Espandere l’universo di un corto in un lungometraggio è prassi consolidata. Un po’ più arduo è fare il contrario, contraendo in pochi minuti emozioni, sentimenti, sapori e suggestioni costruiti nel corso di un lungo processo di scoperta. A imbarcarsi nell’impresa è McKenna Harris, story artist di Luca e Raya e l’ultimo drago, chiamata a scrivere e dirigere il corto sequel di Luca, Ciao Alberto.
Dopo l’esordio italiano di Pixar con il bel lungometraggio di Enrico Casarosa, che ha riscosso enorme successo a giugno, quando è approdato su Disney+ (anche se ha lasciato l’amaro in bocca a chi auspicava la visione al cinema), la palla passa a McKenna Harris che italiana non è, ma che ce la mette proprio tutta per ricreare la magica atmosfera dell’estate ligure. Naturalmente la neoregista non condivide col genovese Enrico Casarosa, qui in veste di produttore esecutivo, i ricordi di un’infanzia trascorsa tra tuffi al mare, discese a rotta di collo in bicicletta e serate sotto le le stelle a consumare gelati, pizze, farinata e pasta col pesto, ma fa tesoro dell’esperienza maturata lavorando a Luca.
Un’Italia da cartolina, ma sotto la superficie si nasconde un altro mondo
Grazie alla vivida creatività di Enrico Casarosa, l’Italia raccontata da Pixar è affollata, solare e variopinta quasi quanto quella vera. In Luca, il regista genovese omaggia le estati della sua infanzia trascorse in Riviera con la famiglia e gli amici dipingendo un mondo piccolo e vivace racchiuso tra le colline e il mare. È un’Italia dal sapore antico, che occhieggia ad atmosfere anni ’50, con le vecchiette che vanno in giro con il capo coperto da fazzoletti e i ragazzini se ne stanno liberi a giocare. Bandita la tecnologia, l’oggetto del desiderio è una Vespa in stile Vacanze romane. Portorosso, cittadina fittizia anche se il nome rievoca Portovenere, è plasmata in buona parte su Vernazza con la baia, le salite ripide e le casette colorate arroccate sulla collina. Oltre a basarsi sull’esperienza di vita di Casarosa, la perizia ha spinto Pixar a sguinzagliare i suoi artisti in tutta la Riviera ligure per scattare fotografie dei luoghi da includere del film.
Dal punto di vista delle location, Ciao Alberto ha già la strada spianata. Torna la piazzetta di Portorosso, su cui si affaccia la pescheria di Massimo, torna la casa del pescatore in cui ora vive Alberto, torna la loro cucina, teatro dei maldestri tentativi culinari del ragazzino, e torna la spiaggia, di notte, col placido dondolio del mare su cui si riflette la luna. Con Luca e Ciao Alberto, Pixar ripropone l’operazione di successo di Brave e soprattutto di Coco guardando fuori dagli Stati Uniti in cerca di ispirazione. Ma c’è un altro universo raccontato da Luca che in Ciao Alberto non trova spazio se non in un paio di rapidi accenni, si tratta dell’incredibile mondo sottomarino abitato da Luca e dalla sua famiglia. La magia degli abissi, le rocce, le creature che vivono nel fondo del mare, la grotta in cui abita Luca rappresentano la molla che dà il via all’azione. Quando il giovane mostro marino decide di trasgredire le regole per scoprire cosa c’è sulla superficie, innesca il processo che lo porterà alla crescita e all’indipendenza.
La famiglia prima di tutto
Fin dal titolo, Ciao Alberto sottolinea lo slittamento di soggetto rispetto al predecessore. Se il coming of age di Luca era al centro del lungometraggio, stavolta del ragazzino/mostro marino udiamo solo la voce in apertura del corto. Sono le frasi della lettera in cui Luca racconta all’amico Alberto, con cui è sempre in contatto, la sua esperienza con la scuola a Genova. Quest’ultimo ha fatto una scelta diversa, ha deciso di restare a Portorosso per aiutare il taciturno Massimo, padre di Giulia, nella sua attività di pesca. L’unico scopo di Alberto è impressionare Massimo, che considera la persona più cool al mondo, ma nonostante la buona volontà non ne azzecca una. I danni che combina, seppur involontari, sono tali da mettere a repentaglio il suo rapporto con Massimo rendendolo ancor più solo di quanto non sia.
Ricordiamo che, se Luca aveva alle spalle una famiglia fin troppo apprensiva e soffocante, Alberto è stato abbandonato dal padre ed è stato costretto a cavarsela da solo fin da piccolo. Inevitabile che l’ingresso di Massimo nella sua vita lo porti a desiderare di ricevere da quest’ultimo l’affetto e l’approvazione che gli mancano. Se per Luca il percorso delineato da Pixar prevede l’affrancamento dal nucleo familiare e la conquista dell’indipendenza, l’arco narrativo del personaggio di Alberto va in direzione opposta. La sua famiglia acquisita prevede dapprima l’arrivo di un fratello e poi quello di un padre. Con la leggerezza che la contraddistingue, anche in soli sei minuti Pixar riesce a fornire uno scorcio dell’animo umano operando per piccoli, ma emozionanti tocchi.
Nel regno degli Easter Egg
Di Vacanze romane abbiamo accennato in precedenza. Come da tradizione Pixar, Luca ci delizia con una miriade di Easter Egg disseminati nel corso della pellicola per la gioia dello spettatore. Di questi, qualcuno lo ritroviamo anche in Ciao Alberto a partire dal buffo Machiavelli, il gatto di Massimo il cui broncio è ispirato a quello di Don Vito Corleone, mafioso interpretato da Francis Ford Coppola ne Il padrino. Da Pinocchio (nel sogno di Luca) a Ventimila leghe sotto i mari, da Paperino, il cui pupazzo è nella stanza di Giulia, a Fellini fino ad Hayao Miyazaki il cui Porco rosso risuona nel nome della cittadina ligure Portorosso, la creatività di Enrico Casarosa si sbizzarrisce nel creare un universo coerente, ma ricchissimo di suggestioni. Se il poster di Ventimila leghe sotto i mari, uscito al cinema nel 1954, troneggia sotto i portici di Portorosso, in linea con l’ambientazione temporale, gli omaggi alla cultura italiana si possono rinvenire in molteplici riferimenti. Non per nulla il cognome di Giulia e Massimo è Marcovaldo: dopo Collodi non poteva mancare un omaggio a Italo Calvino, nato a Cuba, ma cresciuto proprio sulla Riviera ligure.
Ci sono poi gli inside jokes di Pixar a partire dall’Ape con il simbolo di Pizza Planet, catena di ristoranti che ha fatto il suo debutto in Toy Story per poi ricomparire in molti film. E solo gli appassionati più competenti possono cogliere nelle sigle alfanumeriche che compaiono sul treno o sul biglietto ferroviario rimandi alle sedi Pixar in California. Per non parlare delle strizzate d’occhio a Up e Wall-E presenti nella torre diroccata in cui vive Alberto. Enrico Casarosa assicura perfino la presenza di un easter egg riferito al nuovo film in arrivo, Turning Red, senza però fornire ulteriori dettagli. La caccia al tesoro prosegue.