Ci sono titoli meravigliosi, veri e propri capolavori, rimasti nel cuore di milioni di giocatori ma sempre all’interno della cornice del mondo videoludico. Poi ci sono giochi, altrettanto belli, che quella cornice l’hanno sfondata entrando nelle case di tutti: giocatori hardcore, casual gamer, cinefili con un occhio puntato al mondo del videogioco. Nomi che riecheggiano nella memoria collettiva di varie generazioni e fatto le fortune di console. Nomi come Uncharted e Nathan Drake.
In occasione dell’uscita della Raccolta L’eredità dei ladri, ovvero la prima volta di Nate su PC, buttiamoci in quell’avventura che rappresenta la storia di Uncharted, del franchise e del suo protagonista.
Naughty Dog, la ricerca di’identità e Uncharted: Drake’s Fortune
Tra gli anni ’90 e i primi 2000 il mondo aveva riscoperto un grande desiderio di misteri e avventura. È il periodo di saghe come La Mummia, Pirati dei Caraibi, National Treasure; del ritorno di Indiana Jones in uno sfortunato quarto capitolo e del King Kong di Peter Jackson; di un enorme caso editoriale come Dan Brown con i relativi adattamenti cinematografici. In questa bolla di mercato cerca di inserirsi anche il mondo del videogioco che già aveva contribuito a crearla e lanciarla con tutto il franchise di Tomb Raider. Nello stesso periodo un’importante software house stava vivendo un forte periodo di cambiamento. Naughty Dog, dopo gli enormi successi di saghe come Crash e Jak and Daxter, aveva intuito l’evoluzione del mercato e della sensibilità dei videogiocatori, in particolare buttando un occhio al successo del primo God of War. Cambiare però genere in modo così drastico non era semplice. A ciò si aggiunse l’incompatibilità del proprio engine con PS3, la nuova console ammiraglia di casa Sony, con la conseguente necessità di svilupparne uno nuovo.
Da questa ricerca di una nuova identità di Naughty Dog e dalla contigua bolla di mercato legata all’avventura nasce Uncharted: Drake’s Fortune, il primo titolo con protagonista Nathan Drake. Il gioco esce nel dicembre 2007, a circa un anno dall’inizio delle vendite di PS3 e subito mette in mostra l’evoluzione della software house pur mantenendo alcune caratteristiche dei lavori precedenti. Un’ottima miscela in grado di unire puzzle ambientali, elementi platform e sezioni di TPS (Third Person Shooter) simili alla saga di Gears, tutto all’interno di un’ambientazione realistica e ricca di citazionismo (da Indiana Jones a Tomb Raider). Su tutto però spicca il tono del racconto e l’umorismo tipico di Naughty Dog inserito nel protagonista Nathan Drake. A fronte di molti dubbi e di un lancio iniziale non così sostenuto da Sony, Drake’s Fortune ottiene ottimi numeri di vendite e spalanca la strada al sequel.
La consacrazione in Uncharted 2: Il covo dei ladri
Una volta avviato il titolo, fin dalla straordinaria apertura in medias res, Uncharted 2 prende per mano il videogiocatore e lo conduce in un’avventura più unica che rara. Un giro di giostra dove non esistono bassi ma solo piccoli istanti in cui tirare il fiato e ripartire. Molte delle idee inizialmente accantonate in Drake’s Fortune vengono qui recuperate e ampliate, in modo da dare un respiro nuovo e differente a tutto l’universo di gioco. Le meccaniche vengono limate e la componente legata agli enigmi ambientali viene sviluppata tanto da renderla una sostanziale novità e perno centrale per tutto l’avanzamento.
A proposito d’ambiente non possiamo non citare Shambala, forse il luogo più bello e affascinante mai descritto e realizzato da Naughty Dog. In generale quindi un sequel in grado di prendere l’originale, rivoltarlo e spingerlo a un livello quasi inaspettato. Uncharted 2: Il covo dei ladri è ancora oggi considerato un punto di arrivo (o di partenza) per tutto il genere legato all’avventura e uno dei capolavori massimi della storia dei videogiochi. Uno di quei titoli che ha contribuito a elevare e alzare l’asticella del medium. Quel tipo di esperienza che ha espanso i confini del mondo videoludico attirando l’attenzione di chi ancora non aveva varcato i confini, portandolo a seguire le orme di Drake alla scoperta dell’El Dorado dei videogiochi.
Il blockbuster con Uncharted 3: L’inganno di Drake
Il successo de Il covo dei ladri è roboante sia in termini di critica che di vendite. Immediatamente entra in cantiere un terzo capitolo. Allo stesso tempo una parte di Naughty Dog guidata da Neil Druckmann, già tra gli sviluppatori dei primi due capitoli su Nathan Drake, si distacca momentaneamente per lavorare a un nuovo titolo poi conosciuto come The Last of Us.
La strada seguita per Uncharted 3 è quella dell’ampliamento: più lungo, più ambientazioni, più scontri. Il risultato è sicuramente un titolo meno equilibrato e sorprendente rispetto al secondo capitolo, ma non per questo meno appassionante. Un blockbuster in piena regola in grado di spostare nuovamente l’asticella grazie anche a un villain finalmente interessante. Pad alla mano Uncharted 3: L’inganno di Drake è ancora oggi una grande esperienza videoludica, grazie a un ritmo travolgente e al fascino sempre maggiore di Nate e di tutti i comprimari. Magari non rappresenta la svolta epocale del secondo capitolo, che godeva anche di minori aspettative, ma resta l’ennesimo grande gioco di una software house apparentemente senza limiti.
La fine del ladro in Uncharted 4
Tra il terzo e il quarto capitolo della saga passano ben 5 anni. Un nuovo periodo di transizione e grandi cambiamenti in casa Naughty Dog. Nel 2013 esce The Last of Us e nulla sarebbe più stato come prima, per il mondo dei videogiochi e per la stessa casa di sviluppo. Dell’importanza e della risonanza sugli utenti della storia di Joel e Ellie ne abbiamo parlato nel nostro nostro documentario dedicato al gioco. Diverso ma non meno impattante è quella che il titolo ha avuto all’interno di Naughty Dog. Il quarto capitolo di Uncharted entra in lavorazione poco dopo l’uscita di The Last of Us sotto la direzione di Amy Hennig, figura dietro a tutti i titoli precedenti della saga.
La Hennig aveva imposto una direzione ben precisa a seguito delle varie critiche ricevute dal terzo capitolo, in particolare sulle eccessive sparatorie. Dai dettagli trapelati su questa versione mai finita sappiamo che Nate non avrebbe sparato un colpo per tutta la prima parte di gioco. Circa sette mesi dopo l’inizio dei lavori, Amy Hennig decide però di abbandonare Naughty Dog e, a causa di un accordo di riservatezza firmato, ancora oggi non conosciamo gli esatti motivi. La software house decide quindi di rivolgersi a Druckmann e Straley, le menti dietro a The Last of Us, i quali accettano solo a due condizioni: rimettere mano completamente sul lavoro già svolto e la libertà di dare una conclusione definitiva al personaggio di Nathan Drake.
Il risultato finale lo conosciamo: il canto del cigno di uno dei personaggi cardine del mondo dei videogiochi moderno. Uncharted 4: Fine di un ladro è l’ennesimo capolavoro di una software house che ha saputo come poche altre trasformarsi internamente e rivoluzionare il mondo dei videogiochi. Se oggi molti di noi si possono definire appassionati videogiocatori lo dobbiamo a Naughty Dog e a quell’affascinante mascalzone di Nathan Drake.