Per creare qualcosa di nuovo devi distruggere qualcosa di vecchio. La dura legge dei Celestiali ha segnato la via.
Kevin Feige sa benissimo che la Marvel ora si sta muovendo fra le macerie di qualcosa che non c’è più. Avengers: Endgame ha segnato la fine di un’era ed è per questo che la Fase 4 del Marvel Cinematic Universe, deve iniziare a cambiare pelle. Il che significa fare a meno dello scudo di Captain America e dell’armatura di Iron Man, e mettersi a nudo, magari anche rischiando qualcosa. È quello che è successo con Eternals. Senza dubbio il film più ambizioso e rischioso del nuovo corso Marvel sul grande schermo. Un rischio controllato, visto che la poetica di Chloé Zhao non ha avuto libero sfogo, ma è stata mitigata con molte vecchie abitudini Marvel dure a morire (la comicità invadente, l’autoironia, il gusto per il citazionismo). Eppure è bastata una piccola dose di azzardo per rendere Eternals un film indigesto a molti, o almeno a chi è particolarmente allergico al cambiamento. Da queste parti siamo però convinti che Eternals sia un film vitale per il futuro della Marvel. Un cinecomic che, sulle ali di un’ispirata Chloé Zhao si è fatto trascinare dall’ambizione di Icaro, provando ad avvicinarsi a un Sole nuovo e dimostrando al mondo di non avere le ali di cera.
Nuova prospettiva
Tony Stark schiocca le dita e mezzo universo Marvel diventa polvere. Endgame è stato una pietra tombale, un punto di non ritorno che non invita solo a voltare pagina, ma obbliga la Marvel a cambiare libro. Anzi, fumetto.
L’agognata Fase 4 si porta addosso tante aspettative, molta pressione e buone dosi di ansia da prestazione. Una Fase 4 che trova proprio in Eternals la sua mosca bianca, perché, pensiamoci, Black Widow è stato un grande omaggio al passato, Shang-Chi è stato utile soprattutto ad aprire nuovi orizzonti nel mercato orientale e Spider-Man: No Way Home sembra volersi giocare l’affidabile carta della nostalgia. Senza dimenticare che l’anno prossimo Doctor Strange: In the Multiverse of Madness e Thor: Love & Thunder avranno il retrogusto della grande rimpatriata.
Insomma, Eternals è l’unico film a prendersi dei rischi e che tenta di fare qualcosa di nuovo su grande scala senza alcun complesso di inferiorità. Per certi versi l’operazione assomiglia molto a quella di sette anni fa fatta con i Guardiani della Galassia. Anche in questo caso siamo davanti a un nuovo gruppo di supereroi (molto più folto di quello di Star-Lord e compagnia), di tanti nuovi personaggi poco noti al grande pubblico, e soprattutto di un fumetto di nicchia che, a dire il vero, non ha mai avuto tanta fortuna.
Per introdurre il nuovo pantheon di casa Marvel, Chloé Zhao si ispira a Zack Snyder e delinea un cinema mitologico. Leggende, racconti ancestrali e antichi retaggi danno vita a un cinecomic dai toni più riflessivi, intimi ed esistenziali rispetto ai soliti canoni targati MCU. È un cambio di prospettiva fondamentale e allo stesso tempo drastico: passiamo dai rami alle radici. Finora l’universo Marvel aveva soltanto ramificato di continuo, allargando sempre più i suoi orizzonti e i suoi confini. Siamo passati dalle città alla Terra e dalla Terra allo spazio. Eternals invece agisce in profondità, radicandosi di prepotenza nelle fondamenta del mondo Marvel. Lo fa prendendosi tutto il tempo per raccontare una nuova vecchia storia, invitando il pubblico ad avere occhi nuovi e la voglia di stringersi intorno a un fuoco per scoprire il mito degli Eterni.
È un cambio di prospettiva violento (e per questo talvolta indigesto), che cambia la nostra prospettiva dell’epica Marvel. L’epopea di Ikaris, Sersi e tutti gli altri nasconde un potere immaginifico fortissimo. Un’imponenza che di fatto ci fa percepire le gesta degli Avengers di colpo minuscole. Vedere un Celestiale sul grande schermo ci fa cambiare ottica, rendendo il passato Marvel più piccolo. Con Eternals siamo saliti sulle spalle dei giganti e, per quanto sia scomodo ammetterlo, Tony Stark, Steve Rogers e Natasha Romanoff da lassù sono diventati dei lillipuziani.
L’assenza del cattivo
Thanos, Loki e Killmonger sono lì a dimostrarlo. Le classiche eccezioni che confermano la regola. Il Marvel Cinematic Universe non è un paese per antagonisti. La figura del cattivo è sempre stato il tasto dolente nei cinecomic della Casa delle Idee. E così Chloé Zhao ha pensato bene di farne a meno. Con Eternals compie una piccola, grande rivoluzione copernicana. Di fatto rinuncia alla figura del classico antagonista per dipingere nuove sfumature più sottili e complesse. In Eternals i devianti sono quasi un MacGuffin, un diversivo che ci illude di essere davanti ai soliti “cattivi di turno”, quando in realtà non è proprio così. Eternals rifiuta la dicotomia Bene contro Male, scovando nella morale di ogni protagonista il concetto di Giusto e Sbagliato. Ognuno dei personaggi combatte una battaglia tutta sua (contro i pregiudizi, contro la solitudine, contro le tradizioni e contro la propria natura), ed è per questo che Zhao ci invita a scoprire tante singole motivazioni che smuovono e ispirano questi semidei. L’assenza del cattivo regala al film una maturità nuova. Un approccio di vitale importanza per delineare un futuro Marvel in scala di grigi che non viva solo di bianco contro nero.
Il superpotere dell’empatia
Nonostante non abbia avuto carta bianca, Chloé Zhao ha riversato in Eternals molte cose a lei care. E non parliamo solo dei panorami mozzafiato, del lirismo poetico e di un grande amore per la luce naturale. Dopotutto i suoi Eterni sono nomadi, proprio come la Fern di Frances McDormand. Questi paladini non hanno una casa, hanno ricordi confusi e non sanno bene in cosa credere e dove andare. Questa crisi esistenziale dentro i cuori degli Eterni li avvicina subito a noi, senza correre il famoso “rischio Superman”. Se Clark Kent ci è sempre sembrato troppo perfetto e integerrimo per meritarsi il nostro affetto più sincero, Ikaris (solo per citare il suo “clone”) è combattuto, schiacciato da doveri, vecchie credenze e un sentimento represso. Tutte debolezze e imperfezioni che spingono il pubblico a entrare in empatia con questi vagabondi galattici. Un’empatia ben radicata anche all’interno del gruppo degli Eterni, visto che tutti i personaggi, dopo essersi scontrati, alla fine del film arrivano a comprendersi e a rispettare la prospettiva altrui.
Ed eccola qui la poetica di Chloé Zhao, un’autrice che ha fatto dell’empatia il suo marchio di fabbrica. Una regista che ha sempre celebrato la forza della gentilezza e dell’ascolto. Senza snaturare la sua visione empatica del mondo, Eternals sembra suggerirci che per essere supereroi oggi bisogna avere il dono dell’empatia. Smettere di elevare se stessi e mettersi sulla scia degli altri. E allora, forse, è per questo che Eternals a tanti non è piaciuto affatto. In un mondo dominato dall’ego e dal narcisismo, l’empatia assomiglia quasi a una barzelletta che non fa ridere nessuno.
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