocco di genialità e di angoscia. Di follia pura. Con un cast eccezionale. Un’estetica perturbante. Una regia dinamica, sempre imprevedibile e pronta a catturare ogni dettaglio. La paura non viene dal buio, bensì dalla luce. In un Overlook Hotel tutto illuminato, dove l’orrore si cela dietro ogni angolo, dentro la nostra mente. Una pietra miliare dell’horror, entrata nell’immaginario collettivo con una forza dirompente.
4. Barry Lyndon (1975)
Basato sul romanzo Le memorie di Barry Lyndon di William Makepeace Thackeray, ambientato nel XVIII secolo, Barry Lyndon racconta l’epopea dell’ascesa e della caduta di Redmond Barry (Ryan O Neal), un giovane ragazzo irlandese di origini modeste alla ricerca di ricchezza e privilegi sociali. Con il suo unico incontro con il film storico in costume, Kubrick ha prodotto una delle opere esteticamente più belle della storia del cinema, caratterizzata da una sofisticata messa in scena e da una fotografia talmente ammaliante da lasciare lo spettatore senza parole.
Per elaborare un’estetica più realistica possibile, Kubrick si è servito di documenti del XVIII secolo. Infatti, le scene e i costumi sono ispirati a quadri, stampe e disegni d’epoca. Per quanto riguarda le riprese, è stata messa da parte qualsiasi tipo di illuminazione artificiale, in favore dell’ausilio della sola luce naturale, e di candele e lampade ad olio per le scene notturne. Tale scelta ha comportato l’impiego di lenti Zeiss, utilizzate dalla Nasa per le foto nello spazio.
Barry Lyndon rimane il film perfetto per eccellenza, dove nulla è fuori posto e dove emerge un profondo spirito di studio e di ricerca da parte dell’autore. Un lungometraggio affascinante, in cui è impossibile non lasciarsi trasportare dalle sue seducenti immagini.
3. Il Dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (1964)
Medaglia di bronzo per Il dottor Stranamore (Dr. Strangelove or: How I Learnd to Stop Worryng and Love the Bomb), trasposizione del romanzo Red Alert to Hours to Doom di Peter George. Un generale americano, fortemente convinto di una “minaccia comunista”, ordina un attacco scellerato contro L’Unione Sovietica. Il Presidente degli Stati Uniti cerca di fermarlo a tutti i costi, per evitare il rischio di scatenare un meccanismo che distruggerà la Terra.
Il Dottor Stranamore è una delle più brillanti black comedy di tutti i tempi, portatrice di un contenuto politico ancora spaventosamente attuale. Kubrick inscena un’arguta satira sul militarismo e sulla Guerra Fredda, dipingendo ironicamente i personaggi come esseri tanto potenti quanto estremamente ottusi. Emblematica è la War Room americana, che riunisce uomini folli, fanatici ed incapaci di gestire situazioni delicate. Un tema urticante: l’inevitabilità del conflitto nucleare a pochi anni dalla crisi missilistica di Cuba e dall’assassinio di Kennedy.
Il protagonista assoluto è Peter Sellers, attore poliedrico capace di interpretare tre personaggi completamente diversi tra loro: il presidente degli Stati Uniti, il colonnello Mandrake e soprattutto il Dottor Stranamore, uno scienziato statunitense con un passato nazista manifestato da particolari tic. Uno dei soggetti più iconici della filmografia del cineasta.
2. Arancia Meccanica (1971)
Arancia Meccanica (A Clockwork Orange), adattamento dell’omonimo libro di Anthony Burgess, è l’opera più provocatoria, controversa, conosciuta, amata e celebrata di Stanley Kubrick. In una Londra immersa in un futuro imprecisato, Alex De Large (Malcom McDowell) è un giovane antisociale alla ricerca di emozioni forti. Egli è il capo dei Drughi, una banda criminale con cui si diverte a compiere rapine, stupri e “ultraviolenza”. Un giorno viene arrestato dalla polizia, e sottoposto ad un trattamento che lo reintegra nella società, trasformandolo nella vittima della rabbia vendicativa di coloro che erano state le sue vittime.
Al momento della sua uscita nel dicembre del 1971, Arancia meccanica è stato un pugno nello stomaco per molti spettatori. Non solo per il contenuto esplicito delle immagini, ma soprattutto per il suo sottotesto sociale ancora oggi scottante. Un vero e proprio scandalo, vietato ai minori di diciotto anni e divenuto intoccabile per le televisioni. Arancia Meccanica è una grottesca previsione di un mondo senza speranza, governato da un potere distorto e dominato dalla follia. Kubrick evidenzia l’imprescindibilità del libero arbitrio, contrastando i metodi con cui le istituzioni cercano di combattere la violenza. Celeberrima è la scena della cura Ludovico, in cui il protagonista viene forzatamente condizionato alla non violenza e, di conseguenza, trasformato in un non uomo, privato della sua anima.
Violenta quanto la sostanza è anche la forma, fatta di grandangoli, camera a mano, rallenty, accelerazioni e una scenografia in bilico tra il gusto pop e postmoderno. Un plauso va inoltre alla performance di Malcom McDowell, trasformato da Kubrick in un personaggio sconcertante che ha impattato fortemente la cultura di massa. Arancia Meccanica è il primo vero capolavoro distopico del cinema, divenuto fonte di ispirazione per moltissime opere a seguire.
1. 2001: Odissea nello Spazio (1968)
L’alba dell’uomo. Un gruppo di scimmie scopre un misterioso monolite nero. Venendovi a contatto, una di loro impara ad utilizzare un osso come strumento per difendersi, combattere ed uccidere altre scimmie. Quattro milioni di anni dopo uno scienziato statunitense (William Sylvester) intraprende un viaggio verso la Luna per indagare sulla presenza in un monolite che invia segnali verso Giove.
2001: Odissea nello Spazio (2001: a Space Odyssey) non è solamente il miglior film di fantascienza di sempre. Non è solamente l’opera più astratta e metafisica del regista. Non è solamente la rappresentazione definitiva del ribaltamento dello sguardo sul rapporto uomo-intelligenza artificiale. 2001: Odissea nello Spazio è la summa della concezione di cinema come veicolo di pensiero.
Prendendo spunto dal racconto La Sentinella di Arthur C. Clarke (anche sceneggiatore del film), Kubrick dà vita al più grande saggio sull’essere umano mai realizzato, sulla sua evoluzione da scimmia ad individuo razionale in grado di rapportarsi con la tecnologia, con rimandi alla filosofia di Nietzsche e al componimento sinfonico Così Parlò Zarathustra di Richard Strauss. 2001: Odissea nello Spazio è un’esperienza psichedelica avvolgente, dove l’avanguardismo degli effetti speciali si mescola con la più pura visione di cinema possibile. I dialoghi sono ridotti all’osso. A parlare sono le immagini, le cui suggestioni percuotono ancora oggi chiunque le veda.
Esiste un cinema pre e post 2001: Odissea nello spazio. Mai prima di allora si era visto sul grande schermo un contenuto di tale spessore unito ad un’estetica così moderna. Una delle vette più alte raggiunte dalla settima arte.