Perché piangiamo? Per imparare a rimetterci a ridere. Altri pagliacci volevano soltanto vedere bruciare il mondo, mentre Arthur Fleck quel mondo vorrebbe solo farlo divertire, vorrebbe scovare negli altri la felicità che gli è stata sempre negata. Altri criminali di Gotham sono stati evasivi, e non ci hanno mai raccontato le origini delle loro cicatrici. Questo, invece, ci urla in faccia i nomi e i cognomi di chi gliel’ha procurate. Con quella mosca bianca di nome Joker Todd Phillips ha imparato la lezione di Christopher Nolan: ha preso un personaggio dei fumetti e lo ha calato in un contesto reale, vero, attuale come non mai in un cinecomic. La sua Gotham City esiste, è esistita, è davvero da qualche parte. Puzza, è fetida, fa schifo, è piena di topi e immondizia sui marciapiedi. Svuotata di qualsiasi tocco barocco, Gotham assomiglia alla New York di Taxi Driver, e infatti Arthur Fleck fa come Travis Bickle: si guarda allo specchio e impazzisce. Si guarda in giro e abbraccia la follia. Forse, però, l’urlo di dolore di questo Joker non si ferma in quella città immersa negli anni Ottanta. Forse quel disgusto e quello sguardo disincantato lanciato verso il mondo ci riguardano eccome. Oggi più che mai. Rivedere Joker nel 2021 regala al film di Phillips un inquietante fascino profetico. No, con la pandemia non è andato tutto bene e non ne siamo usciti migliori. Joker ci aveva avvisato e in qualche modo aveva previsto tutto.
Stati (poco) Uniti d’America
Si è parlato tanto (troppo?) del fascino perverso di Joker. Un film che umanizza troppo una figura controversa. Una storia che ti fa provare pena e affetto per uno psicopatico. Questo si è detto sul film. Secondo noi Todd Phillips è riuscito a guardare le cose dalla giusta distanza, senza giudicare mai o accarezzare troppo l’anima in pena di Arthur Fleck. Emblematica la saggia scelta fatta nel finale. Phillips non chiude il film all’apice di un perfetto climax (Joker che danza sull’auto inneggiato dalla folla), ma smorza i facili entusiasmi con un epilogo destabilizzante (Joker internato in manicomio che ammazza una dottoressa). Allora perché ci siamo sentiti così toccati da questo film? Perché ci siamo riconosciuti così tanto nella disgrazia di un freak?
Il successo clamoroso di Joker ci invita a riflettere sul valore simbolico di un film dal grande valore sociologico. Perché questo film è davvero una perfetta fotografia di quello che siamo oggi. Un piccolo manifesto capace di raccontare bene le crepe, le debolezze e i lati oscuri di cui siamo fatti. Ogni film è figlio del suo tempo (e questo è ovvio), ma ci sono film impregnati della loro epoca, calati anima e corpo nel preciso momento storico in cui sono nati. Joker è così. Figlio dell’America dilaniata politicamente, arrabbiata con Trump e attraversata dall’odio razziale. Un’America in cui, tra assalti, guerriglia urbana e violenza, la realtà ha abbondantemente superato la fantasia. Perché sorprendersi, allora, se due anni dopo ci riconosciamo ancora nel suo pessimismo cosmico?
La rabbia che unisce
C’è un aspetto che scuote e disturba molto in Joker. No, non è solo il suo profondo dramma e il suo tormento. Non è la presunta empatia che si prova nei confronti del protagonista ma la totale assenza di empatia del pubblico. L’atroce scena del talk show, in cui Joker urla al mondo la sua delusione nei confronti di un mondo che non ascolta e non comprende gli altri, è l’emblema del film. Qualcuno ci ha letto una paternale sin troppo moralista, ma guardandosi attorno è difficile non essere d’accordo con quel monito. Joker è più attuale che mai perché ci sbatte in faccia una società in cui non esiste migliore collante della rabbia e del malcontento. Niente unisce più della frustrazione. Nulla crea gruppo più dell’indignazione. Questo ormai lo abbiamo imparato benissimo da quasi due anni, visto che nemmeno un male comune globale come la pandemia ha saputo unirci.
Il Covid non ha fatto altro che creare spaccature e schieramenti, elevandoci tutti a giudici in grado di puntare il dito e sparare sentenze. Fa sorridere (amaramente) che anche le violente discussioni nate attorno al film stesso confermino questa teoria: il malcontento ci unisce, assembra branchi, ci fa detestare meglio chi è contento per qualcosa. Sia pure un “semplice” film troppo amato dagli altri, più divertente se odiato tutti assieme. E così ecco le crociate di demonizzazione di Joker, baruffe social su “cosa sia o non sia un cinecomic”, il bisogno di ridimensionare il piacere altrui. Quello che fa male davvero di questo film è la sua onestà. Noi non siamo Batman. E non siamo nemmeno Joker. Noi siamo la miserabile Gotham City.
Il bisogno dell’applauso
Più che un clown questo Joker sembra un equilibrista. Un funambolo bullizzato, che cammina sul filo sospeso tra la felicità e la disgrazia, la speranza e la delusione, l’odio e l’empatia, la crudeltà e la tenerezza. Todd Phillips forgia il suo antieroe, che in fin dei conti è soprattutto alla ricerca di qualcuno in cui riconoscersi. Alla base della tragedia di Arthur Fleck c’è una disperata ricerca di approvazione. Un uomo che vorrebbe avere degli amici, dei colleghi di cui fidarsi, una ragazza da amare, un padre putativo da abbracciare. Fleck ha bisogno di un pubblico, di qualcuno che gli ricordi che esiste davvero con un applauso o un sorriso. Forse è anche per questo che ci siamo riconosciuti in Joker. Abbiamo trovato familiare quel bisogno di consenso, la necessità di avere un platea che ci accarezzi a suon cuoricini e like. Un bisogno atavico, vecchio quanto l’umanità, ma che oggi è diventato particolarmente assillante. Il sorriso impacciato di Fleck sul palcoscenico assomiglia a un nostro post senza commenti e pollici in su. Se ne sta lì, goffo, esposto al pubblico giudizio e con tanta voglia di riscontro. A ognuno le proprie tragedie.
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo questo articolo insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!