I Piccoli Brividi sono la lettura comfort di una precisa generazione, cresciuta a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila, che ha visto nascere una collana di racconti spaventosi e umoristici firmati da R.L. Stine che, da allora, è rimasto nell’immaginario comune come il padre delle storie creepy da scaffale. In questo articolo tratteremo la genesi del fenomeno letterario, le motivazioni del successo e perché, ancora oggi, possono essere considerate letture valide da recuperare.
Piccoli Brividi: figli del loro tempo
I Piccoli Brividi hanno impresso nelle giovani menti il nome di R.L. Stine, il più prolifico autore di horror per ragazzi secondo il Guinness World Record.
Robert Lawrence Stine nasce l’8 ottobre del 1943 a Columbus, in Ohio, si laurea nel 1965 alla Ohio State University dopo aver lavorato per tre anni alla rivista umoristica del campus, Sundial. Da qui vediamo la sua spiccata predilezione per il comico, vena che è arrivata a contaminare anche lavori successivi come Bananas (una rivista scherzosa per ragazzi), le decine di libri scritti sotto lo pseudonimo di Jovial Bob Stine e lo stile della collana dei Piccoli Brividi. Quest’ultima avventura letteraria conta più di 200 volumi tra serie principali e spin-off, diventando una delle serie per bambini più venduta al mondo.
Che non fu fortunata sin da subito, anzi. I primi quattro mesi sembravano confermare i dubbi dell’autore sul progetto. Ma – fortunatamente – i Piccoli Brividi sono figli del loro tempo, un’epoca meno frenetica rispetto alla nostra, che ha concesso la tempistica necessaria affinché il passaparola tra lettori diventasse il vero carburante del loro successo commerciale. I bambini li leggevano e li amavano perché li divertivano, facendo venire loro i brividi senza mai davvero spaventarli. Ed è questo preciso equilibrio narrativo che ha permesso alla serie di diventare una pietra miliare della letteratura, lo stesso che le garantisce di avere vita ancora oggi grazie alle numerose ristampe.
Brividi e pelle d’oca
Il titolo originale della serie era Goosebumps, letteralmente ‘pelle d’oca’ e rendeva perfettamente l’idea del contenuto nelle pagine; in italiano però non risultava egualmente accattivante e si è deciso di optare per quei ‘brividini’ che scendono lungo la schiena quando si legge una storia spaventosa, perdendo così il riferimento al tipo di paura che anima la serie: minima, abbastanza da colpire, non sufficiente a lasciare il segno. Infatti Stine punta al presente, al momento stesso in cui si legge, cercando di rendere il tutto più piacevole e intrattenente possibile, senza avere l’ambizione di scrivere chissà quale storia. Una narrativa efficace, di poche pretese, che accompagna il lettore nel momento in cui si immerge nella storia, facendo avvicinare migliaia di ragazzi alla lettura in modo spontaneo e piacevole.
Anatomia di un successo da urlo
Quali sono stati i fattori che hanno contribuito al successo delle storie di Stine? Come abbiamo anticipato prima, un ruolo fondamentale è stato quello del periodo storico, una società con molto più tempo: i libri avevano orizzonti di valutazione più lunghi per stabilire flop e successi, i lettori avevano più tempo da impiegare nell’intrattenimento e minor offerta sugli scaffali (o nella vita) che competeva attivamente alla loro attenzione. Le scelte narrative di questa saga sono state calcolate in maniera estremamente intelligente: storie semplici, curiose, che possono essere sintetizzate in una frase, che danno al lettore esattamente quello che promettono: la pelle d’oca. Le situazioni tipiche dei romanzi dei Piccoli Brividi sono spesso a metà tra il comico e il creepy, incuriosiscono con delle premesse strampalate, lo accompagnano in un crescendo di tensione, e lo sorprendono con una serie di colpi di scena, spesso piuttosto grotteschi, che chiudono in bellezza una storia turning-pages.
I bambini e i ragazzi hanno amato i testi, tanto da consigliarli agli amici e farli diventare un fenomeno giovanile, scambiandoseli e accrescendo il senso di comunità. Tutti conoscevano i Piccoli Brividi, tutti ne avevano qualcuno in casa e i genitori non si preoccupavano di queste storie perché sapevano che erano ‘sicure’. Stine inoltre arrivò a scriverne due in un mese mantenendo un’ottima frequenza di uscita e garantendo non solo la varietà, ma anche la possibilità di rivedere più volte figure iconiche come Il Pupazzo Parlante o il Barattolo Mostruoso.
Un Frankentein di pezzi perfetti
Abbiamo già trattato del contenuto dei testi, una successione organica e coerente di storie fatte con lo stampino, che andavano incontro alle fantasie e alle necessità del giovane pubblico, ma non meno importante era l’aspetto visivo. Le illustrazioni di Tim Jacobus erano pensate per dare un’idea precisa del contenuto del testo senza però correre il rischio di svelare troppi dettagli; a livello visivo erano colorate, in uno stile a metà tra l’illustrazione per bambini e il disegno horror vecchio stile. Aiutava sicuramente il fatto che, tutte queste narrazioni, partivano da figure storiche delle storie di paura, spauracchi che i bambini conoscevano e di cui erano attratti e che, già nella copertina del libro, iniziavano a promettere qualcosa di molto preciso, avvincente ma non spaventoso. E sulla stessa linea anche i titoli erano pensati per riassumere la storia in poche parole, quelle più efficaci, non solo per descriverne il contenuto ma anche per permettere di avere un primo incontro con l’orrore del testo, il mostro magno che i bambini avrebbero affrontato insieme ai protagonisti. Brevi, efficaci, dritti al punto.
Non sottovalutiamo nemmeno gli extra: se si compra un volume dei Piccoli Brividi di seconda mano (cosa che vi consigliamo perchè ora trovate le edizioni vecchie a pochissimi euro nei siti di libri usati, quelle che possiamo considerare le vere edizioni, che noi anziani puristi ricordiamo nella nostra infanzia) bisogna sempre andare a controllare, alla fine, se ci sono ancora gli adesivi. Li si attaccava ovunque, dai quaderni ai mobili, dai diari ai lampioni. Ancora adesso, in giro per le città, se andate in posti dove le persone attaccano impunemente sticker ne troverete uno. Successivamente alcune edizioni più corpose che raggruppavano più volumi, come quelli delle saghe, contenevano piccoli gadget e addirittura meccanismi di luci o di suoni.
Stine non ha mai sottovalutato i bambini
Esiste una folta categoria di adulti che pensa che scrivere per l’infanzia sia più semplice, gli stessi probabilmente che non si rendono conto che banalizzare e semplificare non sono sinonimi. Stine invece aveva capito benissimo che i bambini sono lettori e clienti piuttosto esigenti, che vogliono storie confezionate appositamente per loro e non minestre allungate per farle mandar giù a chiunque capiti per la tavola. Questo è l’elemento che ha decretato la sua fortuna: ha capito cosa volevano i giovani, glielo ha fornito esattamente come avrebbe fatto per gli adulti, non sottovalutando le loro capacità intellettive, ma offrendogli sempre un modo naturale ed efficace per stare al passo con la storia. Stine scrive libri per ragazzi talmente buoni che un adulto può non apprezzarne lo stilema compositivo ma non può non riconoscere il valore che hanno per una fascia di sognatori in crescita. Si è seduto per terra a gambe incrociate accendendo una lanterna da campeggio e ha lasciato i panni dello scrittore impegnato e distante per poter assumere quello di narratore familiare. Per questo, crescendo, i bambini non lo hanno dimenticato.
Se li stampano ancora, un motivo ci sarà
Ancora oggi i Piccoli Brividi sono presenti nelle librerie, ancora oggi c’è la caccia su Ebay per le aste con i lotti più ricchi. Un motivo ci sarà. Perché sono una saga valida per il suo target che, grazie all’effetto nostalgia, non è indifferente neanche agli adulti. Non fatevi ingannare dalle nuove vesti, che si aggiornano per stare al passo con il mercato editoriale e l’immaginario dei nuovi piccoli lettori: le storie sono ancora valide, hanno solo guadagnato una patina di vintage che non guasta quando si parla di racconti di paura. Per questo si cambiano le copertine, per tentare di replicare la dinamica fortunata che ha permesso a questa collana di essere il pilastro portante della lettura dei giovani affamati di storie dell’orrore. Ci sentiamo di consigliarli, ai genitori che cercano letture adatte ai figli, agli insegnanti che hanno studenti che sostengono che non gli piaccia leggere, ai bambini e ragazzi che non hanno ancora trovato l’amico di carta che farà loro apprezzare la lettura.
Leggete i Piccoli Brividi e ve li ricorderete anche da grandi, non perché fanno paura, ma perché fanno al caso vostro.