In prossimità dell’uscita di Mortal Kombat 1, nuova iterazione dello storico franchise di casa NetherRealm Studios, abbiamo colto l’occasione per ripercorrere le origini di questa fortunata serie di giochi e tutta la storia produttiva fatta di successi, errori, strafottenza, problemi legali e quel pizzico di fortuna che non guasta mai, specialmente in storie come questa. Scopriamo il contorno di magia che si cela dietro la saga trentennale di Mortal Kombat.
Le origini di Mortal Kombat
Non si può parlare di Mortal Kombat senza citare Street Fighter 2. Siamo nel 1991 e ci troviamo in una delle tante sale giochi dove si susseguono il rumore delle monetine, i suoni in 8-bit dei cabinati pulsanti di luci e un odore stagnante di adolescenza di fronte a una manciata di pixel colorati.
Street Fighter sta dominando la scena. Così tanto che molti publisher capiscono che quello dei picchiaduro è un terreno fertile per tentare di piazzare il proprio prodotto e mettere i bastoni tra le ruote a Capcom. Presso gli studi Midway vengono assunti due giovani game designer, Ed Boon e John Tobias. Con qualche piccolo successo alle spalle in ambito videoludico, i due, assieme a un’altra coppia di sviluppatori, si mettono subito a lavoro per sfornare un titolo che possa ispirarsi alle grandi produzioni hollywoodiane per il tono narrativo e ai film di arti marziali per gli stilemi estetici. A questo si aggiunge l’esperienza di Ed Boon nella digitalizzazione delle foto di attori, che avrebbe poi inserito nella grafica dei giochi. Una soluzione tra il furbo e il pigro per non modellare pixel o disegnare sprite a mano.
Insomma, qualche idea basilare c’era – un team di sole quattro persone addirittura – e Midway dà il via libera ai lavori. Ma manca la pedina vincente, ovvero portare un attore di grande respiro internazionale come “sponsor” del progetto, e – perché no – magari basare questo picchiaduro proprio su di lui. Tutti hanno un sogno, e solo Ed Boon pronuncia il suo nome: Jean-Claude Van Damme.
Il sogno Van Damme
La proposta arrivò ufficialmente sulla scrivania dell’attore che non fece mancare la sua risposta con un secco e sonoro rifiuto. No, Van Damme non era interessato a far parte del mondo dei videogiochi. La risposta non piacque al team di sviluppo, che comunque continuò i lavori su quello che poi diventerà Mortal Kombat.
Pur riprendendo da Street Fighter l’essenza da puro picchiaduro, Mortal Kombat si distinse subito per alcuni aspetti estremamente affascinanti. Da una parte si avevano dei personaggi realizzati con la digitalizzazione delle foto messa in atto da Ed Boon. Non si doveva far altro che chiamare degli attori, atleti o comparse su un set, fotografarli in pose particolari e poi incollare tutto in sede di progettazione del videogioco. Questa soluzione restituiva una resa estetica dei personaggi molto più realistica.
A questo si aggiungeva un’ambientazione a tinte cupe, a cui seguiva il vasto roster di personaggi, da Liu Kang, guerriero di arti marziali liberamente ispirato a Bruce Lee, fino a Johnny Cage, un attore di Hollywood presuntuoso e sbruffone, un vero pallone gonfiato partorito come parodia di Van Damme. Insomma, dalle parti di Midway non portano alcun rancore.
Per ultimo, il vero segno distintivo della serie: la violenza efferata, senza filtri e il sangue che scorreva a fiumi.
Videogiochi violenti
Potrebbe essere riduttivo attribuire questo aspetto come vero punto di svolta e successo per Mortal Kombat, ma indubbiamente ciò per cui viene ricordato il titolo è proprio la presenza di litri di sangue che esplodono sullo schermo durante lo scontro, assieme alla meccanica delle ormai iconiche Fatality: quando il nemico esaurisce la sua barra di vita, il giocatore ha una manciata di secondi a disposizione per premere una breve sequenza di tasti e dare vita ad un’esecuzione finale. La classica ciliegina sulla torta per celebrare la vittoria in grande stile.
Mentre il successo di Mortal Kombat proliferava tra le sale giochi di tutto il globo, Midway chiede un sequel al team di sviluppo. Inizialmente restio, il team si convince e partorisce Mortal Kombat 2, un titolo nella struttura identico al precedente. Questa volta, però, c’era il tempo di limare tutti i difetti e rendere il gioco più bello, grande, colorato, pieno di combattenti e ancor più violento.
La censura non tarda a presentarsi e bussa alle porte di Midway. Prima Nintendo, che per portare il gioco nelle sue console chiese di sostituire il sangue con del sudore, poi il ritiro di tutte le copie e i cabinati di Mortal Kombat in alcuni paesi europei. Infine, il tribunale per Ed Boon e John Tobias. L’accusa è quella di istigare e corrompere le menti dei giovani videogiocatori attraverso l’eccesso di violenza gratuita. La risposta dei papà di Mortal Kombat non si fece attendere e nel pieno stile liberatorio e strafottente che li aveva caratterizzati nella vicenda Van Damme, con la creazione di Johnny Cage, costruiscono il personaggio di Noob Saibot, tacitamente usato per deridere le accuse.
Nel background del gioco Noob Saibot è un ninja facente parte di un’organizzazione chiamata Fratellanza D’Ombra e successivamente riletto come prima iterazione di Sub-Zero. Il personaggio però nasconde un riferimento alla realtà. Infatti, invertendo il nome di Noob Saibot si ottiene Boon Tobias, ovvero i cognomi dei creatori di Mortal Kombat, come a suggerire che tutti i giocatori, utilizzando quella violenza portata in tribunale, potevano picchiare e inveire sulle loro controparti digitali, senza nessun tipo di turbamento da parte di quest’ultimi.
La questione, fuori da questi scherzi e derisioni, portò alla diretta creazione dell’ESRB, sistema di valutazione usato ancora oggi dove vengono segnalati i temi principali di ogni gioco, l’età consigliata e l’eventuale presenza di sangue, violenza, droghe o affini.
Battuta d’arresto e sperimentazioni
Il successo di Mortal Kombat 2 proseguì senza sosta portando alla naturale creazione e pubblicazione di Mortal Kombat 3 nel 1995, capitolo che ottimizza alla perfezione tutte le meccaniche già presenti, risultando un gioco completo nel roster dei personaggi come nella fruizione generale del titolo. Mortal Kombat non era diventato solo un semplice rivale di Street Fighter, ma una realtà consolidata e forte, capace di proliferare in autonomia.
Purtroppo, come in tante altre storie di questo calibro, il successo incontra anche momenti di forte crisi e questa avvenne in concomitanza con l’arrivo dei poligoni in 3D e la sfida di passare a quella dimensione di sviluppo. Mortal Kombat 4, uscito nel 1997 era un gioco solido per il franchise, fedele alla formula con cui era nato, ma impossibilitato a mettersi a confronto con tanti altri picchiaduro dell’epoca, da Soul Edge al primo Tekken, tutti titoli che sfruttavano le nuove potenzialità hardware alla grande, mentre il team di Mortal Kombat, non essendo pratico della modellazione di poligoni, rimase indietro. Il titolo venne messo all’ombra di produzioni più grandi.
Da qui iniziò un periodo di forte sperimentazione per Midway, con la stessa casa di sviluppo che cominciò ad avere forti problemi economici dovuti dalla necessità di rincorrere la concorrenza e investire in risorse, vedendo un rientro delle stesse molto esiguo e sempre al limite della sopravvivenza.
Dal 2002 al 2006, a cadenza di uno ogni due anni, si sono susseguiti tre nuovi giochi: Mortal Kombat Deadly Alliance, Mortal Kombat Deception e Mortal Kombat Armageddon, con quest’ultimo che era un summa totale di tutti i personaggi mai visti nel roster di Mortal Kombat dall’inizio della serializzazione del franchise. Queste si rivelarono iterazioni molto buone, convincenti, ma anche terribilmente simili tra di loro. Al netto di contenuti aggiuntivi che aumentavano la longevità in modo marcato – cosa peculiare per un picchiaduro – i risultati di vendite non raggiunsero più obiettivi stellari. Rimanevano a galla, ma i debiti di Midway diventavano sempre più grandi e preoccupanti.
I supereroi perdono
Arrivati numericamente ad un capitolo 7 con Mortal Kombat Armageddon, Ed Boon, ora rimasto solo dopo l’uscita di Tobias, si ritrova tra le mani un accordo che Midway sigla con Warner Bros per realizzare un picchiaduro tra tutti i personaggi DC. Questo avviene mentre i lavori su Mortal Kombat 8 sono a pieno regime. Allora Ed Boon, che ha bisogno di quell’idea geniale per dare una boccata d’aria fresca al franchise, segue il processo creativo che aveva fatto uscire nello stesso periodo un crossover tra personaggi della Marvel con i combattenti di Street Fighter, chiamato appunto Marvel vs Capcom. Mortal Kombat 8 diventa Mortal Kombat vs DC Universe.
All’idea sicuramente interessante si susseguivano problemi non certo da ignorare. Infatti Mortal Kombat è un gioco che fa della violenza estrema il suo punto di forza, ma Warner Bros non voleva che i personaggi DC, come Batman, Superman e Wonder Woman, subissero menomazioni visive così plateali, visto la potenza delle loro icone. Questo ha portato a una riduzione estrema della violenza, con un gioco globalmente ben confezionato, che però era difficile etichettare come un vero e proprio Mortal Kombat.
Buone le recensioni, mediamente buone le vendite, ma ormai il destino del pianeta Midway era segnato e se neanche Superman era riuscito a salvare la baracca, allo studio non rimase che dichiarare bancarotta e chiudere definitivamente.
L’arrivo di Warner Bros
La storia chiaramente non può concludersi con una sconfitta plateale, giusto? Seguendo lo stile dei picchiaduro che prevedono la vincita di due round per portare a casa il punto, Ed Boon e il suo team incassano la sconfitta e ripartono. Dopo la chiusura è proprio Warner Bros che si inserisce nel mercato, assumendo gran parte del team ex-Midway e fondando un nuovo studio di sviluppo (mettendosi direttamente come publisher). Nascono i NetherRealm Studios e viene annunciato in pompa magna un nuovo capitolo della saga, uscito nel 2011, chiamato semplicemente Mortal Kombat.
Per rispecchiare questo senso di ripartenza totale, anche il franchise decide di ripartire narrativamente da zero. Grazie a questa iniezione di forte fiducia, assieme alla possibilità di attingere ad un budget e un team più esperto, il nuovo capitolo di Mortal Kombat è un successo mondiale, con il ritorno ad uno stile 2D (ambientato sempre in mondi tridimensionali) e una carica ludica impressionante, che esplode su schermo ad ogni colpo inferto.
Il resto è storia recente, con l’uscita nel 2015 di Mortal Kombat X e nel 2019 di Mortal Kombat 11. Nel frattempo il team, pur di variare approccio, ha ripreso la precedente licenza dei personaggi DC per creare videogiochi interamente dedicati a quell’universo con Injustice: Gods Among Us uscito nel 2013 e Injustice 2 uscito nel 2017, raccogliendo un ottimo consenso di critica e vendite.
A questo non bisogna ignorare l’influenza che il franchise ha suscitato fuori dal media di appartenenza. All’attivo Mortal Kombat ha tre film, di cui uno uscito recentemente nel 2021 con un sequel in cantiere che vedrà Karl Urban nei panni del carismatico Johnny Cage; ma sono in produzione anche diversi film e serie animate, fumetti e una brillante webseries che trovate su YouTube chiamata Mortal Kombat Legacy. A questo carico, si inserisce in modo prepotente l’iconica canzone Techno Syndrome, quasi un inno distintivo della serie capace di attirare l’attenzione ancora oggi.
Il 19 settembre 2023 è uscito Mortal Kombat 1, una sorta di sequel con la maschera da reboot, primo titolo che sfrutta tutte le caratteristiche next-gen tanto ricercate dai videogiocatori di tutto il globo, che potranno finalmente avere tra le mani un nuovo capitolo di una saga che continua a brillare nel pantheon dei migliori picchiaduro in circolazione.
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