Dopo 4 anni dall’uscita di Humanity, torna il nuovo spettacolo del comico e attore britannico Ricky Gervais, disponibile da questo 24 maggio sulla piattaforma Netflix. Lo show è l’adattamento televisivo del suo spettacolo dal vivo, una stand up comedy in cui Gervais si muove con la disinvoltura che avrebbe nel salotto di casa sua (che, come sottolinea più volte, è una magione). Vediamo quindi insieme se e perché Supernature è davvero lo spettacolo imperdibile che promette di essere.
Le regole della comicità per principianti 101
Lo avevamo da poco salutato col finale di stagione della sua After Life, serie televisiva di successo (anch’essa distribuita da Netflix), in cui ci aveva spiazzato e sorpreso con un tv show che alterna umorismo al vetriolo e note poetiche senza soluzione di continuità. Lo ritroviamo qui, nella nuova live performance Supernature, dove per l’occasione torna a vestire l’uniforme di se stesso: t-shirt, pantaloni e scarpe da ginnastica neri. E, come in Humanity, dedica la prima parte dello show al ripasso dello spiegone su cosa sia questa benedetta ironia, quanto alla lettera vada presa, quanto l’obiettivo preso di mira sia in realtà un espediente per smascherare comportamenti o modi di pensare che riconosciamo come sbagliati e via dicendo.
Dopo aver preso la rincorsa si tuffa di petto nelle acque agitate dei suoi cavalli di battaglia: stupro, pedofilia, fatshaming, maschilismo condito di white privilege e comunità trans, i cui commenti a pochi minuti dalla messa in onda non si sono fatti attendere. Ora, Gervais ha sulle spalle 40 anni di mestiere e un’intelligenza comica che a differenza di altri colleghi gli ha consentito di sopravvivere nell’epoca della woke comedy, e questo perché ha capito che se fai una battuta, e al contempo sveli i meccanismi che innescano la risata, la battuta diventa più digeribile. Coinvolgi il pubblico, gli insegni qualcosa, fai appello alla sua capacità di fare una metariflessione sul perché abbia riso alla battuta che hai appena fatto e sei (più o meno) salvo. Non sarà possibile accontentare tutti, questo no, perché, come spiega, le sensibilità sono tante quante le persone, e perché l’obiettivo principale del comico è provocare la risata, non piacere a tutti. Insomma, il vecchio ma raffinato metodo del bastone e della carota: spiega e ribadisci che tu, Ricky Gervais persona (che bada bene, non coincide col Ricky Gervais comico) sei a favore del riconoscimento dei diritti di tutte le minoranze, e prendi a esempio quella transgender. Però, continua Gervais: “Veniamoci incontro a metà strada, signore: usate tutti i pronomi che volete, fate il sesso che volete, ma rinunciate al vostro pene”. Pioggia di risate.
Interludio: gatti e Supernatura
Da smaliziato direttore d’orchestra, nella sezione centrale dello spettacolo Gervais smorza i toni e rilassa l’atmosfera. Butta sul tavolo l’asso piglia tutto dei gatti (che dopo anni di social lo abbiamo capito pure noi che sono il pilastro del consenso incondizionato) e della natura, che per lui è una Supernatura (da qui il titolo), di per sé così sorprendente da giustificare il suo ateismo. Da qui in poi rilascia il freno a mano e si ributta nel ring dell’attualità più ispida e problematica: identità di genere, razzismo, e ancora pedofilia, congedandosi dal pubblico con qualche battuta triviale forse non proprio all’altezza del resto dello spettacolo (ma la sensibilità comica, Ricky Gervais insegna e ormai lo abbiamo assimilato, è affare personale e soggettivo).
Vale la pena guardarlo?
Non farà cambiare idea a nessuno, questo ultimo strapagato (è lui che ce lo ripete di continuo) lavoro di Gervais: chi già lo amava ritroverà tutte le cifre caratteristiche che lo hanno reso uno dei più sferzanti comici contemporanei, chi mal lo digeriva troverà ulteriori conferme a sostegno.
Si dichiara profondamente interessato alla natura umana, e in effetti ce la restituisce come pochi altri. Basti pensare a quel trattato di psicologia che è The Office (la serie televisiva comica da lui scritta e ideata). In un periodo storico in cui la scelta delle parole e del linguaggio sono rivendicati come atti politici, e in cui la comicità per la prima volta è chiamata a rendere conto di se stessa, Gervais sfrutta tutta la consapevolezza dei suoi (eccellenti) mezzi per spiegarci, per svelarci i trucchi del mestiere senza però fare retromarcia su nessuno dei punti (per lui) inderogabili della comicità. E vale la pena assistere alla sua performance, perché se è vero che la sensibilità comica risponde a leggi soggettive, l’intelligenza e l’acume hanno parametri decisamente più oggettivi. E Gervais è ben provvisto di entrambi.