Questa storia inizia come una barzelletta, ma in realtà la faccenda è seria. Perché nasconde una rivoluzione molto significativa. Sentite qui. Cosa hanno in comune un idraulico, una bambola e l’inventore della bomba atomica? Hanno fatto una piccola impresa che non si vedeva da oltre 20 anni.
A cosa ci riferiamo? Agli incassi stratosferici di Barbie, Super Mario Bros. – Il film e Oppenheimer, ovvero i tre film più visti del 2023 a livello globale. Barbie ha dominato il box office, arrivando a quasi 1,4 miliardi di dollari raccolti. Un risultato eccezionale, che rende il film di Greta Gerwig il prodotto Warner più visto di sempre, avendo superato anche fenomeni come Harry Potter e i doni della morte parte 2 e Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno.
Qualche migliaio di dollari dietro medaglia d’argento per Super Mario Bros. – Il film, che si porta a casa 1,3 miliardi di dollari con un film animato capace di abbracciare tutti: i nostalgici nintendari di vecchia data e i bambini di oggi. Terzo posto per Oppenheimer, arrivato (nel momento in cui scriviamo) a 894 milioni di dollari, diventando il terzo film di maggior incasso nella filmografia di Nolan, dopo gli ultimi due film della trilogia di Batman.
Ma qual è questa grandiosa impresa? Cosa hanno in comune queste tre opere? Nessuno di questi tre film è un sequel. Ed era da 22 anni che tra i tre film più visti dell’anno non c’era nemmeno un sequel. L’ultima volta era successo nel 2001, quando i tre film con più incassi in tutto il mondo furono Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello, Harry Potter e la pietra filosofale e Monsters & Co..
Cosa è successo nel frattempo? E cosa ci suggeriscono i tre exploit di Barbie, Super Mario e Opppenheimer? Cerchiamo di capirlo insieme.
Stanchezza generale
La prima cosa che salta agli occhi è l’assenza di sequel in un anno in cui di sequel ne sono usciti parecchi. Fatta eccezione per Guardiani della Galassia – Vol. 3 e Spider-Man: Across the Spider-Verse, molti sequel hanno avuto risultati buoni ma non clamorosi (pensiamo a John Wick 4 e Creed 3), altri modesti, altri ancora disastrosi.
Il flop più clamoroso è stato quello di Indiana Jones e il quadrante del destino che con i suoi “miseri” 380 milioni di incasso non ha recuperato i costi di produzione e marketing, creando un buco di quasi 100 milioni in casa Disney. Hanno deluso anche le imprese di Toretto e familia in Fast X con un decimo capitolo che ha incassato molto meno del settimo, ottavo e nono episodio della saga. Discorso simile per Ethan Hunt, visto che Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno è stato eclissato dall’uscita di Barbie e Oppenheimer 10 giorni dopo il suo arrivo nelle sale americane, raccogliendo incassi sotto le aspettative.
La domanda è: siamo stanchi dei franchise? Sicuramente in parte sì. Soprattutto davanti a saghe che si trascinano da più di 20 anni risultando ormai ripetitive e senza idee. Forse anche la pandemia ha fatto il suo, visto che essendo costretti in casa per tanto tempo, ancora più gente si è avvicinata alle serie tv. E magari, dopo anni di scorpacciate di episodi connessi tra loro, al cinema non vuole qualcosa di seriale ma godersi un evento più estemporaneo e unico.
Altro segnale di allarme: la crisi degli universi condivisi. Anche qui il discorso è simile: in un tempo in cui siamo invasi di cose da vedere, l’idea di dover vedere tutto per rimanere sul treno degli universi condivisi è diventata sconfortante e pesante per il pubblico.
Ce lo confermano la crisi del Marvel Cinematic Universe, di cui vi abbiamo parlato tante volte. Una crisi che non nasce solo dalla zoppicante gestione del post-Endgame ma anche dal rilascio di una marea di serie tv che hanno tolto al MCU il gusto dell’evento da aspettare. Serie tv (tra l’altro) di dubbia qualità e con una tenuta pessima alla distanza.
Stessa cosa vale per Star Wars: la saga sequel ha fallito la sua missione e tante persone ormai non seguono più con la stessa passione di sempre i prodotti che stanno portando avanti il brand. Insomma, si avverte proprio una fatica nel dover inseguire i franchise e gli universi condivisi. E quindi ecco che i film autoconclusivi e a sé stanti acquistano fascino agli occhi delle persone.
La forza dei brand
I meno giovani, forse, lo ricorderanno. C’è stato un tempo in cui a Hollywood si parlava di star power. Ci riferiamo a quel trentennio magico, che va dagli anni Ottanta ai primi Duemila, in cui il successo dei film si basava soprattutto sulla presenza dei divi che portavano la gente in sala. Un’epoca in cui avere nel cast gente come Tom Cruise, Julia Roberts, Brad Pitt o Richard Gere era quasi garanzia di successo.
Ecco, tutto questo oggi non c’è più. E infatti non basta più chiamare una star come Michael Keaton e puntare sulla nostalgia del suo Batman iconico per salvare dal flop un film come The Flash. Non basta Dwayne Johnson per salvare Black Adam.
No, le cose sono cambiate e i successi clamorosi di film come Barbie e Super Mario ci ricordano che oggi non comandano le star, comandando i brand e le proprietà intellettuali. Perché? Forse è tutto merito della transmedialità dei brand. Ormai ogni proprietà intellettuale non è più solo un videogioco, solo un film o solo una serie tv. Tutto passa da più media e più linguaggi.
Il fatto è che noi siamo diventati transmediali proprio come i brand che ci piacciono. Perché tanti di noi non sono solo lettori di fumetti, videogiocatori o cinefili, ma tutte queste cose messe assieme. E allora i successi di Barbie e Super Mario, che alle spalle hanno premesse narrative davvero deboli se non nulle, puntano tutto sulla forza dei loro brand. Due brand storici, di stampo ludico, con un grande fascino nostalgico e soprattutto super popolare, visto che sono stati due film capaci di parlare a un pubblico vastissimo.
Nel caso di Oppenheimer il discorso è un po’ diverso ma non troppo, perché lì il brand non è certo il papà della bomba atomica ma il regista stesso. Nolan ormai è un marchio di fabbrica, è l’etichetta di garanzia ben visibile su tutti i suoi film. Perché è un regista amatissimo che tanti vanno a guardare a prescindere. Perché ogni film di Nolan è un evento a cui si partecipa sulla fiducia.
Eccola, quindi, la rivoluzione. Quella di una Hollywood stanca dei franchise che si trascinano, innamorata dei brand camaleontici, capaci di entrare nelle nostre vite da tante porte.
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