Il film-evento dell’anno merita un trattamento speciale. Avatar: La via dell’acqua segna il ritorno dietro la macchina da presa di James Cameron dopo 13 anni, pronto a farci tornare su Pandora e proseguire la saga di Jake Sully e Neytiri. Come abbiamo scritto nella nostra recensione del film, questo “spettacolo immenso” che si trova solo al cinema, sullo schermo più grande possibile e in 3D, ci ha spinto a entrare in sala come pochi altri eventi.
Per questo motivo abbiamo pensato di raccogliere il parere di ognuno di noi, perché se c’è una cosa che il film di James Cameron ha insegnato è quello di essere in connessione, uniti gli uni agli altri. Come una famiglia allargata ecco le opinioni della redazione di ScreenWorld.it su Avatar: La via dell’acqua, complete di voto e senza spoiler.
Gabriele Barducci
Pandora è un pianeta che non abbiamo ancora finito di esplorare, ricco di bellezza come di pericoli. Avatar: La via dell’acqua, con il suo world building aggressivo e una resa estetica perfetta quanto impressionante, è un viaggio suggestivo e straniante, estremamente consapevole dei suoi mezzi e in grado di comunicare ciò che non si può esprimere a parole.
Il viaggio del singolo che diventa viaggio di un’intera famiglia e relativa eredità che i genitori devono lasciare ai figli, magari una terra promessa, un pianeta in pace e armonia con il prossimo. Non perfetto e in sede di scrittura si porta dietro alcuni difetti dal capitolo genitore, ma rimane un’esperienza visiva a tutto tondo, capace di spingere i nostri sensi oltre il limite conosciuto.
È grazie a film di questo calibro e registi come James Cameron che il Cinema non morirà mai.
Voto: 9
Max Borg
Nel 2009, Avatar era uno spettacolo senza precedenti. Tredici anni dopo, tra il successo fenomenale del capostipite e la successiva caduta in disgrazia dell’effetto tridimensionale al cinema, sarebbe facile cedere a qualche forma di cinismo andando a vedere il sequel, ma dinanzi all’ambizione di James Cameron non si può rimanere indifferenti: il secondo capitolo delle avventure dei Na’vi è una nuova rivoluzione tecnologica (per l’uso subacqueo della performance capture) al servizio di una classica storia di vendetta e famiglia, dove la qualità immersiva del 3D compensa un canovaccio poco originale trasportandoci in un mondo che, per quanto parzialmente riconoscibile, non abbiamo mai visto prima.
Voto: 9
Martina Barone
Mettere sullo stesso piano Avatar e Avatar: La via dell’acqua non è uno svantaggio per nessuna delle due pellicole. L’accoglienza con cui James Cameron introduce nuovamente il pubblico sul pianeta di Pandora è la stessa di un Cicerone che fa fare un altro giro ai suoi ospiti dopo i lunghi anni che sono passati dall’ultima visione, così per rinfrescare la memoria di quel posto incantevole, organico, sostenuto da cardini narrativi universali. È l’idea di un visionario che ha in mente un piano già scritto, un’epopea più grande. Quella che un domani ci attende, mentre la meraviglia è già qui.
Voto: 8
Federica Cremonini
Avatar. Tutto è stato detto nell’impresa di affossarne l’importanza, dai raffronti con Pocahontas al confronto con Balla coi lupi, in difesa dell’originalità narrativa come valore assoluto di un’opera. Dimenticando che chiamare in giudizio quelle due storie equivale ad approvare l’entrata di Avatar nel corpus dei miti sull’identità etnica americana, fare di Neytiri la contemporanea Pocahontas e di Jake Sully il nuovo Dunbar. Questo sequel sfrutta la sfera di Pandora che ancora non aveva scandagliato, quella dell’acqua, ed espande il proprio universo a partire dai personaggi, i quali viaggi eroici si lambiscono a vicenda e s’intersecano contro l’eterna minaccia. James Cameron restituisce al suo habitat naturale la sua idea di spiritualità, femminile come la Grande Madre e corporea come la terra, e ci concede un’altra epopea cinematografica possente e spettacolare.
Voto: 8
Carlotta Deiana
Il ritorno a Pandora è emozionante e spettacolare tanto quanto quel primo viaggio, avvenuto ormai ben 13 anni anni fa. James Cameron supera le aspettative con un sequel visivamente incredibile e rinnovato nelle tematiche: il cuore di Avatar: La via dell’acqua è ora la famiglia che il nostro protagonista Jake Sully si è costruito, e che è disposto a tutto per difendere dal ritorno della “Gente del Cielo”. Cameron ci porta inoltre alla scoperta di nuove regioni e tribù, e insieme a lui ci immergiamo nella magia di un mondo acquatico, in cui la connessione tra i Na’vi e le creature che popolano Pandora è ancora più viscerale e profonda. Un’avventura trascinante e immaginifica, di quelle che sul grande schermo non vedevamo da tempo.
Voto: 9
Maurizio Ermisino
Avatar: La via dell’acqua è oggi il modo più alto con il quale la tecnologia può diventare arte e grande intrattenimento. La tecnologia, la performance capture, è anche libertà assoluta di essere chi si vuole. Così una creatura digitale può diventare davvero come la si immagina e, allo stesso tempo, avere nell’anima un attore umano, espressivo, a interpretarla. Nel personaggio di Kiri la performance capture permette a Sigourney Weaver di diventare così un’adolescente curiosa, stupita, emozionata ed emozionante. È forse il miglior personaggio “virtuale” mai creato. James Cameron oggi è l’avanguardia della tecnologia, ma il suo è anche un cinema antico, inteso nel senso più nobile del termine. Quel cinema che era stupore, senso della meraviglia, spirito di avventura, evasione in altri mondi. Ne sono rimasti pochi, oggi, di creatori di mondi, e James Cameron è uno di questi.
Voto: 9
Simone Fabriziani
Con Avatar: La via dell’acqua James Cameron firma il suo film più rischioso vincendo la scommessa a mani basse. Il regista mette in scena un dramma familiare inaspettato incentrato sul rapporto genitori/figli, sul senso dell’eredità, sul valore della vita e della morte. Un impianto visivo maestoso, che riporta la magia insostituibile della grande sala in tutta la sua potenza grazie ad una fiaba ecologista genuina ed efficace. Cameron è tornato e non ci sembra vero di essere tornati su Pandora con un sequel che supera ampiamente le promesse del campione di incassi di tredici anni fa. Un miracolo cinematografico.
Voto: 8
Marzia Gandolfi
Avatar 2 ci riporta all’infanzia, alla spettacolare inesperienza dello sguardo e del corpo. Riapprendiamo a nuotare e sprofondiamo negli occhi digitali di Moby Dick, che rendono insostenibile la caccia alla balena.
Voto: 10
Claudio Gargano
Con Avatar 2 Cameron ritrova l’elemento che gli è più congeniale, l’acqua, tramite la quale Kiri, figlia adottiva di Jake e Neytiri, si connette a Eywa, la Grande Madre, ascoltandone il potente battito. Così noi spettatori non possiamo fare altro che metterci in ascolto del poderoso battito del grande cinema di Cameron, dispiegato in tutta la sua energica possanza tecnica, ma dotato come sempre di cuore, emozioni e anima. Il mondo di Pandora si espande e così la visione teleologica di Cameron che, siamo sicuri, nei prossimi capitoli proseguirà in una rara sintesi tra scienza, religione e filosofia panteistica. Nel frattempo godiamoci questo impareggiabile spettacolo, in cui si mescolano in una perfetta alchimia il western, l’avventura, il dramma familiare, il survival, il war-movie e la fantascienza, come solo un grande cineasta riesce a fare, riportandoci ai tempi in cui la sala cinematografica era ancora l’unica incubatrice dei nostri sogni più sfrenati.
Voto: 8.5
Valentina Gessaroli
James e l’acqua. Quante volte, dopo la visione di uno dei suoi film, siamo usciti dai cinema bagnati fradici, con i capelli gocciolanti, gli occhi rossi ed i polmoni affaticati, come dopo una grandiosa nuotata in mare aperto. Per James “immersività” non è solo una parola, ma una missione. A lui non importa di raccontare una storia, ma di farti venire le mani grinze. E anche questa volta ci riesce, anneghiamo in un mondo che lui non ha creato per noi, ma per compiacere la sua voglia di essere creatore. Nelle sue mani da Dio onnipotente anche noi diveniamo degli Avatar per poterci sentire dentro Pandora, possiamo toccare e respirare il suo spazio ed il suo tempo, anche grazie ad un 3D che finalmente diventa maturo, un mezzo per valorizzare e non per dimezzare. Avatar 2 non è un racconto da ascoltare, ma un mondo da esplorare, ancora una volta. Rendiamo grazie a James.
Voto: 8.5
Giacomo Giaquinto
Come si misura un capolavoro?
A volte le parole sono sterili, silenziose, inutili. Bisognerebbe lasciar parlare le immagini, la visione e concederci il lusso di meravigliarci attraverso un unico senso: la vista. Spesso beffarda come le visioni, ingannevole come per Orfeo; e altre salvifica come l’acqua o, meglio, come “Avatar: la via dell’acqua”. L’acqua scorre, riempie i vuoti di trama, affonda e si rinnova tra i Na’vi, scivola attraverso le sapienti mani di Cameron e giunge a noi come ghiaccio in cui specchiarci nelle tre ore e dieci del film, per ricordarci che 13 anni sono un tempo assai adeguato per chi cercava e cerca ancora una speranza sul grande schermo.
Come si misura un capolavoro?
Forse con lo sguardo e le bocche aperte degli spettatori o forse ricordandoci che il cinema non è solo intrecci e intrighi ma anche, e soprattutto, immagini.
Forse in litri… litri di acqua che scorre.
Voto: 8.5
Gabriella Giliberti
Dopo 13 anni, quando credi che nulla possa più sorprenderti, Avatar: La Via dell’Acqua è una vera e propria immersione nella grande potenza e magia del cinema. Sconfinata. Illimitata. Un cinema fatto di emozioni adrenaliniche, come quelle di una giostra, ma anche di sentimenti, di storie che si intrecciano, legami che si creano e si sfaldano. Un cinema di azione, reazione e conseguenza dove si rimane incantati come dei bambini dagli occhi spalancati. Meravigliati dalla potenza delle immagini e di personaggi che rombano talmente tanto forte da poterli sentire respirare accanto al tuo viso.
Avatar: La Via dell’Acqua è una delle vie che il cinema dovrebbe seguire. Un film che va alla scoperta dell’empatia, prova a far riflettere sui rapporti fisici e spirituali tra l’uomo e la natura, ci riporta indietro nel tempo, accanto ai nostri antenati, ma raccontando una storia di padri e di figli, di mentori ed allievi, di riscatto, emancipazione e vendetta. Una storia ruggente di ribellione, fratellanza e vita, ma anche morte.
Un’esperienza visiva incredibile difficile da descrivere solo con le parole ma che arriva alla sua massima espressione proprio attraverso la sapiente commistione di immagine e racconto, per uno spettacolo che avresti voglia di guardare senza fine.
Voto: 8.5
Giuseppe Grossi
Paradosso su Pandora: la cosa più scontata è proprio la meraviglia.
Quella che tutti ci aspettavamo, ma immaginabile solo guardandola con un sorriso ebete che forse avevamo dimenticato. Succede con un 3D che non ti butta addosso oggetti, corpi e vegetazione, ma fa esattamente il contrario: accoglie e ingloba con un’esperienza visiva sublime. Fatta di luci e riflessi, volti espressivi, pelle porosa e creature di cui senti ogni respiro. Pura e grandiosa estasi.
Quella che puoi provare solo e soltanto al cinema. L’unico posto dove puoi essere davvero come Jake: altrove. Alieno in un mondo alieno. Eppure mai così familiare.
Perché questo secondo Avatar è una delle più grandi e profonde riflessioni sullo stare e sul mettere al mondo viste nel cinema pop.
Un film dove è più importante imparare che insegnare. Sentire più che vedere. Ecco l’altra rivoluzione. Perché Avatar ha ancora fiducia nel futuro, e di questi tempi è come prendere aria anche in apnea.
Voto: 9
Michele Innocenti
A James Cameron bastano poche inquadrature panoramiche per riportare il suo pubblico su Pandora dopo ben tredici anni di attesa. Questi primi secondi che aprono Avatar – La Via dell’Acqua sono gli unici in cui lo spettatore può tirare il fiato, perché a seguire lo attendono più di tre ore di pura, travolgente bellezza cinematografica: Cameron non riesce soltanto a rivoluzionare ancora una volta il Cinema grazie agli effetti visivi (strabilianti), ma torna a ricordarci quanto la sua narrazione essenziale (ma mai banale) sia in grado di veicolare emozioni e sentimenti in grado di toccare virtualmente tutto il suo pubblico. Ancora una volta, Avatar è Cinema puro, uno spettacolo che fa spalancare gli occhi ma che non si dimentica di raccontare una storia in grado di scaldare i cuori. Anche in questo sta la rivoluzione (l’ennesima) di uno dei più grandi registi viventi.
Voto: 9
Giacomo Lenzi
Non eravamo pronti a questo Avatar: La via dell’acqua, da nessun punto di vista. Il film può stupire in positivo o in negativo a livello narrativo, dove rappresenta più una seconda parte che un vero e proprio sequel. Un nuovo punto d’inizio non solo del franchise ma per lo stesso regista che, senza nascondersi, inserisce riferimenti sparsi a suoi lavori precedenti: l’ovvia ossessione per l’acqua e i fondali presente in The Abyss e Titanic ma anche un’evoluzione dei personaggi simile a quella vista nei due Terminator. Dove invece lo stupore diventa meraviglia è sul piano sensoriale. Solo Cameron sa spingere la frontiera tecnica unita a quella del linguaggio filmico in questo modo, trasformando il cinema in magia. Il fatto che lo faccia con un’ode all’empatia, la più grande e mal sfruttata delle capacità umane, è da lacrime e applausi. Le stesse con cui è giusto accompagnare i titoli di coda.
Voto: 9
Luca Liguori
Avatar: La via dell’acqua è un sequel tanto spettacolare e perfetto da un punto di vista tecnico, quanto narrativamente e tematicamente coerente con quello che era il suo predecessore. James Cameron va dritto per la sua strada e punta tutto sulla magia del cinema e sulle emozioni uniche che è in grado di suscitare. Perché non puoi avere paura dello streaming e del cinema da casa, quando quello che ti interessa davvero è solo portare lo spettatore lontano anni luce dalla Terra. Un’esperienza unica e indimenticabile. Di quelle che ci fanno amare la sala cinematografica e ci ricordano continuamente del perché non possiamo farne a meno.
Voto: 8.5
Stefano Lo Verme
In primo piano, una parabola sui legami familiari e sulla crescita come affermazione della propria identità; in una prospettiva più ampia, la strenua lotta per la sopravvivenza da parte di un mondo minacciato dall’avidità umana, nel nome di una presunta superiorità e di una spregiudicata attitudine allo sfruttamento. La fantascienza, per James Cameron, si conferma un veicolo per raccontare qualcosa su noi stessi, sulla nostra civiltà, sugli imperialismi di ieri e di oggi; ma Avatar: La via dell’acqua è anche e soprattutto un’appassionata apologia del cinema come evento di massa e suprema forma di spettacolo, in cui i progressi della tecnica e lo stupefacente apparato visivo si mantengono al servizio della storia e del coinvolgimento dello spettatore.
Voto: 8
Matteo Maino
“La via dell’acqua connette tutte le cose” dicono all’interno del film, e così è davvero. Visionarietà, empatia, trasporto, schermo e pubblico: tutto si lega in totale fluidità. Il risultato è uno spettacolo che definisce il concetto di esperienza cinematografica, che ti insegna a respirare sott’acqua ma non può fare a meno che farti sentire in apnea. James Cameron regala il suo film più maturo, senza rinnegare la propria personalità ed espandendo il mondo di Pandora, concentrandosi sui personaggi e affrontando tematiche contemporanee, complesse all’interno di una trama a portata di tutti. Perché semplice non vuol dire banale. E questi densissimi e rapidissimi 192 minuti ci regalano, dal punto di vista visivo, uno stupore che non abbandoneremo facilmente.
Voto: 9
Mario Mancuso
Con Avatar – la via dell’acqua, James Cameron non solo fa risorgere il 3D, ma fa capire veramente il significato della parola immersione associata al mondo del cinema. La via dell’acqua è un manifesto avanguardistico del cinema di oggi e forse anche di domani. Un’immagine che incanta al servizio di un racconto senza tempo che mette la famiglia e le sue relazioni al centro, permettendo di sentirci più vicini che mai ai Na’Vi e a Pandora. I see you in questo caso vale doppio.
Voto: 8.5
Erika Pomella
Negli anni Settanta André Bazin si domandava cosa fosse il cinema. Nel 2022 James Cameron sembra rispondere a questa domanda portando in sala Avatar: La via dell’acqua, che non è solo un film, ma una vera e propria opera d’arte. Il ritorno su Pandora è un viaggio dentro gli strati di una narrazione che rapisce e coinvolge, uno spettacolo per gli occhi che permette alle oltre tre ore di durata di filare via come il proverbiale bicchiere d’acqua. Magia e intrattenimento allo stato puro, da gustare possibilmente in sala, per ricordarsi che il cinema non deve essere sempre un saggio o un mettersi in mostra. A volte il cinema deve essere solo un meraviglioso sogno ad occhi aperti. E James Cameron lo sa.
Voto: 9
Leonardo Rinella
James Cameron ci fa toccare con mano un’esperienza narrativa quasi senza eguali. Perché se il focus di ogni narrazione ed i momenti di maggior intrattenimento dovrebbero essere i conflitti, in questo caso è proprio dove il conflitto non sussiste a toccare gli apici dell’intensità emotiva: momenti in cui si respira un’atmosfera di calma famigliare e di meraviglia verso un mondo ancora inesplorato e coloro che lo abitano. Cameron ha dimostrato che l’universo narrativo di Pandora è una pletora potenzialmente infinita di storie, in cui ogni angolo – dall’abisso più profondo fino alla cima delle montagne fluttuanti – è pronto ad essere scoperto ed esplorato tanto da noi spettatori quanto dai protagonisti. Questa pellicola ha una storia di ampio respiro, benché la sensazione di un’opera ancora aperta permanga anche dopo i titoli di coda. La sfida ora è capire come si possa far meglio di così, come si possa trasmettere al pubblico una sensazione di meraviglia più intensa di questa.
Voto:9.5
Claudio Scaccabarozzi
Chi vi scrive ha visto Avatar il 13 dicembre e il giorno dopo La via dell’acqua. Tenutosi lontano per snobismo giovanile, per tenere il punto, perché una volta pensava che l’originalità fosse irrinunciabile per convincerlo a definire qualcosa bello. Avatar non è originale, no, e nemmeno particolarmente sorprendente, ma certamente è potente. E tanto basta. La via dell’acqua è anche più potente del suo predecessore, visivamente e in termini di immaginario. Non era facile farci spalancare gli occhi ancor più che all’arrivo su Pandora, ma James Cameron utilizza l’ambiente marino e la sua ricchezza immergendoci davvero in un universo fluido, che risveglia nello spettatore una fortissima sensazione di nostalgia per un mondo puramente vitale, incontaminato. Talmente coinvolgente da farci dimenticare anche un quarto d’ora di troppo di puntata di Quark su Pandora e la parabola di certi personaggi telefonata con larghissimo anticipo. Chapeau.
Voto: 8
Alessia Starace
Di come l’amore ci fa uscire da noi stessi e dalla nostra breve esistenza, perché ci precede e resta quando ce ne siamo andati. Di come è ciò che amiamo e proteggiamo a salvarci. I figli, la bellezza, il pianeta, il futuro. James Cameron ce lo racconta con un’altra avventura indimenticabile, in cui alla complessità tecnica e all’incredibile fascinazione visiva corrisponde un’anima antica e implacabile come il mare, rivelatrice e universale come il mito.
La bellezza di Avatar – l’originale e questo sequel che lo supera per potenza e dinamismo – è come quella di Neytiri, ferina e ipnotica e allo stesso tempo piena di gioia e mistero. Impossibile non ammirarla.
Voto: 9
Federico Vascotto
James Cameron a livello di trama sembra essere rimasto 20 anni indietro. Mentre a livello tecnico è proiettato 20 anni nel futuro in modi e mondi che noi comuni mortali nemmeno possiamo immaginare. Ma Avatar non si vede per la trama e va bene così.
Voto: 8.5
Alessio Zuccari
Avatar, nel 2009, ci ha detto tante di quelle cose che è impossibile riassumerle in poche parole: che il futuro del cinema passa dalla sala come centro esperenziale; che il blockbuster è l’unica forma cinematografica capace di intercettare le esigenze del presente e di coniugarle nella comunicazione con il grande pubblico; che il digitale mostra con paradossale insistenza l’inadeguatezza di un’umanità che così com’è è destinata al declino. Avatar – La via dell’acqua rinfranca in ogni loro aspetto questi discorsi, fa quasi copia carbone del pattern narrativo (che scontenterà chi rimase scontento ai tempi), guarda in faccia un tema dell’oggi, quello dell’identità e del senso di appartenenza, e spinge in avanti di altri dieci anni il progresso tecnologico. Un’opera totale che sfrutta il 3D per portare dentro, non per lanciare fuori, che cerca sempre la condivisione per raccontare una realtà altra dalla strabiliante bellezza.
Voto: 8.5