Esiste tema più presente nella narrativa cinematografica (per non parlare di quella letteraria) dell’amore? Riferendoci in questo caso al sentimento che nasce e viene coltivato in una coppia – senza quindi soffermarsi su quello tra genitori e figli, tra fratello e sorella…- il mondo del cinema è ricchissimo di esempi di grandi storie d’amore, passionali, drammatiche, a volte più spirituali e platoniche, altre ben più carnali. Ciò che vediamo sullo schermo è capace di influenzarci nella vita di tutti i giorni su più livelli, per questo è importante ritrovarsi in storie d’amore sane ed equilibrate anche in prodotti di intrattenimento come film e serie tv, soprattutto se si tratta di opere destinate ad un pubblico giovane.
Se pensiamo ai prodotti creati per le generazioni più giovani i primi che vengono alla mente sono forse i Classici Disney, e i loro mondi fantastici fatti (almeno un tempo, ora le cose sono decisamente cambiate) di principesse da salvare e amori a prima vista. Tra gli altri studi di animazione presenti sul mercato da decenni ce n’è uno però che è conosciuto non solo per i magici racconti che è capace di portare sullo schermo, fatti di avventure epiche e di un innato rispetto per la natura, ma anche per le storie d’amore e di amicizia che ne sono (fin da sempre) il cuore. Nei film dello studio Ghibli – in particolare in quelli diretti dal maestro Hayao Miyazaki, su cui ci concentreremo in quest’articolo – i personaggi sono legati da rapporti profondi, che nascono prima come amicizie e poi si evolvono in qualcosa di più, in cui il rispetto reciproco, la voglia di migliorarsi ed aiutarsi a vicenda ed una radicata uguaglianza tra le parti sono delle componenti fondamentali. Elementi che, a farci caso, mancano in molte delle rappresentazioni cinematografiche dell’amore più famose (e qui torniamo ai primi ed iconici Classici Disney, come Biancaneve, Cenerentola, La bella addormentata nel bosco…).
Vorrei raccontare relazioni diverse, ad esempio una in cui i due si ispirano a vicenda. Se ci riuscissi, allora mi sarei avvicinato a raccontare una vera espressione dell’amore.
Rifacendoci alle parole dello stesso Miyazaki, la domanda con cui diamo il via a questo articolo quindi è: che cosa può insegnarci lo studio Ghibli sull’amore? Le opere di Miyazaki ci forniscono modelli sani e adatti a tutte le età su come vivere i rapporti tra partner, aiutandoci, perché no, ad affrontare le relazioni interpersonali con una maturità ed un approccio diverso.
L’attrazione fisica non è importante
L’amore nei film dello studio Ghibli – citiamo ad esempio capolavori come La città incantata e Il castello errante di Howl – nasce prima di tutto da una connessione emotiva e spirituale, in certe occasioni da una profonda amicizia, non dall’attrazione fisica. Essendo storie, come nel caso appunto de La città incantata oppure di Ponyo sulla scogliera, in cui i protagonisti sono dei bambini, l’elemento fisico passa in secondo piano, per lasciare spazio a legami in cui si cresce insieme, ci si ispira a vicenda e si impara l’uno dall’altro come superare le difficoltà della vita. Tanto ne La città incantata come in Ponyo, per descrivere la relazione tra i giovani protagonisti – Chihiro/Sen e Haku nel primo, Ponyo e Sosuke nel secondo – viene utilizzata la parola amore, ma il rapporto ha le caratteristiche più di una forte amicizia, che li unisce in un viaggio alla scoperta di loro stessi e di grande cambiamento (Haku che ritrova il suo nome grazie a Chihiro e Ponyo che diventa un “pesce umano” con l’aiuto di Sosuke).
Anche ne Il castello errante di Howl, in cui viene raccontata una storia d’amore tra due personaggi adulti, il sentimento tra Howl e Sophie cresce ed evolve senza che l’attrazione fisica abbia alcun tipo di ruolo. Per la gran parte del film, infatti, Sophie è imprigionata nelle sembianze di un’anziana signora: l’amicizia con il mago si sviluppa e si trasforma in qualcosa di più nel corso del tempo, dando la possibilità ad entrambi di conoscersi e di apprezzare lati, l’uno dell’altra, che hanno poco a che vedere con l’aspetto esteriore.
Non sempre è possibile stare insieme
Un’altra caratteristica dei film dello studio Ghibli è che spesso i protagonisti sono uniti da una volontà comune, come ad esempio Sen e Ashitaka di Principessa Mononoke, mossi dall’obiettivo di salvare la foresta e le divinità che la popolano. Una volta raggiunto l’obiettivo comune, risolto il problema che aveva quindi dato il via alla narrazione, non è detto che la coppia di protagonisti finisca poi per “stare” insieme. Per quanto legati da un forte sentimento, infatti, Sen e Ashitaka decideranno di separarsi e di continuare le loro vite autonomamente, lei nella foresta e lui nel villaggio, incontrandosi solo di tanto in tanto. Se si appartiene a due mondi così diversi, infatti, non sempre è possibile superare le proprie differenze, in nome dell’amore, senza tradire la propria natura. Un altro esempio di un finale di questo tipo è quello de La città incantata, in cui Chihiro lascia la dimensione degli spiriti, e così l’amato Haku, per tornare a vivere tra gli esseri umani.
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Il confronto più immediato che viene alla mente è quello con il Classico Disney La sirenetta, la cui protagonista cambia letteralmente la propria natura per poter stare con il principe Eric, ed è costretta – in nome dell’amore – a lasciare indietro le cose che le sono più care, il mare e la famiglia. Per quanto nel film Disney si tratti di un vero e proprio happy ending, se pensiamo al finale della fiaba di Hans Christian Andersen – da cui il film è tratto – è evidente quanto la scelta fatta dalla giovane sirena porti con sé degli enormi rischi.
Amare qualcuno, quindi, non sempre significa rinunciare alla propria vita, ai propri sogni, al proprio futuro, per stare insieme. Annullarsi (ed immolarsi, se pensiamo appunto al finale della fiaba di Andersen) in nome dell’amore non è l’happy ending che dobbiamo desiderare.
Migliorarsi a vicenda
Questo non vuol dire, però, che per lo studio Ghibli l’amore non sia da vedere come una forza trasformativa: le coppie che incontriamo nelle storie nate dalla mente di Miyazaki fanno del sentimento che le unisce uno stimolo per migliorarsi a vicenda, per crescere e per diventare persone più mature e complete (anche al di fuori della coppia!). Torniamo ad esempio a La città incantata: quando Haku trova Chihiro per la prima volta, dopo che i suoi genitori sono stati tramutati in maiali, le spiega che cosa fare per cavarsela nel mondo degli spiriti. Non la salva, quindi, ma le da i mezzi per salvarsi da sola.
Dinamiche positive come queste sono presenti anche in Pricipessa Mononoke, in cui Ashitaka aiuta Sen a superare (almeno in parte) l’odio che prova nei confronti del genere umano, e ne Il castello errante di Howl, in cui la presenza di Sophie porta Howl a maturare, ad essere meno egoista e concentrato su sé stesso.
In Ponyo troviamo forse l’esempio più chiaro di come l’amore possa portare ad enormi cambiamenti e trasformazioni: Sosuke spinge Ponyo ad essere coraggiosa, a superare i suoi limiti, fino a diventare un essere umano. Questo grazie alla promessa fatta alla madre di Ponyo, Granmamare, di amarla per come è veramente, creatura marina o essere umano. Il fatto che Sosuke la accetti completamente le permette di diventare veramente se stessa, quindi senza mai cambiare la propria natura. Un momento molto simile è presente anche ne La città incantata: Haku può tornare finalmente se stesso quando Chihiro gli ricorda chi è veramente, “ritrovando” finalmente il nome che gli era stato rubato da Yubaba.
Salvarsi a vicenda
Quelli narrati nei film dello studio Ghibli sono rapporti di coppia basati su un forte senso di uguaglianza, non ci sono figure maschili che arrivano per salvare la donzella in pericolo di turno (e qui ci tocca riprendere il confronto con i Classici dell’animazione per bambini), anzi solitamente i due personaggi all’interno della relazione finiscono per salvarsi a vicenda, in diverse occasioni, durante il film: ne La città incantata, ad esempio, Haku aiuta Chihiro a destreggiarsi nel nuovo mondo in cui si trova costretta a vivere, ma è lei, poi, a salvarlo dalla prigionia di Yubaba, liberandolo dall’incantesimo che lo teneva incatenato alla strega e ricordandogli il suo vero nome. Ne Il castello errante di Howl, il mago aiuta e salva Sophie in diverse occasioni, ma lei fa altrettanto, addirittura restituendogli il suo cuore nel finale del film. Dinamiche di questo tipo sono presenti in gran parte dei film che abbiamo citato nel corso di questo articolo: in Principessa Mononoke, ad esempio, in cui i due protagonisti non solo si aiutano a vicenda ma anzi – lavorando insieme – salvano il Dio della Foresta nell’emozionate finale.
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Che cosa ci vuole insegnare quindi lo Studio Ghibli raccontandoci storie come queste? Che nelle relazioni sane – basate sull’uguaglianza delle parti – ci si aiuta a vicenda, ci si “salva” a vicenda. In certe occasioni sarà una delle due parti a venire in soccorso dell’altra, e in altre accadrà l’esatto contrario. In questo modo si costruiscono e coltivano rapporti che possono durare nel tempo.
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