Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, la prima serata di Sanremo 2023 ha già messo in chiaro l’andamento di una kermesse musicale che da una parte regala delle vere e proprie montagne russe al pubblico, dall’altra rimane chiusa nella propria tradizione, al punto da rimanere cieca ai cambiamenti culturali che avvengono al di là dello schermo di Rai 1.
Della prima serata della settantreesima edizione del festival non rimarrà impressa né la qualità delle canzoni in gara (sebbene Marco Mengoni sembri già proiettato al podio), né le riflessioni portate da Chiara Ferragni, che continua a mostrarsi imprenditrice di se stessa. All’alba del debutto del “quarto mandato” di Amadeus le testate e i social sono pieni quasi esclusivamente della performance fatta da Blanco.
Cosa è successo: Blanco distrugge il palco dell’Ariston
La serata di Blanco comincia a poche battute dall’inizio della serata. Il cantante sale sul palco con Mahmood e insieme intonano la canzone vincitrice della passata edizione, Brividi, riproponendo anche la messa in scena di un innamoramento, proprio come era avvenuto l’anno scorso. Il pubblico applaude, ancora estasiato per la melodia appena ascoltata e poco dopo Amadeus annuncia che Blanco tornerà a esibirsi, ancora in qualità di ospite.
La serata va avanti, tra alti e bassi, tra nuove voci e vecchi talenti, con ospiti che si susseguono (troppo spesso) tra un cantante e l’altro. Finché non è di nuovo il momento per Blanco di risalire sul palco. L’occasione è la presentazione del nuovo brano L’isola delle rose, che già sulla carta si preannuncia come un successo. Sul palco sono stati montati dei pannelli con delle rose per richiamare il titolo del brano: la scenografia diventa sin dall’inizio un oggetto di scena per Blanco, che ci interagisce.
Poi accade qualcosa di fastidioso, ma prevedibile. Per un problema tecnico, Blanco non si sente in cuffia. Fa un gesto indicandosi l’orecchio, riprova a cantare. Successivamente ripropone il problema, ma la musica e i musicisti non si fermano. Ed è a quel punto che l’artista sembra perdere il controllo: smette di cantare e comincia a saltare da una parte all’altra del palco, distruggendo tutta la scenografia, ribaltando i pannelli, prendendo a calci i fiori e lasciando sul palco i segni di una distruzione completa.
A quel punto, quando Amadeus rientra, Blanco è caduto dalle stelle alle proverbiali stalle: tutti coloro che lo avevano applaudito non più di due ore prima, adesso lo fischiano, coprendo le sue parole, esplodendo ogni volta che Amadeus prova a invitare l’artista a risalire sul palco a fine serata per ricantare la sua canzone. Il pubblico è inorridito davanti al gesto di Blanco che non ha una giustificazione se non quella di “non mi sentivo in cuffia” e “io mi sono comunque divertito”.
La narrativa tossica di un gesto discutibile
Dopo la conclusione della cosiddetta esibizione di Blanco, Gianni Morandi, con tanto di scopa in mano, ha guardato rassegnato verso Amadeus e ha detto un profetico “domani si parlerà solo di questo“. Il co-conduttore non è andato molto lontano dalla verità. Oggi, infatti, la maggior parte delle testate ha posto l’accento proprio su quanto accaduto con il cantante. Il problema è che nella ricezione di quello che è avvenuto si è inserita una narrativa tossica che si distacca dalla realtà e che non è più informazione, ma semplice provocazione per creare una spaccatura ancora più netta tra generazioni, ma soprattutto tra spettacolo e retorica.
Basta aprire una prima pagina qualsiasi per leggere come Blanco venga descritto come un cantante “furioso”, che “in pieno delirio” distrugge il palco dell’Ariston. Basta leggere queste prime pagine per capire che c’è una sorta di pregiudizio nel raccontare l’evento che, per quanto discutibile, ha il diritto di essere raccontato per come è andato, non per come è stato percepito. Sono sufficienti pochi frame dell’esibizione incriminata per rendersi conto che, nemmeno per un momento, Blanco è apparso arrabbiato o, addirittura, furioso. Per tutta l’esibizione il cantante ride, coinvolge i suoi musicisti e persino mentre tutti lo fischiano lui continua a sottolineare quanto si sia divertito.
Ed è proprio sulla percezione della realtà e sulla sua interpretazione che bisognerebbe mettere l’accento e per farlo bisogna fare un piccolo passo indietro. Quando, nel 2021, i Maneskin hanno vinto il Festival di Sanremo con il brano Zitti e buoni, svestendo il festival da quell’aura malinconica da ballad strappalacrime, tutti si sono alzati in piedi a riconoscere ad Amadeus il grande merito di aver “svecchiato” il festival e averlo fatto entrare finalmente nel ventunesimo secolo. Al di là dei detrattori che ogni artista ha, la maggior parte del pubblico ha riempito i propri social con l’entusiasmo per un ritorno del rock anche sul palco più importante d’Italia. Sono passati appena due anni e di quella libertà ritrovata, di quel bisogno di esprimersi in modo più autentico e selvaggio, rimane solo un misero barlume.
Quello che ha fatto Blanco sul palcoscenico può essere deprecabile, ma rientra comunque nella sfera dello spettacolo. Si tratta comunque di uno show. Nel 1967 Jimi Hendrix bruciò la sua Stratocaster e ancora oggi tutto lo ricordano come uno dei migliori chitarristi della storia della musica. Ma non è tanto questione di bravura, né il talento può essere assunto come giustificazione in situazioni analoghe nei gesti. Il punto è che un certo tipo di musica si accompagna a un certo tipo di messinscena. Può non piacere, e questo è lecito. Ma bisogna saper distinguere uno show da un crimine, come viene quasi fatto passare oggi il gesto di Blanco.
E non si tratta nemmeno di una questione anagrafica. Sarebbe senz’altro facile riassumere quanto è accaduto come sintomo di una nuova generazione sempre più fuori controllo, che non ha rispetto per niente. Sarebbe fin troppo facile cadere negli stereotipi di uno stacco generazionale che porta all’incomunicabilità. Ma basta fare un giro sul profilo Instagram di Blanco per capire che anche i suoi giovani ammiratori sono pronti a puntare il dito contro quanto avvenuto durante la prima serata di Sanremo.
Si tratta, al contrario, di un problema culturale. Per quanto tutti siano sempre a dare addosso al Festival di Sanremo, definendolo un programma impolverato per vecchi nostalgici, è indubbio che la kermesse musicale fa parte del bagaglio culturale degli italiani. E, in questo senso, si è sviluppata una sorta di reverenzialità interiorizzata, quasi inconsapevole. Se Blanco avesse fatto lo stesso show su un palco di Las Vegas il pubblico sarebbe inorridito allo stesso modo? La risposta più sincera è no. In effetti, una delle critiche che si legge più spesso in queste ore è proprio quella del “sei sul palco di Sanremo, non puoi comportarti così.” Ma perché un palco dovrebbe fare la differenza?
Lo snodo è proprio qui, in questa assurda “santità” che ancora si pensa circondi il palco dell’Ariston, in questa idea che tutto sia intoccabile e ogni cosa sia sacra. Non serve a niente, allora, applaudire alle innovazioni di Amadeus se poi rimaniamo chiusi nell’idea che Sanremo sia un festival da giacca e cravatta dove la rivoluzione ha senso solo nella misura in cui non disturbi gli animi. Da questo punto di vista è quantomeno evidente che forse il festival sta cambiando, ma non potrà mai essere molto diverso dalle sue origini se prima non si interviene sullo sguardo del pubblico, sul suo modo di interpretare la realtà. Il che conduce a un’altra riflessione.
Blanco: era tutto costruito a tavolino?
Quando sullo schermo appaiono cose che vanno al di là dello status quo il primo dubbio è che si tratti di qualcosa costruito a tavolino per scuotere le masse e attirare l’attenzione. Per parafrasare Oscar Wilde, spesso si ha la sensazione che determinati eventi choc vengano trasmessi solo per far parlare di sé, perché si tratta comunque di pubblicità. Ci siamo interrogati ad esempio sulla veridicità dello schiaffo di Will Smith a Chris Rock. L’esibizione di Blanco non fa eccezione. Mentre buona parte del pubblico si scandalizzava per la mancanza di rispetto data al palco di Sanremo, una fetta di spettatori ha cominciato a puntare il dito sulla scena, dichiarando che fosse tutto costruito e concordato, dalla distruzione alla presenza di Morandi sul palco con la scopa in mano.
In effetti Blanco non tocca nulla del palco dell’Ariston e si concentra solo sulla scenografia costruita appositamente per lui e per la sua esibizione. Le rose che Blanco distrugge sono fiori che sono stati messi sul palco per suo volere, perché facevano parte del suo show. Inoltre basta vedere il videoclip ufficiale del brano per rendersi conto che quella distruzione tanto criticata fa parte della presentazione del brano e in qualche modo ne rappresenta il cuore. Come se non bastasse, dopo il fattaccio, quando Amadeus cerca di parlare con Blanco, quasi tentando di spingerlo a dire di aver distrutto la scenografia perché arrabbiato dal problema tecnico, il cantante risponde con un onesto “lo avrei distrutto lo stesso”. Tutto questo fa pensare proprio a una costruzione a tavolino, a una sorta di show click-bait pensato proprio per alzare l’engagement. Non solo: l’esibizione era pensata proprio per restituire la visceralità del brano, proprio come si vede anche nel videoclip. Quindi da dove viene lo scandalo?
Un’analisi più attenta sembrerebbe suggerire che la verità sia nel mezzo. Era probabilmente concordato che Blanco distruggesse le rose – sebbene Amadeus, nel dopo festival con Fiorello, sostenga che Blanco avrebbe dovuto strisciare e sdraiarsi tra le rose, non distruggerle -, ma il problema tecnico ha mandato tutto in malora. Bisognerebbe interrogarsi perché la musica non si sia interrotta quando il cantante per ben due volte ha cercato di attirare l’attenzione sul disguido: il fatto che nessuno abbia bloccato la musica per ricominciare potrebbe essere una prova ulteriore di quanto lo “scandalo” fosse l’obiettivo ultimo.
Ma ponendo che così non fosse, vediamo un artista che perde il contatto con la musica, che invece di riprendere a cantare decide di focalizzarsi solo sull’esibizione più “corporea”. Inizia la distruzione: Blanco non è una furia, non sta spaccando “tutto il palco”. Si diverte, gioca sul palco e probabilmente perde il controllo ed esagera nei gesti. Il risultato è una devastazione che forse andava al di là di quanto concordato, ma che non ha nulla a che fare con una ripicca furiosa di un cantante capriccioso che si è voluto vendicare. A voler leggere tra le righe si potrebbe anche affermare che proprio nella distruzione dei fiori – da sempre simbolo del festival – Blanco abbia cercato di seguire la volontà di Amadeus di svecchiare il festival, di svestirlo da quella sua sacralità intoccabile. Ma per il pubblico – inteso nella sua accezione più ampia – è facile applaudire al cambiamento nel sicuro della propria confort zone, ma diventa impensabile accettare il gesto selvaggio e poco conforme di un cantante di vent’anni che non rientra negli standard collaudati da più di settant’anni di tradizione. Il gesto rimane volutamente deprecabile, ma è anche il simbolo di come tutto cambi rimanendo sempre lo stesso: e il pubblico di Sanremo ne è una prova schiacciante.