Se è vero che una delle caratteristiche dei festival cinematografici è proprio quella di riuscire a stupire e sorprendere i suoi spettatori, è davvero difficile che un film possa colpire così tanto già nei suoi primissimi minuti, addirittura tanto da portare a un inaspettato e spontaneo applauso a scena aperta già sui titoli di testa un’intera platea di critici. In questa recensione di Athena vi racconteremo come il nuovo film del regista Romain Gavras, figlio del grande regista greco Costa Gavras, sia riuscito in questo risultato più unico che raro e del perché la sua ultima opera sia tra le più interessanti viste alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia.
Athena
Genere: Drammatico
Durata: 97 minuti
Uscita: 23 settembre 2022 (Netflix)
Cast: Dali Benssalah, Sami Slimane, Anthony Bajon
La trama: tragedia, assalto, rivolta
Partiamo però prima dalla trama: il film ha inizio in medias res, quando un numeroso gruppo di giovani prende d’assalto (con tanto di molotov) una stazione di polizia, in seguito alla pubblicazione online di un video in cui si vede un ragazzino di periferia ucciso a calci da tre poliziotti non meglio identificati. I rivoltosi prendono facilmente possesso di una cassaforte contenente armi e di un veicolo della polizia, e ritornano vittoriosi nel gigantesco e labirintico condominio popolare chiamato Athena.
Il loro leader Karim, fratello della vittima, sa che questa è solo l’inizio di una vera e propria guerra con le forze dell’ordine, e invita tutti ad armarsi e barricarsi perché nessuno di loro si fermerà fino a che non sarà fatta giustizia. Un altro fratello della vittima, Abdel, è invece un poliziotto, e sebbene sia anche egli desideroso di scoprire la verità sa benissimo che così facendo ci saranno altri morti ed è per questo che vuole a tutti costi far ragionare il fratello minore e fermare questa guerra. A loro due si aggiunge un terzo fratello, Moktar, all’inizio apparentemente interessato solo a difendere il proprio piccolo impero criminale legato allo spaccio di stupefacenti.
Una regia da applausi
Tutto questo che vi abbiamo raccontato, e che rappresenta quindi la ricca e complessa premessa dell’intero film, il regista Romain Gavras ce lo mostra all’inizio, con lunghi ed elaborati piani sequenza. Il primo in particolare, di circa 12 minuti, è senza alcun dubbio tra i più incredibili che ci siano mai capitati di vedere sullo schermo: una sequenza talmente ricca e articolata da costringere a chiederci durante la visione, non una ma più volte, come fosse stata possibile realizzarla. Una sequenza che potremmo definire davvero “girata da Dio”, quasi nel senso letterale del termine, perché ci sono alcuni movimenti di macchina al suo interno che sembrano davvero impossibili. Inutile specificare che è proprio questa la sequenza, che si conclude con il titolo del film, quella che ha strappato un meritatissimo applauso a scena aperta ai critici veneziani durante la proiezione stampa.
Ma la strabiliante messa in scena di Gavras non si limita ai soli piani sequenza: in modo quasi miracoloso tutto il film riesce a tenere perfettamente in equilibrio il senso di tragedia (familiare ma non solo) e quello del racconto epico, costringendo lo spettatore a una tensione costante, fino ad arrivare a un paio di scene davvero forti da un punto di vista del coinvolgimento emotivo. E se è vero che da un punto di vista narrativo e tematico, come vedremo a breve, il film può certamente far discutere, da un punto di vista realizzativo c’è davvero la sensazione di trovarsi davanti a un miracolo. Merito di tutto il reparto tecnico che ha organizzato alcune riprese incredibilmente complesse (alcune con oltre 250 extra presenti) e ha sfruttato al meglio macchine da presa IMAX di nuovissima generazione, ma anche di tutto il cast che ha contribuito in modo eccelso a regalare al film quella naturalezza necessaria per raccontare una storia del genere.
La guerra dei “miserabili”
La sceneggiatura del film è firmata dallo stesso Gavras insieme a Elias Belkeddar e Ladj Ly: quest’ultimo già autore de I miserabili – film del 2019 passato prima per Cannes e poi arrivato fino alla candidatura all’Oscar – con cui condivide effettivamente non poche similitudini e tematiche. Athena è un’opera altrettanto potente nei contenuti – e certamente superiore da un punto di vista di messa in scena – ma molto meno efficace nel messaggio, soprattutto a causa di una chiusa finale dove avrebbe giovato una maggiore ambiguità. Perché a differenza di quanto accadeva ne I miserabili, in Athena sembrano esserci dei chiari colpevoli, dei cattivi veri e propri. Una scelta che, paradossalmente, toglie molta forza a un film che, nell’ora e mezza precedenti, sembra proprio non voler mai prendere una posizione netta ma si pone, esattamente come il protagonista Abdel, diviso tra due mondi e due schieramenti opposti. Nel momento però in cui una trasformazione, forse fin troppo repentina, avviene in questo personaggio, il film stesso sembra perdere di lucidità.
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La recensione in breve
Se si è veri appassionati di cinema, Athena è un film da vedere a ogni costo, fosse solo per godersi i prodigiosi virtuosismi del regista e i suoi piani sequenza al limite del possibile. In realtà c'è comunque molto di più, a partire da un ottimo crescendo di tensione alle grandi interpretazioni di tutto il cast: peccato per uno scivolone nel finale che non può che influire sul risultato complessivo.