La prima stagione di House of the Dragon si è appena conclusa, ma le ostilità tra Targaryen e Hightower per la conquista del sempre sfuggente Trono di Spade sono solo all’inizio. Non si può dire lo stesso della nuova serie HBO, perché ha già ampiamente conquistato i fan di Game of Thrones anche senza l’ausilio di quei personaggi storici che per otto stagioni hanno fatto il successo della serie. Proprio per questo la sfida principale di House of the Dragon era quella di ricreare le stesse atmosfere della tanto amata serie madre, seppur abbastanza diverse da farci capire a prima vista che gli eventi narrati si svolgono ben duecento anni prima. A compiere l’impresa è stato lo scenografo britannico Jim Clay (il cui curriculum include i set di Belfast, Assassinio sull’Orient Express e I figli degli Uomini tra molti altri), che per evidenziare questa distanza temporale ha scelto di inspirarsi sia al mondo romano antico che al Medioevo europeo, soprattutto quello spagnolo e francese. Così, dalle sale reali di Approdo del Re a Driftmark, vediamo alcuni dettagli di House of the Dragon che forse non avete notato e su come lo scenografo, Jim Clay, tra arte e scenografia, sia riuscito a dare forma ad un mondo di fantasia così simile al nostro.
Da Roma ad Approdo del Re: il ninfeo di Livia
La Fortezza Rossa è stata la prima ad essere progettata. Non solo la casa della famiglia reale, essa è anche la corte e la camera del consiglio, un grande set composito in cui le persone possono osservare gli altri lungo i bordi senza essere viste. Un po’ come Otto Hightower, il Primo Cavaliere sempre a caccia con gli occhi. Anche se il periodo storico comunemente associato al racconto di George R.R. Martin è il Medioevo, in diverse aree dell’edificio possiamo notare dei chiari riferimenti al mondo dell’antica Roma: nel cortile interno, per esempio, un occhio acuto potrebbe intravedere sotto gli archi alcune pitture come quelle della villa di Livia, moglie dell’imperatore Cesare Augusto e il cui ninfeo era decorato con alberi carichi di frutta, cespugli in fiore, uccelli che volano fra i rami mossi dal vento mentre altri cinguettano posati sulle fronde.
Il più antico esempio di pittura continua di un giardino, testimone dell’importanza che assunsero nelle ville e nelle domus della età tardo-repubblicana ed augustea con un significato spesso simbolico: la floridezza della natura e il suo essere sempre verde era allusione alla prosperità dell’Impero e al contempo celebrava l’eternità della stirpe di Augusto. Insomma, un felice parallelismo con la famiglia Targaryen e alla floridezza del loro lignaggio.
Per chi volesse entrare dal vivo nella scena, è possibile vedere gli affreschi del giardino di Livia nel Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo. I giardini esterni invece, quelli apparsi per la prima volta nel secondo episodio, sono quelli di Santa Clotilde a Lloret de Mar, in Catalogna.
L’arte erotica di Pompei nella Fortezza Rossa
Contrariamente a quelle in giardino, non è necessario un occhio clinico per notare le decorazioni murali che sono disseminate in tutta la fortezza, in particolar modo nelle camere della Regina e del Re. Essendo quello un castello di pietra, piuttosto che coprire le pareti con tendaggi che avrebbero rischiato di creare un effetto vittoriano o fin troppo prossimo agli eventi di Game of Thrones, Jim Clay ha preferito ricorrere a quelle decorazioni parietali a tema orgiastico e pornografico tipiche dell’arte romana, che agli occhi dei personaggi passano inosservate per tutto il tempo. Una cosa da tutti i giorni, esattamente come accadeva nell’antica Pompei. Possiamo vedere esemplari simili nei pressi dei siti archeologici e nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), in cui è conservato il curioso Gabinetto Segreto che tanto ricorda la stanza privata di Re Viserys (Paddy Considine) per le sue decorazioni.
L’arte erotica dei Targaryen, ovviamente, è del tutto conforme a una dinastia fortemente legata al sangue e all’importanza di generare eredi. Lo stesso Viserys è preoccupato di dar vita ad un erede maschio per rafforzare il suo lignaggio, tramandando la stessa preoccupazione alla figlia Rhaenyra (Emma D’Arcy). Assume un senso quindi tappezzare casa sua di immagini in lode all’accoppiamento e alla fecondità, anche come forma di autocelebrazione del sangue Targaryen. È inoltre curioso notare come alcune di queste rappresentazioni sembrino raffigurare persino draghi e uomini con la testa di drago, consolidando l’importanza di questi animali mitici per la dinastia.
Anche questa non è una cosa nuova: le sculture greche e romane di Pan mostravano spesso il dio mentre si accoppiava con le capre, oppure di Zeus che sotto forma di un cigno attacca e seduce Leda. Le immagini non proprio PG (questa è la HBO, dopotutto) sono poi indicazioni dell’umore a corte, che inizia come gioviale e diminuisce bruscamente con l’avanzare dello spettacolo. La loro successiva rimozione indica un cambiamento nei costumi sociali guidati dalla regina Alicent (Olivia Cooke), che acquisisce sempre più potere rimuovendo quelle decorazioni dalle sue stanze mentre la Fortezza Rossa diventa sempre più austera.
Il Brutalismo di Roccia del Drago
Nonostante la serie sia ad alto budget (ogni episodio è costato poco meno di 20 milioni di dollari) le scelte migliori iniziano sempre con scarabocchi in un vecchio album da disegno. Jim Clay ne porta sempre uno con sé, che sia fuori per cena, per un drink al pub o in vacanze da qualche parte. Lo portava con sé anche quando in Francia visitò Saint Jean, una delle chiese sotterranee più grandi del mondo che si trova nel villaggio di Aubeterre-sur-Dronne. Dopo averla vista Clay ne rimase impressionato e iniziò a disegnarla sul suo album per poi rispolverare quei bozzetti durante i lavori per Roccia del Drago, per la quale Miguel Sapochnik (regista e co-showrunner con Ryan Condal) voleva influenze brutaliste. La fortezza che vediamo risponde pienamente a queste caratteristiche, basandosi sul concetto di un’architettura senza fronzoli, molto diretta e che mette al primo posto la funzione dell’edificio privilegiandola rispetto all’estetica.
Ovviamente il Brutalismo è uno stile architettonico relativamente recente, ed essendo una fortezza antica scavata nella pietra, quella di Roccia del Drago è una struttura molto più materica e che ricorda la chiesa sotterranea francese che Clay aveva disegnato sul suo album. Anche se alla fine quei bozzetti passeranno inevitabilmente per il filtro digitale e la Stagecraft, in un mondo in cui designer di ogni genere danno la priorità ai metodi di creazione digitale rispetto all’analogico, l’approccio carta e penna di Clay ci sembra quasi una boccata d’aria fresca.
Driftmark e il relitto dell’Incredibile
La fortezza sul mare di Driftmark non era presente in Game of Thrones, quindi Clay ha potuto creare più liberamente una location che fosse il riflesso di Lord Corlys Velaryon (Steve Toussaint), il Serpente di mare dalle numerose conquiste oceaniche. Nel corso della serie Corlys fa spesso leva sulle sue radici Velaryane e sulla linea di sangue di sua moglie Rhaenys Targaryen (Eve Best), la regina che non fu. Un uomo orgoglioso che ha creato il suo regno, il suo personale trono di legno in una sala sontuosa, con alti soffitti e grandi finestre come quelli del castello di St Michael’s Mount in Cornovaglia. In questa stanza possiamo vedere i suoi tesori di guerra, tra cui sculture cosparse di conchiglie e coralli quasi come fossero una citazione alle opere di Damien Hirst e i suoi Tesori del Relitto dell’Incredibile. Nel 2017 l’artista ha organizzato una mostra con i tesori rinvenuti dal relitto di una nave naufragata nel largo della costa orientale dell’Africa: era la nave di Cif Amotan II, un liberto di Antiochia vissuto tra la metà del I e l’inizio del II secolo d. C. che accumulò un’immensa fortuna con l’intento di dar vita alla più sontuosa collezione di oggetti provenienti da tutto il mondo.
Quando i suoi leggendari tesori furono caricati sulla gigantesca nave Apistos (l’Incredibile) per essere trasportati in un tempio, l’imbarcazione affondò e consegnò il tesoro alla sfera del mito, generando così infinite varianti di questa storia d’ambizione, splendore, avarizia e hybris. Ebbene, duemila anni dopo Hirst li ha riportati alla luce con una mostra intitolata Treasures from the Wreck of the Unbelievable (Tesori del relitto dell’Incredibile). Le opere esibite erano centinaia, molte delle quali ancora ricoperte di coralli e altre concrezioni marine. Alcune erano minute ed estremamente preziose, altre imponenti e invadevano prepotentemente gli spazi. A poco a poco, però, lo spettatore si accorse dell’inganno: scoprì che il colosso in bronzo in realtà è realizzato in resina, che i gioielli d’oro erano di alluminio e poliestere, che i busti ricoperti da coralli rappresentavano topolino o gli orchi de Il Signore degli Anelli. A poco a poco, scoprì che la mostra era un’opera di fantasia e che lo stesso Cif Amotan II in realtà è l’anagramma di “I am finction”.
È questa l’atmosfera che ci regala House of the Dragon in tre secondi, forse ad anticiparci che quella rappresentata dall’HBO sarà un’altra storia di ambizione, splendore, avarizia e sì, anche di hybris.