In una lunga e bellissima intervista sul Corriere della Sera, il regista Roberto Russo, marito di Monica Vitti, ha rotto uno strettissimo e decennale riserbo e ha raccontato tutto sull’attrice scomparsa a febbraio, all’età di 91 anni. Russo ha fatto chiarezza sulla malattia di Monica Vitti, spiegando che era affetta da demenza a corpi di Lewy (la stessa patologia neurodegenerativa che colpì Robin Williams), ma ha anche raccontato gli ultimi anni dell’attrice, quelli in cui è stata costretta a negarsi alla vita pubblica, il loro grande amore, durato cinquant’anni, il loro incontro e i primi sintomi dei problemi di salute che lei cercava di “mascherare”, da grande attrice.
A quattro mesi dalla scomparsa di Monica Vitti, Roberto Russo si racconta a Walter Veltroni e ai lettori del Corriere ed è come un fiume in piena. A proposito della malattia da cui era affetta Monica Vitti, il regista ha spiegato che non si trattava di Alzheimer, come molti hanno ipotizzato, ma di demenza a corpi di Lewy, “data da un accumulo di proteine nel cervello che provoca disturbi gravi dell’attenzione, della parola, delle facoltà motorie e induce apatia”. Anche a Robin Williams, come ricorderà qualcuno, fu diagnosticata la stessa malattia.
Veltroni chiede a Roberto Russo come si è accorto che sua moglie aveva dei problemi di salute e il regista ha spiegato che all’inizio non è stato semplice: “Monica era una grande attrice, non dimenticarlo. Lei mascherava i vuoti che si andavano moltiplicando nella sua mente. Era bravissima. Faceva leva sul fatto che, in fondo, un po’ smemorata era sempre stata. Sapeva tutti i copioni a memoria, ma magari non ricordava dove aveva lasciato le chiavi di casa. È sempre stata così. Ma la nostra vita in simbiosi faceva sì che ogni piccolo slittamento dell’uno fosse avvertito dall’altro. Io mi ero accorto che qualcosa non andava come sempre. Che la memoria la stava abbandonando, lentamente ma, per me, visibilmente. La portai da un famoso medico. Lei sfoderò le sue doti di camuffamento e alla fine questo luminare mi investì dicendo che Monica stava benissimo e che ero io a dovermi far visitare. Un’altra volta la portai a fare analisi in clinica e lei si arrabbiò. Mi chiese come mi era venuto in mente, che lei stava benissimo e le analisi lo avevano confermato. Io mi scusai e le dissi che lo avevo fatto per togliermi la paura”
Una malattia che ad un certo punto diventò difficile ignorare anche per l’attrice: “Ricordo che una volta mi disse: “Roberto non mi ricordo questa cosa, è una cosa facile. Come mai? Cosa mi sta succedendo?”. Russo spiega che Monica Vitti riusciva a farsi capire benissimo, pur avendo facoltà di relazione limitate e racconta che se qualche volta la segretaria Cristina Loss o la badante Mirella avevano da rimproverargli qualcosa, “lei prorompeva in un sonoro “NOOOOO”, come a volerlo difendere con tutte le sue forze”. Spesso Monica chiamava il suo Roberto, lo cercava, se era in un’altra stanza e del resto, spiega Russo, in cinquant’anni di vita insieme si sono separati solo per una notte, quando a lui toccò partire per andare a ritirare un premio.
“Per venti anni. Venti anni qui con lei. Per non farla mai stare sola, per non farle mai mancare nulla. Venti anni senza mai uscire di casa se non per la spesa o per fare due passi qui intorno. Ho difeso Monica, il suo desiderio di riservatezza fino alla fine, ho cercato di farla ridere quando poteva, e di tenerle sempre la mano. E lo rifarei, rifarei ogni giorno di questi venti anni che non separo dagli altri trenta. Sono stati tutti meravigliosi, perché sono stati tutti con lei.”
Nel rievocare gli ultimi anni della sua compagna di vita, Russo racconta che spesso se ne stava su una poltrona di pelle nera, in un grande salone silenzioso, dove ha vissuto lasciando scorrere il tempo e gli anni. A Veltroni Roberto Russo ha mostrato anche una delle ultime foto di Monica Vitti, scattata nell’ultimo periodo della sua vita, come nessuno l’aveva mai vista, tranne le tre persone che l’hanno seguita assiduamente. “È Monica, con il suo meraviglioso casco di capelli biondi e il suo volto pieno di lentiggini e sole” – descrive Veltroni – “Ma una fotografia non ha parole”, cioè non rende l’idea di come fosse l’attrice negli ultimi anni della sua vita.
Roberto Russo ha raccontato anche come si sono conosciuti lui e Monica Vitti: “Eravamo sul set di Teresa la ladra (1973, ndr). Avevo 25 anni, lei sedici più di me. Lei era l’attrice protagonista, io battevo il ciak. Insomma ero un macchinista. Nel cinema ho fatto ogni cosa. Vivevo a Torpignattara e un giorno vennero a girare un film. Gli servivano due bambini. Non mi feci mancare l’occasione. Poi sono stato macchinista, elettricista, attrezzista, arredatore. Mi piaceva tantissimo lavorare sul set. Non avevo orari. Mi pagavano di più perché lavoravo il doppio. Poi ho fatto anche il fotografo di scena, il regista, il produttore. Insomma, durante quel film, tratto da un libro di Dacia Maraini, io persi completamente la testa. Da quando l’ho vista non ho capito più nulla. Ma io ero il ciakkista e lei la star. Lei era fidanzata. Non avevo mai visto una donna di quella intelligenza, di quella simpatia, di quella bellezza. Lei era come i film che ha fatto: sapeva far ridere, far piangere, far pensare. La nostra storia, durata quasi mezzo secolo, è stata l’avventura di una simbiosi. Tu l’hai conosciuta e lo sai: se stavi anche solo cinque minuti con Monica eri fregato, ti ammaliava, prendendoti da ogni parte”
Riguardo l’incontro con Monica, Roberto aggiunge che il colpo di testa era stato tale, che ad un certo punto decise di abbandonare le riprese: “Non ce la facevo a vederla e non poterle dire che la amavo, ho abbandonato le riprese. Ma dopo qualche giorno mi hanno richiamato per dirmi che volevano tornassi sul set. Ho capito in quel momento, il più bello della mia vita, che era stata Monica a volermi vicino a lei”
Chiudiamo con la parte più toccante dell’intervista, quando la segretaria Cristina Loss condivide con Veltroni un biglietto scritto da Monica Vitti a Roberto Russo prima di decidere di ritirarsi a vita privata:
“Amore mio grande, amore mio bello, amore amore amore, come è bello vivere con te, lavorare con te, litigare con te, fare pace con te, costruire con te, aver paura e piangere e ridere. Niente è bello senza te.”