I cavalli rientrano senza dubbio tra gli animali più affascinanti per gli esseri umani, fin dalla notte dei tempi. Simbolo di prestigio per la nobiltà britannica, di libertà e ribellione nei racconti d’avventura, di furore bellico sul campo di battaglia, ispirano inevitabilmente rispetto e ammirazione per il loro contegno e la loro maestosità. Neanche il cinema ha saputo resistere al loro potere seduttivo, rendendoli protagonisti di storie dove trionfano i sentimenti e i cuori in gola, senza che allo spettatore venga mai risparmiata la lacrima di commozione.
Se quindi siete pronti ad immergervi in questo turbinio di emozioni, seguiteci alla scoperta dei 15 migliori film sui cavalli, di ieri e di oggi, da recuperare assolutamente.
1. Spirit- Cavallo selvaggio (2002)
L’elenco non poteva che iniziare con uno dei film d’animazione più memorabili della Dreamworks: la vicenda è quella di uno stallone mustang, a capo del proprio branco nelle verdi praterie americane. Tradito dalla propria curiosità, il protagonista finisce per essere catturato da un gruppo di soldati che lo sottopone a diverse torture nel tentativo di domarlo. Sarà l’alleanza con altro prigioniero, un pellerossa nativo come lui delle terre selvagge, a permettergli di riacquistare la libertà, coinvolgendolo allo stesso tempo in un rapporto che lo porterà a scoprire nuovi affetti e necessari compromessi.
A rendere intenso e coinvolgente questo racconto non sono solo l’intesa, l’ironia e l’affinità tra il pellerossa e lo stallone, ma anche la straordinaria espressività dei cavalli, che senza mai proferir parola diventano estremamente eloquenti nelle mani degli animatori. La colonna musicale, Bryan Adams in versione originale e Zucchero per quella italiana, accompagna il viaggio dei due compagni rientrando di diritto tra le più potenti e coinvolgenti che siano state scritte per i film d’animazione.
Per chi dovesse innamorarsi di questo carismatico protagonista segnaliamo anche il sequel, prodotto nuovamente da Dreamworks e disponibile gratuitamente per gli abbonati sui Prime Video.
2. War Horse (2011)
Candidato a sei premi Oscar, questo kolossal di Spielberg prende le mosse da una storia realmente accaduta. In un’Inghilterra nel mezzo del primo conflitto mondiale, lo stallone Joey e il giovane Albert (Jeremy Irvine) sviluppano un particolare rapporto di lealtà e fiducia reciproca, fino a quando i due saranno costretti a separarsi a causa delle gravi condizioni finanziarie dei genitori di Albert, che decidono di vendere il cavallo. Acquistato dalla cavalleria dell’esercito britannico, Joey inizia così la sua odissea negli orrori e nelle glorie della guerra, in una giostra di imprese eroiche e momenti di seria difficoltà. Verso la fine della guerra anche Albert si ritrova come soldato in trincea, riuscendo dopo varie avventure a ricongiungersi al suo compagno di un tempo.
Chi avesse apprezzato la brutalità icastica di EO (Skolimowski, 2022) potrebbe trovare War Horse eccessivamente edulcorato o semplicistico, soprattutto nel modo retorico e stucchevolmente eroico di affrontare la tematica bellica. Parliamo pur sempre di Spielberg, reso famoso non dal proprio disincanto ma, al contrario, dalla capacità di orchestrare movimenti di macchina e narrazioni capaci di risvegliare il fanciullino assopito dentro ognuno di noi. In questo caso risulta vincente la scelta di rendere protagonista un cavallo e il suo rapporto con gli uomini, in un gioco di specchi per cui umanità e bestialità sfumano l’una nell’altra sotto i proiettili di un conflitto decisamente ferino.
3. L’uomo che sussurrava ai cavalli (1998)
Riadattamento dell’omonimo romanzo di Nicholas Evans, il film ha ricevuto una nomination agli Oscar e due ai Golden Globe. Torniamo negli Stati Uniti, dove l’adolescente Grace (una Scarlett Johansson agli esordi della carriera) rimane coinvolta in un grave incidente con il proprio cavallo, Pilgrim. A seguito del trauma l’animale comincia a sviluppare atteggiamenti aggressivi e Grace ne soffre a tal punto che che sua madre (Kristin Scott Thomas) decide di partire per il Montana e raggiungere “l’uomo che sussurra ai cavalli” (Robert Redford), conosciuto per le sue capacità. L’avventura in Montana sarà effettivamente terapeutica non solo per l’animo del cavallo, ma anche per Annie, sua figlia e il loro rapporto.
Le ambientazioni si intrecciano fluidamente con la parabola dei protagonisti, tratteggiando due contesti in antitesi: la stressante e caotica New York, emblema dell’alienazione spesso generata da fretta e impegni rigidamente incastrati, e le ampie praterie del Montana, ancora una volta simbolo di libertà e armonia, come già Redford le aveva presentate in In mezzo scorre il fiume (1992). In effetti, il tema dell’incontro con l’Altro come motivo di crescita personale, oltre che negli ambienti, si ritrova nel rapporto tra esseri umani e animali. La regia, accompagnata da un’intima colonna musicale, indaga infatti le dinamiche tra i vari protagonisti in maniera delicata e sensibile, evitando spettacolarizzazioni, quasi a sottolineare la cura e la complessità da riporre nella comprensione di sé e degli altri.
4. The Rider (2017)
Chloé Zhao dirige questa pellicola dove a recitare sono le stesse persone che hanno vissuto sulla propria pelle gli eventi descritti. Sul confine quindi tra documentazione e fiction si snoda la vicenda di Brady (Brady Jandreau), un giovanissimo cowboy con il sogno di raggiungere le vette della fama al rodeo, sogno al quale dovrà rinunciare per una caduta da cavallo che rischierà di essergli fatale e gli lascerà significativi danni cerebrali. Il film approfondisce la vita di Brady dopo l’incidente, il suo rapporto con una sorellina affetta da Asperger e un padre in gravi situazioni economiche, ma soprattutto la sua difficoltà di accettare i propri limiti e trovare nuove ragioni di vita.
Zhao penetra nell’intimità del protagonista con frequenti primi piani e close up, che senza ostentazioni o patetismo ci permettono di percepire le sue difficoltà e la sua sofferenza quasi a livello epidermico. Una regia calibrata e rispettosa che si accompagna ad una fotografia capace di passare magistralmente dai freddi colori a neon alle calde tinte pastello, sottolineando il conflitto che si agita in Brady tra sogno e realtà, ambizione e accettazione della propria condizione.
Trovate questa pellicola premiata in diversi festival internazionali su MUBI.
5. Febbre da cavallo (1976)
Su Netflix questa frizzante commedia italiana degli anni ‘70 che tratteggia in modo sarcastico il mondo delle scommesse all’ippodromo. Questa volta i protagonisti non sono i cavalli, visti piuttosto come mezzi per fare soldi – o perderne – facilmente, ma tre amici interpretati dai giovanissimi Gigi Proietti, Enrico Montesano e Francesco de Rosa. Condividendo la febbre per il gioco e le scommesse, ma mancando della necessaria esperienza per vincere, il trio finisce per indebitarsi gravemente. Per uscire dalla scomoda situazione l’unica soluzione sembra quella di truccare una corsa, con esiti prevedibilmente tanto disastrosi quanto comici per lo spettatore. Il tutto ambientato in una periferia romana che contribuisce a caratterizzare i personaggi in modo macchiettistico e goliardico, secondo la tradizione.
Se si escludono alcune battute infelici – o meglio invecchiate male e poco adatte alla sensibilità moderna – la pellicola rimane godibile per tutti gli affezionati di quell’ironia un po’ grezza delle ultime commedie all’italiana, ed è oggi stata rivalutata come un vero e proprio cult della cinematografia nostrana.
6. Secretariat – Un anno da ricordare (2010)
A proposito di cavalli e Inghilterra, ecco la storia vera di Secretariat, celebre purosangue inglese più volte campione negli anni ‘70. Il film si concentra sulle prime fasi della sua scalata al successo, e ancora una volta ad essere protagonista è lo speciale rapporto che si instaura tra l’animale e la sua padrona Penny (Diane Lane). Convinta infatti delle capacità straordinarie di Secretariat fin dalla sua nascita, Penny deciderà di rivolgersi a un rinomato addestratore (John Malkovich) e a un energico fantino per permettere al cavallo di raggiungere le stelle.
Fiducia, dunque, coraggio, tenacia, sacrificio e disciplina si intrecciano in una vicenda meravigliosamente interpretata da un cast capace di compensare i rari momenti in cui la messa in scena rischia di scivolare nella retorica. Una pellicola complessivamente appassionante, dal ritmo sostenuto, incalzante e dai colori brillanti, perfetta per chi fosse in cerca di un incoraggiamento a rialzarsi e non mollare. La trovate su Disney+.
7. Seabiscuit (2003)
Forse uno tra i film più noti sul mondo delle corse a cavallo, questo film scritto e diretto da Gary Ross ha ottenuto 7 nomination agli Oscar del 2004. Come Secretariat, anche questa pellicola è tratta da una storia vera, quella appunto di Seabiscuit, stallone che vinse le più prestigiose gare ippiche nell’America degli anni ‘30. Il cavallo diventa motivo di riscatto per i tre protagonisti umani del racconto: Red Pollard (Tobey Maguire), Tom Smith (Chris Cooper) e Charles Howard (Jeff Bridges), tutti in ginocchio dopo la Grande Depressione ma uniti da una forte passione per i cavalli. Sebbene figlio di un grande campione, Seabiscuit è storpio e poco promettente, ma questo non dissuade i tre compagni, che costituendo un efficace sodalizio riusciranno a portare lo stallone alla ribalta.
I toni della sceneggiatura, la colonna sonora e la messa in scena sono decisamente enfatici e di nuovo si rischia di scadere nell’eccessiva semplificazione a vantaggio dello slancio emotivo. Tuttavia, la pellicola risulta nel complesso godibile e ben realizzata, riuscendo senza dubbio a coinvolgere lo spettatore in una vicenda appassionante dalle tinte allegre. Decisamente adatto per le famiglie o per un sabato sera senza troppe pretese, Seabiscuit non si allontana troppo dai fatti realmente accaduti, offrendo anche uno sguardo interessante sulla storia recente.
8. Corri, cavallo, corri (1983)
Ben prima di Seabiscuit e Secretariat, questa pellicola molto meno nota già racconta le vicende di uno straordinario cavallo da corsa passato alla Storia per le sue conquiste all’ippodromo. Si tratta di Phar Lap, purosangue australiano che si aggiudicò un’importante serie di vittorie nella prima metà del secolo scorso, la cui morte ancora rimane avvolta nel mistero. Questa volta il ritmo della narrazione è meno sostenuto, i toni si fanno meno enfatici e il racconto si tinge di colori più autentici. Il montaggio non vuole spettacolarizzare gli eventi e la camera, spesso fissa, indugia in scene spesso abbastanza lunghe.
Per chi fosse rimasto scottato dalla leggera retorica dei due film precedentemente presentati, Corri, cavallo, corri, potrebbe essere un’ottima occasione per scoprire una storia vera raccontata in maniera spontanea e genuina. Chi invece teme di cader preda della noia non si deve preoccupare: la recitazione intensa e la scrittura fluida regalano una storia decisamente appassionante e coinvolgente, che permette di immergersi in un mondo di tinte pastello e abiti gessati nell’Australia dei primi anni ‘30.
9. The Mustang (2019)
Secondo film dalla regia femminile di questo elenco, The Mustang spicca, esattamente come The Rider, per una rara brutalità nel racconto degli eventi. Anche qui ci troviamo davanti ad una storia di redenzione: Roman (Matthias Schoenaerts) è un criminale che entra a far parte di un gruppo di riabilitazione che prevede l’addestramento di mustang selvaggi. Ad ogni prigioniero viene assegnato un cavallo, che dovrà essere addestrato entro una scadenza specifica, giorno in cui sarà venduto all’asta. Se inizialmente il programma sembra dare buone speranze per un successo, presto Roman finirà coinvolto in una catena di eventi, più o meno controllabili, che rimetteranno in discussione il suo rapporto con il mustang e i suoi affetti più stretti.
Sia Chloé Zhao che Laura de Clermont-Tonnerre sembrano particolarmente affascinate dall’abisso delle pulsioni umane, che viene esplorato con particolare efficacia grazie al confronto con l’alterità ferina dei cavalli. I campi totali tipici dei film western – genere emblematico quando si parla di equini – sono abbandonati a vantaggio di primi piani e dettagli che scandagliano l’animo del protagonista. Pellicola icastica, brutale, che non indugia in modo pietista sulle sofferenze di Roman senza tuttavia condannarlo esplicitamente, con il solo intento di mettere in luce i nostri istinti, tanto nobili quanto infimi.
10. Dreamer (2005)
Decisamente meno impegnato, Dreamer racconta l’avvincente storia di Sonia, brillante cavalla da corsa che si rompe una zampa sulla pista, e del suo rapporto con Ben (Kurt Russell), addestratore di cavalli che decide di curarla con l’aiuto di sua figlia, Cale (Dakota Fanning). La ragazzina svilupperà un’affinità particolare con l’animale, riportandolo a vincere sulla pista dopo aver superato diversi ostacoli nel percorso di guarigione.
In questo caso la relazione tra uomini e cavalli, seppur presente, risulta marginale rispetto al rapporto tra un padre e una figlia, vero cuore del film. Cale e Ben infatti si troveranno a dover collaborare per guarire Sonia, trascorrendo insieme molto più tempo di quanto erano abituati a fare: una straordinaria possibilità per comprendere meglio l’altro e lavorare sulle proprie dinamiche.
Una pellicola leggera, senza alcuna pretesa, capace di commuovere e intrattenere chiunque sentisse il bisogno di una coccola.
11. Black Beauty – Autobiografia di un cavallo (2020)
Disney + ci propone l’ultimo adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Anna Sewell (1877), in passato più volte trasportato sullo schermo. Black Beauty è una cavalla mustang dolorosamente separata dalla madre per essere portata in un ranch da un addestratore di cavalli, John (Iain Glen), al quale è stata affidata la nipote Jo (Mackenzie Foy). Rimasta orfana, Jo condivide e comprende il dolore di Black Beauty, così che tra le due nasce un’intesa tanto intensa da permettere loro di superare tutti gli impedimenti che sembrano volerle allontanare l’una dall’altra. Sewell scrisse Black Beauty soprattutto come atto di denuncia contro le durissime condizioni alle quali erano sottoposti i cavalli alla sua epoca, con l’intento quasi dickensiano di ispirare nei propri lettori un sincero senso di rispetto per la vita degli animali.
Nel suo moderno adattamento Ashley Avis decide di stimolare ulteriormente l’immedesimazione dello spettatore rendendo la mustang narratrice primaria dell’intera vicenda: di nuovo, come in War Horse, lo spettatore assiste agli eventi dal punto di vista dell’animale, questa volta in maniera estremamente esplicita. Ad accompagnarci infatti è il costante voice over di Black Beauty, con la dolce voce di Kate Winslet in originale.
12. Charley Thompson (2017)
Piccola perla nascosta del catalogo di Prime Video, questo film con Charlie Plummer e Steve Buscemi era candidato al Leone d’Oro di Venezia nel 2017. Presto spiegato il motivo. Apparentemente siamo davanti all’ennesimo racconto coming of age che vede protagonisti un adolescente e un cavallo con uno speciale rapporto di amicizia. Charley è infatti un ragazzo che non ha mai conosciuto sua madre, e quando rimane orfano anche del padre decide di partire alla ricerca di una zia lontana, insieme al cavallo a cui si era affezionato trascorrendo l’estate in un ippodromo. In realtà, fin da subito è chiaro che il cuore della narrazione sia un altro: il film si dimostra un interessante road movie intrecciato ad un racconto di formazione, presentando tuttavia diverse anomalie rispetto alle convenzioni dei due filoni. Charley non viaggia infatti dall’Est all’Ovest per trovare la libertà, ma dall’Ovest all’Est per raggiungere una stabilità personale, come ha fatto notare lo stesso regista alla presentazione del film.
Chiudiamo dicendo che sebbene carica di eventi drammatici, la pellicola riesce a non scadere mai nell’autocommiserazione o nel giudizio, grazie ad una scrittura e una regia decisamente consapevoli di questo rischio. Da recuperare assolutamente, anche solo per la colonna sonora che restituisce con impressionante vivacità le atmosfere degli USA.
13. Il cavallo di Torino (2011)
Diretto da Béla Tarr, regista ungherese dallo stile decisamente riconoscibile, con i suoi lunghi piani sequenza e l’uso del bianco e nero, questo film vincitore dell’Orso d’Argento al Festival di Berlino prende spunto da un aneddoto della vita del filosofo Nietzsche. Nel 1889, l’uomo si sarebbe imbattuto in un vetturino particolarmente violento contro un cavallo, tanto da spingere Nietzsche ad intervenire per salvare l’animale. Svincolandosi dal filosofo, la camera a questo punto segue le vicende successive del cavallo, che diventano in realtà pretesto per descrivere e analizzare le diverse sfaccettature della miseria umana. Dai forti toni drammatici, questa pellicola tiene un ritmo decisamente lento, coerente allo stile al quale il regista ci ha abituato. Con una colonna musicale decisamente ripetitiva che scandisce le sei giornate in cui il film è suddiviso, Tarr insiste sulla pesantezza dell’esistenza umana, caratterizzata da una particolare inerzia che ci spinge a replicare le stesse azioni, in costante attesa che qualcosa o qualcuno intervenga a mitigare il nostro stato di insofferenza.
Non adatto a chi fosse alla ricerca di spensieratezza, consigliamo questo film a coloro che volessero approfondire Tarr e perdersi nello stato di profondo assorbimento al quale la sua regia riesce sempre magistralmente a condurre.
14. Black Stallion (1979)
Per gli abbonati premium a Prime Video suggeriamo questo film di avventura al quale è seguita un’intera serie realizzata in Canada e mandata in onda durante gli anni ‘90 dalla nostra Rai. Il black stallion del titolo è uno stallone arabo, indomito e selvaggio, che durante un naufragio al largo del Nord Africa finisce per stringere un rapporto speciale con un ragazzo, Alec (Kelly Reno), anche lui a bordo della nave al momento dell’incidente. I due riescono a tornare a casa del ragazzo dopo qualche disavventura, ma nel contesto urbano degli Stati Uniti il cavallo mostra segni di irrequietezza, fino a quando Alec non riuscirà a domarlo e a renderlo un campione delle corse, grazie al prezioso aiuto di Henry (Mickey Rooney).
La pellicola vinse l’Oscar per il miglior montaggio sonoro, oltre a valere a Rooney la candidatura come miglior attore non protagonista. La sua recitazione risulta effettivamente incisiva e credibile, costituendo il principale punto di forza della seconda parte del film, che altrimenti rischierebbe di scivolare nel convenzionalismo di questo filone. La prima metà, d’altra parte, spicca per l’intensità emotiva che riesce a costruire nonostante la mancanza delle avanzate tecniche digitali di cui dispongono le produzioni oggi. Da recuperare per una serata di avventure e scorribande attraverso il globo.
15. Flicka – Uno spirito libero (2006)
Chiudiamo l’elenco con una visione decisamente leggera, presente nel catalogo Disney +. Flicka – Uno spirito libero è il primo di tre film dedicati alla vita di Katy, adolescente originaria del Wyoming dove i suoi genitori gestiscono un ranch di cavalli. Testarda e ribelle contro il tradizionalismo del padre, Katy riuscirà a domare un mustang nero di nome Flicka, che da quel momento diventerà una fedele compagna di (dis)avventure. La storia è di nuovo tratta da un romanzo, My friend Flicka (1941), che voleva essere una narrazione per bambini. Effettivamente la narrazione si mantiene disimpegnata, ma risulta godibile anche per un pubblico adulto: i toni oscillano tra la commedia, l’avventura e il dramma in maniera fluida, con una fotografia dalle tinte cupe che a nostro parere impreziosisce ulteriormente la messa in scena. Basta poi aggiungere che le musiche sono di Aaron Zigman per intuire che la visione potrebbe regalare chicche inaspettate.