Cos’erano gli anni ’80? Nonostante questo decennio sia il più rappresentato e messo in scena dal cinema e dalla serialità contemporanea, sono poche le opere che si pongono questa domanda, preferendo di solito quelle più semplici: come apparivano gli anni ’80? Oppure cosa si raccontava negli anni ’80? Mixed By Erry, il nuovo film di Sydney Sibilia, pur senza avere l’ambizione di farlo, prova a dare un propria risposta a quella domanda, mostrando il periodo senza la patina di nostalgia o di estetismo pop a cui è condannata da un po’ di tempo.
Come vedremo in questa recensione di Mixed by Erry, questo non è un racconto sociologico o antropologico, eppure sa cogliere elementi pregnanti, anche legati al proprio racconto, che molti prodotti ambientati nello stesso periodo trattano superficialmente. Come qualcuno saprà, Mixed By Erry è tratto da una storia vera, quella di Enrico Frattasio, un aspirante DJ napoletano che negli anni ’80, dopo aver fatto delle compilation su musicassetta per i clienti del negozio in cui lavorava, mette su con i fratelli un business di contraffazione e pirateria musicale (che all’epoca, ancora non si chiamava così) che in poco tempo arriva a diventare un impero.
Mixed by Erry
Genere: Commedia
Durata: 110 minutii
Uscita: 02 marzo 2023 (Cinema)
Cast: Luigi D’Oriano, Fabrizio Gifuni
Il contesto perfetto
Sibilia, assieme ad Armando Festa come sceneggiatore, si ispira all’omonimo libro di Simona Frasca per raccontare questa storia vera e romanzata, come nel precedente L’incredibile storia dell’Isola delle rose posta all’interstizio tra racconto fuorilegge e afflato idealista, in cui in un certo senso si romanticizza un’azione criminale ma con personaggi decisamente meno problematici di Giorgio Rosa (ingegnere dichiaratamente fascista) e in un modo cinematograficamente più riuscito.
Forse la maggiore efficacia di Mixed By Erry dipende proprio dal contesto storico e narrativo, la Napoli degli anni ’80 rispetto alla riviera romagnola di fine anni ’60 sembra parlare di più a Sibilia, sembra travolgerlo col suo ritmo, con i suoi colori e il suo calore naturale, con la congenialità di attori poco noti e immediatamente espressivi; quella realtà, che Sibilia e collaboratori tecnici colgono danzando lievi sul rischio dello stereotipo, sembra già calata in quella sfumatura tra New Italian Epic (ossia quel movimento di metà anni ’90 che poi diede vita a Gomorra, ma non solo) e commedia partenopea che profuma di Luciano De Crescenzo (Così parlò Bellavista) e Nanny Loy (Pacco, doppio pacco e contropaccotto). Sibilia si adagia così a quella realtà, ne asseconda la capacità di organizzare il caos e gestire l’imprevisto e ne tira fuori il suo film più maturo, divertente, a tratti travolgente, come nella sequenza in cui si intrecciano tre linee di racconto, la cassetta che Peppe consegna alla futura moglie, l’arresto di un boss del rione che coinvolge gli elicotteri della polizia e la rissa con cui Angelo finisce in carcere per aver difeso il fratello Enrico (ottimo il montaggio di Gianni Vezzosi).
Uno sguardo quasi sociologico
Oltre però alla dimensione cinematografica, quello che colpisce del film di Sibilia è la sua natura di sottile riflessione tra passato e presente, in cui la ricostruzione ambientale non passa solo dalle sene di Tonino Zera, i costumi di Valentina Taviani o la fotografia di Valerio Azzali, ma sono frutta di un’adesione profonda alla realtà mediatica, agli elementi pop dell’industria cultura che ne caratterizzano la spina dorsale. Si parte ovviamente dalla musica, dalle canzoni scelte per commentare le azioni e che vanno dalla svolta elettronica di Peppino Di Capri ai New Romantic, dalla disco alla New Wave, ma poi da lì ci si allarga per definire il campo d’azione che la stessa “etichetta” creò: i tre Frattasio sono cresciuti in una dimensione strettamente rionale, in cui la distanza tra Forcella e il Vomero (cioè, meno di 4 chilometri) sembra incolmabile come quella con un altro continente, è una distanza di immagine, di storia personale e comunitaria, che la musica si incarica di ridurre, arrivando a far conoscere il mondo attraverso quelle musicassette, finendo per giungere al vertice dell’impero della musica italiana dell’epoca, ovvero il Festival di Sanremo (ma basta leggere l’intervista che Claudio Ferrante, presidente della Artist First, ha rilasciato su Fortune Entertainment, per capire come sia tornato ad avere anche oggi quello stesso ruolo).
L’industria si mobilitò seriamente contro la pirateria musicale solo quando i fratelli Frattasio cominciarono a smerciare compilation del Festival con vari giorni di anticipo rispetto a quelle ufficiali, arrivando a pubblicarle il giorno dopo la prima serata (è uno dei motivi per cui durante l’inaugurazione non si presentano più tutte le canzoni); la scena madre del film, quando il poliziotto interpretato da Francesco Di Leva vuole cogliere i fratelli in flagrante per arrestarli, si svolge proprio durante il festival, dentro il teatro Ariston, durante l’edizione del 1991, quando Enrico capisce che per loro la festa sta finendo. Il ruolo del festival nel film e nella cultura musicale italiana è talmente forte che Sanremo è l’unico momento in cui i personaggi guardano una trasmissione Rai (nonostante il film sia distribuito da Rai tramite 01 Distribution: curioso che Mixed By Erry non sia stato promosso proprio durante le dirette con Amadeus) in un film costellato di tv che trasmettano programmi delle reti Fininvest, da Il pranzo è servito a Drive In fino a Ok, il prezzo è giusto.
Una risposta a una domanda complicata
Sono l’intrattenimento e l’arte popolari che portano Erry e i suoi fratelli a raggiungere Milano e quindi il tetto del paese e gli anni ’80 sono quel momento in cui tutto ciò è stato possibile perché i fermenti artistici che popolano la città partenopea almeno dal decennio precedente sono finalmente sfociati in una dimensione commerciale e di massa. Il film di Sibilia racconta tutto questo con precisione (c’è solo una svista un po’ grossolana: Angelo dice che in carcere, nel 1986, ha conosciuto Eduardo De Filippo, morto due anni prima), soprattutto con una vicinanza emotiva e percettiva che non bisogno della nostalgia o dell’eccesso del modernariato.
In Mixed By Erry non ci sono i cubi di Rubik o quei fronzoli che servono a dirci che siamo negli anni ’80, c’è solo ciò che di quel periodo serve a connetterci con il racconto, i personaggi (per inciso, attori bravi o bravissimi, su tutti Emanuele Palumbo che interpreta Angelo), l’ambiente e la situazione, preso per ciò che è non per ciò che vorremmo o pensiamo che sia stato. Perché quella domanda cardinale, ossia cos’erano gli anni ’80, è l’unica che abbia senso porsi e a cui abbia senso rispondere, tanto per chi c’era, quanto e più per chi non c’era; Sibilia ha trovato il modo giusto per rispondere.
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La recensione in breve
Il film più maturo di Sibilia, divertente nel racconto, efficace nella forma cinematografica, preciso nel raccontare un'epoca e un contesto senza nostalgia ma con acume riflessivo
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Voto ScreenWorld