È finalmente uscito anche in Italia Oppenheimer, il nuovo film di Christopher Nolan distribuito da Universal che racconta la vita e i traumi di J Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Ad accompagnarlo con le sue composizioni, e per la seconda volta al fianco del regista britannico, troviamo Ludwig Goransson.
Un sodalizio molto recente quello tra il regista e il compositore, nato all’epoca di Tenet quando Hans Zimmer, storico compagno di Nolan nella realizzazione delle sue opere, aveva dato forfait a causa dell’impegno in contemporanea sulle musiche di Dune di Denis Villeneuve.
Per Oppenheimer (di cui trovate qui la nostra recensione) Nolan si è affidato nuovamente al talento dello svedese. Il perché potrebbe essere facilmente intuibile. Christopher Nolan è un regista che ama circondarsi dei migliori talenti possibili per realizzare i suoi film e Oppenheimer non è stato da meno.
Dai Metallica a Black Panther e The Mandalorian
Nato in Svezia e avvicinatosi alla musica dall’età di 6 anni quando il padre gli comprò una chitarra con cui, pochi anni dopo imparò a suonare tutti gli assoli dei Metallica. Goransson è uno dei compositori sulla cresta dell’onda a Hollywood, grazie a una carriera che lo ha visto impegnato praticamente su tutti i fronti possibili: dalle serie tv ai film indipendenti per poi arrivare ai grandi blockbuster.
Un percorso nato grazie alla collaborazione con Ryan Coogler, compagno di stanza al college a USC che lo chiamò con sé per il suo Fruitvale Station (miglior film per la giuria e per il pubblico al Sundance 2013), e poi anche per Creed e per i due capitoli di Black Panther, che sono valsi a Goransson un Oscar e una nomination (per Black Panther: Wakanda Forever). Del suo lavoro per i film di casa Marvel e delle musiche di Black Panther ne avevamo parlato in un articolo dedicato, ma come raccontato anche in un documentario su Disney+, la cura per i dettagli e la volontà di creare una colonna sonora che comprendesse vere e proprie canzoni realizzate ad hoc per il secondo film della saga, lo ha portato a trascorrere diversi mesi tra Nigeria e Messico, per conoscere le sonorità della musica africana e mesoamericana ed entrare in contatto con i migliori artisti locali. Si è superato inoltre con l’ottimo lavoro fatto per The Mandalorian, dove ha creato per Din Djarin il tema perfetto per un cowboy spaziale: una colonna sonora che è diventata l’espressione sonora di Mando, riuscendo a fare l’impensabile, partorire una melodia riconoscibile all’interno dell’universo di Star Wars, che però non riporti il nome di John Williams tra gli autori.
Con Tenet nel 2020, il lavoro è stato più complesso per via della peculiarità del film. Con lui Nolan voleva essere sicuro di avere sì la sperimentazione ma anche un comparto sonoro che restituisse al meglio l’idea della manipolazione temporale che voleva dare lui con la storia.
Test passato grazie all’idea di costruire delle tracce ascoltabili anche a senso inverso. Arriviamo dunque a Oppenheimer.
Creare le musiche di Oppenheimer
Un lavoro complesso, accettato da Goransson dopo aver letto il primissimo script passatogli dal regista e che lo ha impegnato per tutto il 2023. Un anno fatto di riflessioni, prime scritture e continue modifiche, ma che si è poi concluso con la registrazione effettiva della colonna sonora in soli cinque giorni.
Dopo la fiducia conquistata con Tenet, Goransson avrebbe avuto carta bianca a patto di riuscire a utilizzare i violini per la realizzazione del main theme.
Non poteva arrivare una miglior richiesta per lui che da tempo è sposato proprio con una violinista e questo è stato il pretesto perfetto per lavorare insieme a lei. L’uso degli archi è stato fondamentale e si lega all’obiettivo che il compositore si è dato, finita la lettura dello script: trovare il modo di restituire col suono, tutto il vasto spettro di sentimenti, emozioni, paure e pensieri che questo personaggio prova. E soprattutto trovare il modo di farlo senza che la tonalità della melodia risulti come un giudizio delle decisioni prese o condizioni il pubblico in questo senso.
E questo ha aperto un tema. Nel cinema il violino è spesso associato all’horror, alla tensione. Stavolta l’obiettivo era ricreare qualcosa che fosse romantico e delicato, come dichiarato dal compositore in numerose interviste, ma che riuscisse comunque a raccontare le nevrosi e fosse in grado di affrontare il passaggio da situazioni di calma ad altre di tensione. La musica diventa un’esternalizzazione delle passioni e poi delle ansie che Oppenheimer non esprime a voce. E così il violino singolo diviene nel corso del film un quartetto e poi un ottetto a seconda del mood.
Lo svedese durante un’intervista a Rolling Stone ha affermato che la colonna sonora segue essenzialmente tre movimenti per riflettere le diverse fasi del film: l’amore di Oppenheimer per la fisica, la costruzione della bomba atomica e i test Trinity a Los Alamos; il racconto dell’audizione della United States Atomic Energy Commission, intrecciata in diverse linee temporali; e infine la storia d’amore di Oppenheimer con Kitty (Emily Blunt) e il flirt con Jean Tatlock (Florence Pugh).
Senti la musica degli atomi?
C’è un passaggio simbolico nei primi istanti del film. Oppenheimer studente incontra per la prima volta Niels Bohr, l’uomo che ha scoperto la struttura dell’atomo (interpretato da Kenneth Branagh), che gli fa una domanda molto diretta: “Puoi sentire la musica degli atomi?“. Il tema, che sentiamo in quel momento e che racconta la passione di Oppie per la fisica e lo studio degli atomi, diventa simbolico ed evolve nel corso del film passando dal trasmettere un senso di leggerezza e spensieratezza al raccontare una sorta di inquietudine e di terrore per quello che Oppenheimer vede nel futuro dell’uomo. La musica diventa il simbolo delle sue paure, di ciò che teme.
L’amore per la fisica viene trasmessa fin dalle prime battute attraverso le visioni dei movimenti interni degli atomi. L’idea che regista e compositore provano a trasmettere è quella di una costante sensazione di accelerazione che però è solamente illusoria. La musica sembra andare di pari passo con le immagini e invece resta costante o varia completamente, mentre il montaggio invece si fa serrato. Questo passaggio, che si ripete poi in misura più breve altre volte nel corso della pellicola, diventa il marchio della battaglia interiore del protagonista, che da ideologica diventa politica.
Questo utilizzo degli archi e l’ottima riuscita dei cambi di ritmo tutti all’interno dello stesso brano, derivano da un’idea della moglie di Goransson, che ha suggerito di registrare tutti i violinisti insieme nonostante i tempi diversi dei loro pezzi, uno dietro l’altro. Una volta date loro delle cuffie per sentire il segnale che indicasse loro quando iniziare, i musicisti hanno avuto il via libera e così la sinfonia ha preso vita in un’unica sessione di registrazione live. Tempi diversi, suoni diversi, tutti uniti a comporre l’unica traccia che rappresenti le sfumature emotive di Robert J Oppenheimer.
La componente elettronica e i silenzi
Oltre ai violini, nuova veste e nuovo scopo vengono dati alla componente elettronica come supporto del lavoro. I sintetizzatori fanno capolino solo nel secondo atto, quando iniziamo a vedere concretamente la costruzione della bomba e si dà inizio ai primi test.
“Prima di quello, sono solo teorie, solo scarabocchi, solo idee. Ma poi, quando c’è una bomba fisica, si fa un grande cambiamento tonale e si canala tutto con quei sintetizzatori, con l’imminente catastrofe. Hai quel basso pulsante e poi c’è questo suono metallico di ticchettio, e questa melodia continua fino all’esplosione della bomba”.
E poi il silenzio, l’assenza di tutto. Un basso pulsante e un ticchettio metallico, simile a un orologio, definiscono il secondo movimento musicale, mentre inizia la corsa per costruire la bomba atomica.
Quando Oppenheimer e compagni lanciano il famoso test Trinity dell’arma nucleare, il film si muta. “Una volta che preme il pulsante, non c’è più via di ritorno“, dice Göransson.
È il momento più atteso di tutto il secondo atto e dura un istante, quanto basta per essere d’impatto. È la scena del test effettivo della prima atomica a Los Alamos, quando l’immagine si fa bianca e tutti aspettano il tonfo. Anche il pubblico in sala, che invece resta in attesa e crede di poter sobbalzare sulla sedia da un momento all’altro. Un’assenza di rumore e suono, riempita da uno schermo bianco che ricorda, in minima parte quello che Rian Johnson ha fatto su Star Wars: Gli ultimi Jedi, con il sacrificio di Laura Dern per salvare i ribelli dall’attacco dell’incrociatore del Primo Ordine.
Il rumore della distruzione
Oppenheimer dura esattamente tre ore ed è coperto per due ore e mezza dalle musiche di Goransson. Eppure il suono diventato più iconico dai trailer, non è stato realizzato con degli strumenti musicali. Non è una melodia e non contiene percussioni, elementi completamente assenti da tutta la colonna sonora del film e di cui Goransson si è reso conto solamente a lavoro concluso, mentre guardava il film finito: “Ci sono alcuni elementi [percussivi] come i passi pesanti o l’esplosione, ma è così catartico perché non ci sono quei suoni fragorosi“.
Goransson e Nolan hanno utilizzato il rumore dei passi per creare una sorta di marcia della morte che accompagna Oppenheimer dall’inizio al termine della storia. E che è diventato il suono dell’esplosione atomica in tutti i trailer di lancio del film.
Infine, per il terzo atto del film, incentrato sulle conseguenze della bomba e sull’audizione di Oppenheimer, Nolan ha chiesto a Göransson di creare un “pezzo musicale di 20 minuti con molta azione e molte sfumature“. E poi successivamente a inizio montaggio, ha chiesto di creare un altro pezzo di 15 minuti che sfumasse e rielaborasse quanto fatto fino a quel momento e creasse una musica da battaglia che però servisse per le scene in tribunale. Da qui un’ulteriore evoluzione del tema degli archi che descrive le ultime battute dell’inchiesta ai danni del protagonista. Prima di lasciarci al commiato finale, quando la sala vede Einstein andarsene fuori campo e può restare da sola per un istante con Oppenheimer, a vedere nella sua mente quello che sarà il mondo, ora che lui lo ha cambiato per sempre.