Quando nel 1847 Charlotte Brontë pubblicò il suo Jane Eyre, con lo pseudonimo di Currer Bell, non avrebbe mai immaginato di aver dato forma ad uno dei racconti classici della letteratura d’epoca vittoriana. Ad essere onesti, però, è riuscita a fare molto di più. Consegnando una storia dall’incredibile modernità è andata oltre il romanticismo di un amore disperato descritto in Cime Tempestose dalla sorella Emily, per tratteggiare i contorni di una femminilità forte e autonoma, anche se tendenzialmente silenziosa. Una giovane donna capace di tracciare in modo personale la propria strada affrancandosi dal modello femminile imposto dal tempo.
In questo senso, dunque, Jane Eyre ha la forza dirompente di un romanzo scandaloso, soprattutto per la morale del tempo. Un’attitudine di cui si rendono conto in molti, tanto da definirlo addirittura anticattolico o anticristiano. Nonostante questo o, forse per tale motivo, ottiene da subito un certo successo che, però, è nulla se messo a confronto con quello costruito con lo scorrere dei decenni.
Dal 1900, infatti, il lavoro di Charlotte Brontë è entrato di diritto tra i classici del romanticismo gotico da studiare durante gli anni del liceo. Andando oltre l’obbligo scolastico, però, è nel periodo successivo che il cuore e la natura effettiva di Jane Eyre riesce ad essere apprezzata pienamente. Per capire la portata rivoluzionaria dei personaggi e, soprattutto, della vicenda che li coinvolge è bene aver raggiunto uno sguardo più maturo grazie al quale andare oltre la forma di metà ottocento per cogliere un’essenza senza tempo.
La stessa dalla quale si è fatto sedurre anche il cinema cercando, soprattutto nell’ ultima trasposizione di Cary Fukunaga con Michael Fassbender e Mia Wasikowska, di mettere in evidenza la natura sensuale e inarrestabile di una passione capace di generare il dubbio in una mente razionale e fermamente legata alla sua struttura morale. Per comprendere meglio il potenziale di questo romanzo senza tempo, però, cerchiamo di analizzare con più attenzione gli aspetti essenziali di Jane Eyre.
Charlotte e Jane, differenze e similitudini
Secondo molti esperti e studiosi dietro la figura timida ma risoluta di Jane Eyre si nasconde la stessa Charlotte. Questo vuol dire che tra le due giovani donne possono esserci più lati in comune che aspetti discordanti. Ma andiamo con ordine. Il romanzo viene identificato come una sorta di racconto autobiografico, visto che la giovane Jane racconta ogni vicenda in prima persona.
Dalla sua infanzia solitaria all’interno di un istituto, alle violenze psicologiche di una famiglia che la rifiuta, per arrivare agli anni dell’indipendenza e dell’incontro con Edward Fairfax Rochester, la sua voce si sente con chiarezza dando corpo a personaggi e ambientazioni.
Ovviamente quella che seguiamo, in realtà, sono le parole della Brontë che, stringendo un rapporto intenso con la sua protagonista, la trasforma in alter ego e riflesso delle sue speranze segrete. Da una parte, dunque, Jane condivide con l’autrice la mente brillante, la natura solida e l’ambizione di far affidamento sulla propria autonomia. Dall’altra, però, ha dei vantaggi che la Brontë non ha. In effetti attraverso di lei la giovane Charlotte prova a vivere di riflesso un’esistenza diversa da quella assegnata ad una donna in epoca vittoriana.
Così, pur prediligendo un’unione nata da un sentimento, l’autrice abbandona le note nettamente romantiche per sostituirle con altre decisamente più passionali e struggenti. E, in assenza di tutto questo, è preferibile una dignitosa solitudine piuttosto che cedere ad un matrimonio di convenienza sociale.
Una scelta che, ad esempio, alla Brontë è stata negata, visto che, alla fine, ha ceduto alle insistenze del padre vestendo i panni di una moglie e morendo in modo prematuro a causa di una gravidanza complicata. In questo senso, dunque, Jane Eyre rappresenta una sorta di dichiarazione d’intenti, il ritratto di una natura ancora soggetta alle aspettative sociali ma che già scorge i contorni di un mondo nettamente diverso.
Edward Fairfax Rochester, l’anti eroe contemporaneo
Uno degli elementi più innovativi di questo romanzo è rappresentato dalla figura di Rochester. Tratteggiando la sua personalità ombrosa, spesso iraconda e poco incline al romanticismo, la Brontë rifiuta qualsiasi modello precedente dai tratti idealistici. In sostanza la scrittrice rifugge dalla ricerca del “principe azzurro” o dal gentiluomo che, nonostante un carattere deciso, non fa certo mistero del suo fascino. Per trovare un personaggio maschile che risponde a questa descrizione, ad esempio, basta frequentare le pagine di Jane Austen. La scrittrice inglese, per quanto innovativa ed ironica, alla fine persegue sempre un’ideale romantico ben preciso.
La letteratura di Charlotte, invece, ha toni più cupi e meno leggeri. All’interno delle sue vicende caratterizzate da un forte senso del reale, anche e soprattutto per quanto riguarda gli aspetti negativi della vita, un personaggio come il fiero ma generoso Mr. Darcy non avrebbe trovato un luogo a lui adatto. Per dare il giusto risalto alla sua vicenda e, di conseguenza, a quella di Jane, era necessario trovare un antieroe. Ed ecco che si fa largo il personaggio di Rochester a rappresentate un modello maschile fortemente imperfetto, forgiato da molte contraddizioni ed abituato a muoversi tra le misteriose inquietudini che lo agitano.
Burbero, distante, deluso dalla vita eppure affascinante, colto, interessante. Tutto questo è Edward Rochester, l’uomo capace di andare oltre l’invisibilità che sembra avvolgere la figura di Jane ascoltando con attenzione voce e intenti della giovane. E da questo rapporto particolare, costruito sulle asprezze di due persone completamente prive di capacità seduttive, nasce l’amore che non è certo solo sentimentale e platonico ma ha una componente carnale molto forte.
Tanto da indurre Rochester a pensare di poterla legare a sé nonostante sia già sposato proponendo l’improponibile per la società vittoriana: vivere di fatto come marito e moglie senza aver contratto matrimonio. E se non è modernità questo cos’altro potrebbe mai esserlo?
Jane e la forza della passione
L’epoca vittoriana è stata caratterizzata da un forte senso del pudore e della morale. Due concetti che sono stati portati spesso all’estremo, costruendo un diktat comportamentale fin troppo rigido. Soprattutto per le donne. In questa ricerca costante del comportamento più consono e rispettoso, dunque, non c’era molto spazio per la passione. Questo tipo di sentimento, infatti, era considerato assolutamente non consono e amorale.
Nonostante tutto, l’educazione ricevuta e le imposizioni culturali del suo tempo Charlotte Brontë non solo lo inserisce all’interno della sua narrazione ma lo trasforma in un elemento centrale con cui Jane si confronta a lungo. In questo modo, dunque, al centro della vicenda pone una figura femminile tridimensionale, tutt’altro che avvolta in una silenziosa compostezza. Sotto il suo aspetto dimesso, infatti, Jane fa mostra di una natura tanto contemporanea per le lettrici attuale quanto bizzarra ed inopportuna per quelle del suo tempo.
Mai piegata dagli eventi, pronta a ricominciare il suo cammino e, soprattutto, decisa a bastare a se stessa, la giovane rappresenta un insieme di contrasti affascinanti. Gli stessi che la portano a confrontarsi alla pari con Rochester fin dall’inizio e a cedere alla forza della passione. Perché alla scandalosa modernità della proposta di Edward corrisponde una reazione della donna altrettanto “inopportuna”.
Dopo essere scappata dall’uomo che ama, infatti, ingaggia un vero e proprio combattimento con se stessa, i principi religiosi all’interno dei quali è cresciuta e l’insistente richiamo d’amore che non smette di far sentire la sua voce. L’epilogo è meraviglioso e rivoluzionario perché ha il sapore di una vera e propria liberazione dal giogo sociale e dal giudizio altrui. Così, accettando il rifiuto sociale che ne può conseguire, Jane torna da Rochester. Certo, al suo arrivo scopre che molte cose sono cambiate. La tenuta è andata a fuoco, la moglie folle è morta e lui è ridotto ad una semi-cecità.
Tutti elementi che alla Brontë permettono di costruire un finale rispettabile. Ma, andando oltre all’imprevisto epilogo, ciò che realmente conta è quello che accade prima. Ossia la decisione di una donna indipendente che, trasportata dalla forza della sua passione, decide di sfidare ed ignorare un’intera morale in nome della propria felicità. Per questo motivo, dunque, nel corso del tempo Jane Eyre è stato considerato addirittura come un testo femminista. Se lo sia o meno, però, non è dato saperlo. Probabilmente la Brontë non aveva idea di cosa avrebbe scaturito nel tempo. Sta di fatto che il messaggio di indipendenza e libertà che vive tra quelle pagine è tutt’altro che scontato. Ancora oggi.