Il 23 luglio al San Diego Comic-Con, Kevin Feige presentava il primo trailer di Black Panther: Wakanda Forever. L’attesa era ed è tanta per un film che dovrà convivere con le pressioni generate dal successo di un primo capitolo che in America, nel 2018, era andato oltre ogni aspettativa e con la grande responsabilità di dover dire addio al suo protagonista e ripartire. Le primissime immagini del film sono state un crescendo di emozioni nel segno della solennità e della guerra. Ma soprattutto nel segno della memoria. Wakanda Forever sarà infatti, tra le altre cose, soprattutto la celebrazione di T’Challa e un tributo alla performance e all’impegno di Chadwick Boseman nell’interpretazione di un personaggio entrato nell’immaginario collettivo di una grossa fetta di America. Una comunità anche di giovanissimi che aveva bisogno di un nuovo simbolo in cui identificarsi.
Oltre alle immagini, però, nei due trailer usciti è la musica il vero narratore. Se il primo aveva stupito per la sua fusione di stili, il final trailer uscito in questi giorni è stato caratterizzato invece dalla scelta del brano di un’artista africana: Sampa the Great. Le prime immagini, quelle suggestive del Comic-Con hanno visto invece Bob Marley e la sua No woman no cry diluirsi in una base che richiama le sonorità africane già sentite nella colonna sonora del primo film e accelerando, per diventare l’inno alla vita di Kendrick Lamar nonché una delle sue hit più famose: Alright.
E la scelta di questo brano potrebbe essere la chiave per capire la direzione che prenderà la storia. Perché Kendrick Lamar è diventato, insieme ad altri artisti come Childish Gambino, la voce per eccellenza della comunità afroamericana di questi anni. Un artista che come Tupac ai suoi tempi, è stato capace di trasporre in musica le ingiustizie vissute da un popolo e i paradossi di un Paese. E perché Alright è diventata la risposta dei manifestanti di fronte alle ingiustizie, cantata a gran voce da tutti coloro che volevano farsi sentire contro gli oppressori, dalle prime proteste del 2015 del Movement for Black Lives a quelle del 2020 del Black Lives Matters.
Wakanda Forever: le immagini e la musica del primo trailer
Il primo trailer inizia in modo solenne e celebrativo: si onora la vita che nasce e quella di chi non è più tra noi. In sottofondo Bob Marley e la sua No Woman No Cry. Da qui inizia una escalation: le immagini e la musica si fanno sempre più veloci e la guerra torna in Wakanda, un paese senza più il suo re.
I colori sono caldi e le immagini del funerale e dei pianti si alternano con una meravigliosa scena di parto in acqua, probabilmente atlantideo: il cerchio della vita che prosegue. Le distese oceaniche si fanno subito vive in Wakanda come non le avevamo ancora mai viste. “In this great future, you can’t forget your past, so dry your tears“: No Woman No Cry entra nel vivo ma con la base che si richiama alle melodie africane che il compositore Ludwig Goransson aveva realizzato per il primo film.
“Everything’s gonna be alright” andiamo sott’acqua e vediamo gli Atlantidei (o in questa nuova accezione Talocani) e poi una portaerei e delle operazioni militari, la musica accelera fino a fondersi in Alright.
Ed è qui che si gioca tutto. La scena ritorna in Wakanda con Shuri. Che dovrà superare il lutto e farsi suo il carico di una famiglia, di un popolo e di un paese che stava iniziando ad aprirsi al mondo e dovrà fare di tutto per non essere saccheggiato e profanato ora che è in un momento di debolezza. E poi la conclusione con gli artigli della nuova Pantera.
We gonna be alright
Wouldn’t you know
We been hurt, been down before
Nigga, when our pride was low
Lookin’ at the world like, “Where do we go?”
Nigga, and we hate po-po
Wanna kill us dead in the street fo sho’
Nigga, I’m at the preacher’s door
My knees gettin’ weak, and my gun might blow
But we gon’ be alright
Queste le parole che anticipano il ritornello del brano. Molto forti e taglienti nel raccontare la cronaca ben nota delle vicende in America contro gli afroamericani da parte delle forze dell’ordine. Alright nasce durante un viaggio di Kendrick Lamar a Robben Island, in Sud Africa, dove vi è la prigione in cui è stato rinchiuso Nelson Mandela nel periodo dell’Apartheid tra il 1964 e il 1982. In quelle circostanze l’artista ha sentito una connessione tra la vita di Madiba e la storia della schiavitù in America e dell’oppressione che gli afroamericani subiscono e hanno subito. Da qui Alright diventa un ponte: un racconto della violenza del passato e degli episodi del presente di razzismo da parte delle forze dell’ordine. Ma oltre a fare questo Lamar prova ad andare oltre lanciando un messaggio di speranza: nonostante tutto, alla fine andrà bene.
Alright fa parte di un album particolare di Kendrick Lamar: To pimp a butterfly. Come dichiarato dal rapper in una intervista con MTV, in origine il disco si sarebbe dovuto chiamare “To Pimp A Caterpillar”, un gioco di parole con le iniziali del nome di Tupac Shakur (Tu.P.A.C.).
Il cambio voluto da Kendrick Lamar, ovvero il definitivo To Pimp A Butterfly, definisce l’indirizzo dell’intero album, dando un segnale di speranza e giocando quindi su un dualismo tra rabbia e impotenza e visione ottimistica: Hate & Hope.
Se “To pimp” rappresenta, usando le parole di Lamar, un elemento di aggressività e quindi un richiamo all’odio e al razzismo di cui i neri sono vittima in America, oppure una critica verso il modo in cui le etichette sfruttano gli artisti, dall’altra il bruco (Caterpillar) diventa una farfalla (Butterfly) che simboleggia la speranza e l’orgoglio di una cultura e l’affermazione di un uomo che, proprio come il percorso compiuto dal bruco, passa attraverso il dolore e la sofferenza per uscirne come la farfalla.
Alright di Kendrick Lamar nel contesto del suo disco e oltre, per ciò che è diventato oggi rappresenta un simbolo di oppressione e affermazione, di lotta e speranza.
Il lato pimp, aggressivo, trova la sua raffigurazione più esplicita in una strofa in particolare: “And we hate po-po, Wanna kill us dead in the street fo sho’”. Con queste parole, Kendrick non lascia alcuno spazio alle metafore. È cronaca e il messaggio è quantomai chiaro: noi odiamo la polizia perché di sicuro vuole ammazzarci per strada.
Altro riferimento chiaro alla storia della schiavitù della comunità afroamericana è nella strofa:
What you want you, a house? You, a car?
40 acres and a mule? A piano, a guitar?
Anything, see my name is Lucy, I’m your dog
Motherfucker, you can live at the mall
I can see the evil, I can tell it I know when it’s illegal
I don’t think about it, I deposit every other zero
Quel “cosa vuoi? Una casa? Una macchina? 40 acri di terreno e un mulo?” Si rifanno a un modo di dire che richiama la guerra civile americana, durante la quale il generale Sherman emanò l’ordine di assegnare 40 acri di terra e un mulo ad alcune famiglie di schiavi liberati. Un modo di dire che ha utilizzato anche Spike Lee chiamando la sua casa di produzione “40 acres and a mule filmworks”.
Anche la scelta della location del video non è per nulla casuale: ci troviamo infatti a Oakland, in California, città dove nel 1966 fu fondato il Black Panther Party e dove inizia il primo Black Panther con l’arresto del padre di Killmonger.
Un inno di speranza
È il 2015 quando per la prima volta Alright viene cantata durante le manifestazioni di protesta contro l’allora candidato repubblicano Donald Trump, del Movement for Black Lives a Cleveland.
Il 25 maggio 2020 il mondo si era appena risvegliato dal primo lockdown dell’era pandemica. Per la prima volta il pianeta si è dovuto fermare di fronte a una condizione nuova per molti: la reclusione, la quarantena per salvarci dalla prima ondata di Covid. Quel giorno in un’America ancora sotto la presidenza di Donald Trump, George Floyd moriva, asfissiato dagli agenti di polizia che lo avevano fermato per un controllo. Quell’atto, filmato da cellulare, ha scatenato le proteste di tutta la comunità afroamericana e ha dato inizio al movimento del Black Lives Matters, che da quel momento in poi ha fatto sentire sempre più la propria voce contro una situazione sempre più fuori controllo.
E Alright ancora una volta è stata la canzone delle marce. Il mondo intero poi si è unito a queste voci: l’NBA per esempio, che aveva ripreso la sua stagione a fine luglio nella bolla di Orlando, vede i Milwaukee Bucks di Giannis Antetokounmpo, il 26 agosto 2020, rifiutarsi di scendere in campo contro gli Orlando Magic come segno di protesta verso l’omicidio di un altro afroamericano per mano di un agente di polizia, Jacob Blake. Al 2 giugno 2020, in concomitanza con la nuova ondata di proteste, il brano di Kendrick Lamar fa registrare +787% di ascolti in streaming.
The music and sound system give the march a celebratory vibe. And now Kendrick Lamar’s “Alright” starts blaring. pic.twitter.com/aPx3BJhukO
— Esteban L. Hernandez (@EstebanHRZ) June 7, 2020
Il final trailer: Never Forget
La musica è narratore anche nel final trailer. Qui la guerra e le rivelazioni sono i catalizzatori dell’attenzione. La regina Ramonda (Angela Bassett) sembra voler attaccare gli Atlantidei, che ormai abbiamo capito richiamarsi chiaramente ai Maya e alle civiltà mesoamericane. Namor questa volta fa ben più che una fugace apparizione e il suo trono subacqueo ruba la scena. M’baku lo definisce K’kul’Kan, che nella tradizione Maya è il Dio serpente piumato a cui è stata dedicata anche una delle piramidi del sito archeologico Maya nello Yucatan.
“Solamente chi ha sofferto può essere un grande leader” viene detto dal re di Atlantide/Talocan, dopo le immagini della cerimonia funebre per T’Challa. Delle sofferenze wakandiane già sappiamo; probabilmente il film verterà anche sul racconto delle perdite di Namor.
Le immagini sono accompagnate da una versione rallentata di Never Forget, il pezzo di una giovane rapper africana: Sampa The Great. Zambiana e orgogliosa di esserlo, con un periodo di studio/lavoro trascorso in Australia, la cantante nelle interviste rivendica sempre fieramente le sue origini africane e porta le sonorità del suo paese nella sua musica.
Il brano è un rap che usa come base le sonorità di uno stile tradizionale zambiano: la Kalindula, una fusione tra rock psichedelico e musica tradizionale dello Zambia, genere descritto dalla cantante come “un’ode alla Zamrock music degli anni ‘70” durante un’intervista a Vulture e a Rolling Stone.
Il video di Never Forget racconta molto bene ciò che rappresenta la canzone stessa: un omaggio allo Zambia e un tributo al passato e al presente della nazione.
Never forget è un titolo che per il resto parla da solo, un invito quasi a voler continuare quanto fatto nel primo trailer: l’opera di celebrazione di Chadwick Boseman e soprattutto un richiamo ai doveri di Shuri e del Wakanda, che dovrà proseguire su quella strada di apertura al mondo con cui Re T’Challa aveva concluso il primo film.
Black Panther: Wakanda Forever uscirà il 9 novembre (11/9 in America) e ha potenzialmente tutto per essere un film in grado di lasciare il segno oltre la portata del genere del cinecomic. Vedremo se proverà a raccontare una o più di queste tematiche, e come. E se proseguirà la leggenda di T’Challa, consacrandolo come eroe di una moderna mitologia.
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