Anno 2012. La fine del mondo dovrebbe arrivare a dicembre, ma in giro c’è un finale che fa ancora paura. È quello di The Last of Us, un videogioco dalla genesi travagliata, che da lì a pochi mesi avrebbe cambiato per sempre la percezione dei videogiochi nella cultura popolare.
In Naughty Dog è quasi tutto pronto. Il gioco sta per uscire. Neil Druckmann, papà e autore del gioco, organizza un focus group aziendale per rivedere insieme il finale di The Last of Us. Il test non è molto rassicurante. Perché molte persone del team sono perplesse dal finale: troppo controverso, troppo rischioso. Per fortuna Druckmann difende la sua creatura come un padre farebbe con sua figlia, e lascia le cose come stanno. Quel giorno il suo atto di coraggio ci ha regalato uno dei finali più potenti della narrativa contemporanea (no, non solo dei videogiochi).
Un epilogo che la serie tv HBO non poteva che lasciare intatto. Un epilogo che, dopo aver raccontato nella nostra recensione dell’ultimo episodio della serie, analizziamo insieme nella spiegazione del finale di The Last of Us. Apoteosi di una storia che ci ha contagiato il cuore soprattutto grazie al modo in cui ci ha mentito.
L’ora del padre
La fine di un viaggio e l’inizio di una nuova avventura. Il finale di The Last of Us è un crocevia in cui il viaggio di Joel ed Ellie verso la salvezza del mondo finisce, intrecciandosi con la nascita di un rapporto nuovo. Un amore che se ne frega del mondo e basta a se stesso. È questo il cuore che batte al centro del finale della serie. Ripercorriamone tappe e motivazioni. Joel ed Ellie arrivano finalmente alla meta finale del loro lungo viaggio: la base operativa della Luci, tra i corridoi di un ospedale di Salt Lake City. Qui Ellie, immune al contagio, potrà finalmente aiutare tutti a trovare una cura contro la piaga del cordyceps. Peccato che questa tanto agognata cura abbiamo un costo altissimo: la vita di Ellie stessa.
Sì, perché l’operazione chirurgica comporterebbe l’esportazione di una parte del cervello della ragazza, diventando ovviamente fatale. Ed è qui, messo davanti a questa notizia sconvolgente che l’orologio rotto al polso di Joel torna a ticchettare. È l’ora di tornare padre. È l’ora di tornare ad amare e proteggere. Come solo i genitori sanno fare. Senza esitazioni o scrupoli, Joel decide che la vita di Ellie è molto più importante della salvezza del mondo. Perché per un padre, dopotutto, i figli sono il mondo. E così ha inizio una cruenta mattanza, in cui l’uomo ammazza tutti i membri delle Luci (Marlene, chirurghi e medici compresi) per portare Ellie in salvo.
La madre di tutte le bugie
Se la prima parte del finale parla soltanto attraverso l’azione (enfatizzata da un montaggio asciutto e rigoroso proprio come questo feroce Joel), la seconda vive in poche, semplici parole. Lo scambio di battute finale tra Joel ed Ellie incarna tutta la brutale naturalezza di The Last of Us. Battute semplici, dirette, mai enfatiche. E per questo autentiche e vere. Nel meraviglioso faccia a faccia finale che chiude lo show, Ellie chiede a Joel cosa sia successo in quel maledetto ospedale. Joel le mente, dicendo che le Luci hanno scoperto altre persone immuni utili alla causa. L’operazione, quindi, non è più stata necessaria. Joel è fermo, deciso, imperturbabile. Ellie lo guarda, incassa la notizia e interroga se stessa. Credergli oppure no? Deve sentirsi in colpa per essere ancora viva?
Ed è qui, nel mezzo di questa esitazione stampata sul volto di un’eccezionale Bella Ramsey, diventata donna di colpo, che arrivano tre parole magiche.
Solo tre. Non una di più.
Perché non serve dire troppo quando hai due interpreti in stato di grazia capaci di parlare solo con gli occhi e i silenzi. L’uomo guarda la ragazza, ormai diventata l’incarnazione di quella figlia persa vent’anni prima, che non è più un fantasma di dolore, perché si è trasformata in carne, vita, speranza, futuro. Pedro Pascal guarda Bella Ramsey a metà strada tra l’affetto e la paura, l’inevitabile spirito protettivo e il timore di farsi male di nuovo. Ellie chiede a Joel se le ha detto la verità. Seguiranno le tre fatidiche parole. “Lo giuro” e “Ok”. La grandezza è tutto nel dubbio che rimane appeso mentre la serie si chiude come uno schiaffo. Di colpo, brutale come solo The Last of Us sa essere. Giocandoci o guardandolo. Lasciando in bocca un memorabile sapore agrodolce.
Quello che resta
Cosa resta di quel “Lo giuro”? Cosa c’è dietro quel “Ok”?
Sono dubbi che ristagnano tra cuore e pancia.
Da una parte Joel ha mostrato finalmente la sua umanità per troppo tempo assopita. Lo ha fatto ammettendo di credere nel futuro, incarnato da quella ragazzina che non ha salvato il mondo, ma ha salvato lui. Dall’altra c’è quella lunga esitazione di Ellie prima di dire “Ok”. Una lenta presa di coscienza in cui decidere in pochi secondo se credere o no alla storia di Joel. Un attimo di esitazione in cui tutto rimane in dubbio tranne il talento commovente di Bella Ramsey.
Ed ecco che il finale resta volutamente appeso, ambiguo, destinato a sedimentare nella testa di chi guarda. Ellie si è affidata davvero alle parole di Joel o ha capito tutto? Si è aggrappata all’ultimo barlume di innocenza che le è rimasto in corpo oppure è diventata grande e ha accettato una grande bugia? The Last of Us ci lascia in sospeso, come sul ciglio di un burrone. Alle prese con dubbi e domande indigeste. Con la consapevolezza di esserci affezionati a un assassino bugiardo, che non è affatto il buono della storia. Un finale che ti fa sentire sporco, ma anche fortunato. Perché attraverso le contraddizioni di Joel ed Ellie, The Last of Us ci ha fatto conoscere davvero due persone, imperfette e fallibili come noi. Due persone diventate padre e figlia in un finale che di imperfetto non ha proprio nulla. Perché ti rimane dentro e non ti lascia più.