A pochi giorni dall’incoronazione di Carlo III anche Netflix sembra deciso a celebrare l’occasione. E lo fa riportando gli appassionati del genere nel pieno delle atmosfere di Bridgerton. Questa volta, però, al centro dell’azione non ci sono i numerosi membri della famiglia alle prese con gli affanni della stagione del corteggiamento. Elemento centrale della narrazione, infatti, è la regina Carlotta. Un personaggio che abbiamo imparato a conoscere per la sua forte personalità, il carattere dispotico e una tendenza al capriccio. Ma cosa si cela veramente dietro a questo comportamento? È solamente una facciata volta a nascondere le fragilità di un animo più tenero di quanto non possa sembrare al primo sguardo o si tratta di una dura forgiata dagli eventi?
Le risposte a tutte queste domande vengono offerte, ovviamente, dall’immancabile Shonda Rhimes che, con lo spin–off La regina Carlotta: Una storia di Bridgerton, è riuscita a consegnare una storia completa ed emotivamente coinvolgente. In questo modo, non solo va a riempire i vuoti di narrazione presenti in Bridgerton ma riesce a raggiungere un livello superiore rispetto alla serie, abbandonando il romanticismo favolistico a vantaggio della costruzione di un sentimento più reale e appassionato. Per portare a termine questo percorso, però, ha avuto bisogno di avere a sua disposizione ben due regine. La storia, infatti, si svolge con alcuni salti temporali tra presente e passato per offrire un quadro completo della personalità di Carlotta e, soprattutto, delle difficoltà affrontate dall’amore con Re Giorgio, afflitto troppo presto da pazzia.
Per questo motivo, dunque, l’ormai ben noto volto di Golda Rosheuvel si confronta con quello dell’esordiente India Amarteifo per andare a definire il cuore di questa regina granitica ma, al tempo stesso, più fragile di quanto non si pensi. Carlotta, però, non è l’unico personaggio della serie principale a tornare. La scena, infatti, viene condivisa anche da Lady Violet Bridgerton e Lady Danbury. Due figure femminili che hanno il compito di evidenziare uno dei temi centrali di questo spin-off e che sarà approfondito proprio nella recensione di La regina Carlotta – Una storia di Bridgerton. Si tratta della condizione femminile e, in particolare, di come le donne vengano considerate come merce di scambio per contrattualizzare accordi. Una consuetudine che, inevitabilmente, ha tracciato una netta separazione tra l’amore e il sottostare ad una regola.
Genere: Romantico
Durata: 50 minuti ca./6 episodi.
Uscita: 4 maggio 2023 (Netflix)
Cast: India Amarteifo, Golda Rosheuvel, Ruth Gemmell, Adjoia Andoh, Arsema Thomas, Corey Mylchreest
La regina Carlotta, un personaggio tra realtà è finzione
Considerata la forte caratterizzazione attribuita al personaggio e l’atmosfera di leggero romanticismo che pervade tutta la narrazione di Bridgerton, all’inizio molti hanno creduto che il personaggio della regina Carlotta fosse nato esclusivamente dalla fantasia della Rhimes. In realtà, com’è stato chiarito immediatamente, si tratta di una creatura a metà strada tra la fantasia e la realtà storica. Sophia Carlotta di Meclemburgo-Strelitz, infatti, è realmente esistita ed è diventata sovrana della Gran Bretagna ed Irlanda sposando proprio Re Giorgio III. Altrettanto reale è stata la natura del loro rapporto. Nonostante si trattasse di un matrimonio combinato, i due si sono realmente amati, come dimostrano le lettere scritte da Carlotta al marito. A rendere ulteriormente particolare la loro unione, però, è stata la fragilità mentale del sovrano che, ben presto ha ceduto alla pazzia. E proprio per questo motivo i due hanno vissuto in due residenze diverse.
La questione più interessante o che, almeno, ha sollevato molte curiosità e perplessità da parte del pubblico, però, riguarda il colore della pelle della sovrana. Fin dalla prima stagione di Bridgerton, infatti, ci viene offerta l’immagine di una società multirazziale in stile Regency. La vera particolarità, però, risiede nei pari diritti e, soprattutto, nell’esistenza di un’aristocrazia di colore. Dando per scontato che si tratti di una licenza narrativa, rimane comunque misterioso il percorso che ha portato a questo risultato. Almeno fino a questo momento. Attraverso la ricostruzione del primo anno a corte di Carlotta, infatti, lo spin–off va a colmare questo vuoto attribuendo all’azione concertata della Regina e di una altrettanto giovane Lady Danbury questa rivoluzione culturale in una società in cui la schiavitù non era considerata ancora un reato.
Il tema razziale
Dal punto di vista della finzione, dunque, Carlotta viene scelta come sposa di Giorgio proprio per il colore della sua pelle. Questo, infatti, è alla base del “grande esperimento” architettato dalla Regina Madre e dal Parlamento. Un modo per dare un’immagine forse più progressista della nazione e della famiglia reale, aggiudicandosi il favore delle “minoranze” e conquistando consensi per un Re fragile che con difficoltà sostiene il suo ruolo. Come spesso accade, però, i grandi progetti possono sfuggire di mano o essere sfruttati da altri in modo imprevedibile. Per questo motivo l’esperimento diventa l’occasione giusta per l’aristocrazia di colore di acquisire dei diritti e dei riconoscimenti in modo permanente. Una rivoluzione la cui potenzialità viene compresa da Lady Danbury, raccontata come una donna solo apparentemente sottomessa alle consuetudini matrimoniali ma, in realtà, pronta a lottare per la propria libertà.
Per quanto riguarda la ricostruzione storica, però, nulla è dato per certo. Alcuni ricercatori, tra cui lo studioso Joel Augustus Rogers negli anni Quaranta, hanno abbracciato la teoria della bi-razzialità della Regina. Un’opinione avvallata da alcuni ritratti che la raffigurano con dei tratti somatici nordafricani e delle descrizioni che la identificano con un aspetto mulatto. In realtà Carlotta discenderebbe da un ramo afroamericano dei regnanti portoghesi. Un particolare che, però, non offre alcuna garanzia riguardo le sue origini.
Nonostante questo è un dato di fatto che l’elemento razziale sia un tema centrale, soprattutto all’interno dello spin-off. Irrilevante per la narrazione della storia d’amore tra Carlotta e Giorgio, va a definire, però, tutto il contorno e il mondo che si muove al di fuori delle mura del palazzo. Un universo tanto composito quanto difficile da sostenere dove un titolo non garantisce l’accettazione e chi è abituato a detenere privilegi difficilmente accetta di condividerli con altri. In questo senso, dunque, rispetto alle atmosfere scelte per Bridgerton, dove tutto sembra essere avvolto da una patina di romanticismo e quieta accettazione, in questo spin–off la tematica del razzismo si fa evidente anche se non necessariamente dominante. Come accennato, il personaggio di Lady Danbury diventa lo strumento ideale per accendere la scintilla di un cambiamento che, pur non essendo mai avvenuto nella realtà, è piacevole veder riflesso nei molti mondi costruiti dal cinema.
Un racconto di donne
L’elemento che definisce in modo netto questa nuova avventura della Rhimes è l’identificazione delle voci narranti. Nonostante la Regina Carlotta possa essere considerata come quella principale, non è assolutamente l’unica. Accanto a lei, infatti, si fa sentire la voce di Lady Danbury e di Lady Violet Bridgerton. In questo modo, seguendo lo stile che le caratterizza fin dalle prime puntate di Bridgerton, tutte loro vanno a comporre un racconto femminile composito, sfaccettato e più complesso di quanto si possa immaginare ponendo al centro la condizione delle donne.
Oggetto sessuale, elemento di ornamento, strumento di procreazione ed elemento essenziale per contrattualizzazioni. Alla fine del 1700 alla donna, anche e soprattutto se di alto lignaggio, non viene offerta possibilità di scelta. La sua esistenza è alla mercé degli interessi del mondo maschile e per questa sorta di “protezione” deve essere grata. Una condizione, però, che volge a un tipo di schiavitù riconosciuta e non condannata. Ad una mercificazione dell’essere e ad una totale negazione del diritto alla felicità e, soprattutto, alla consapevolezza di se stesse. Con questi presupposti inizia il racconto della Regina Carlotta anche se, con il procedere degli eventi, velocemente viene addolcito dal sopraggiungere dei sentimenti per l’uomo che le hanno imposto di sposare. Nonostante questo, però, su di lei incombe il dovere alla procreazione, alla continuità della stirpe e alla concezione del sesso come dovere e non come piacere. Per quanto riguarda, però, il suo percorso personale quest’ultimo elemento sfocia presto in un’espressione più naturale e spontanea dettata dai sentimenti per il suo Giorgio.
Lady Danbury, al contrario, conduce questo tipo di narrazione nei suoi meandri meno piacevoli e più umilianti. Conosciuta per l’intelligenza e l’indipendenza che la contraddistingue, grazie a questo spin–off viene rilevato quanto la libertà acquisita nella sua maturità sia costata sacrifici, umiliazioni e lotte costanti durante gli anni giovanili. Promessa sposa ad un uomo molto più anziano di lei a soli tre anni, senza mezzi termini rivela la condizione di oggetto sessuale, di silenzioso mezzo di piacere la cui massima soddisfazione è raggiunta con la morte improvvisa del marito e la fine di questa schiavitù.
A fare da controcanto alla sua situazione, però, subentra la voce più lieve e quasi sommessa di Lady Bridgerton. Il suo, infatti, è un racconto d’amore e di rimpianto. La narrazione di un legame eterno ad un uomo accanto al quale è cresciuta e fiorita anche nella consapevolezza della sua femminilità. Il dolore che la pervade, dunque, è per aver perso troppo presto e repentinamente il compagno della sua vita. Una morte che, non rappresenta certo liberazione ma solitudine e sofferenza, oltre che la fine della parte più intima della propria vita. Attraverso la concertazione di questi tre racconti così diversi, dunque, si va delineando la condizione della donna che, dalla realtà più cruda verte verso l’ideale e l’aspirazione massima di una felicità condivisa.
Un’immagine sfaccettata del medesimo volto che, a seconda della situazione affrontata, mostre dei lineamenti e delle peculiarità diverse. Caratteristiche che, a dispetto delle condizioni avverse, hanno lo scopo di dimostrare la grande forza delle donne. Una resistenza applicata per la propria sopravvivenza, per sostenere il dolore in modo costruttivo e, per ultimo, infondere forza alla persona amata. Ma, alla fine di tutto, si tratta anche di una resistenza necessariamente utilizzata per allenarsi a rimanere in piedi da sole. Perché, nonostante l’immagine fragile e bisognosa di protezione che definisce la femminilità dell’epoca, le tre donne al centro di questa vicenda hanno la capacità di sostenere la propria solitudine, trovando in essa una compagna con cui dialogare con onestà.
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La recensione in breve
Shonda Rhimes colpisce ancora e lo fa con La regina Carlotta: Una storia di Bridgerton, uno spin-off che riesce ad essere più incisivo e completo della serie principale. Rispetto alla narrazione di Bridgerton, leggera e piacevole ma spesso lacunosa, la serie dedicata alla regina Carlotta offre un insieme più composito ed emotivamente coinvolgente. In questo modo non solo va a colmare i vuoti narrativi di Bridgerton da un punto di vista "storico" ma amplia il mondo emotivo e personale dei tre personaggi femminili principali che fanno da elemento d'unione a tutta la narrazione.
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Voto ScreenWorld