La luna di miele potrebbe essere finita. Dopo mesi di crescita vertiginosa che hanno trasformato ChatGPT in un fenomeno culturale e tecnologico senza precedenti, l’app mobile del chatbot di OpenAI sta mostrando i primi segnali di rallentamento. Non parliamo di un crollo improvviso, ma di una tendenza che gli analisti del settore stanno osservando con crescente attenzione: la crescita dei download sta frenando, gli utenti passano meno tempo sulla piattaforma e la aprono con minor frequenza. È l’inevitabile normalizzazione di una tecnologia che entra nella routine quotidiana, o c’è qualcosa di più profondo in gioco?
Secondo un’analisi condotta da Apptopia e riportata da TechCrunch, società specializzata nell’intelligence sulle applicazioni mobile, la crescita percentuale dei nuovi download globali di ChatGPT ha iniziato a rallentare dopo aprile 2025. I dati più recenti sono eloquenti: ottobre, nonostante sia ancora in corso, è già proiettato verso un calo dell’8,1% rispetto al mese precedente in termini di variazione percentuale dei download. Attenzione, però: stiamo parlando di crescita dei download, non del numero assoluto. L’app continua a registrare milioni di nuove installazioni ogni giorno, ma il ritmo con cui questi numeri aumentano sta decelerando. È come passare da una corsa sfrenata a una camminata veloce: si va ancora avanti, ma non con la stessa urgenza di prima.

Il rallentamento nei download è solo la punta dell’iceberg. Guardando più in profondità nelle metriche di engagement, emergono segnali ancora più significativi. Negli Stati Uniti, il tempo medio trascorso per utente attivo giornaliero è crollato del 22,5% da luglio a oggi. Parallelamente, anche il numero medio di sessioni per utente attivo è diminuito del 20,7% nello stesso periodo. In parole povere: gli americani non solo passano meno tempo su ChatGPT, ma lo aprono anche meno frequentemente durante la giornata. Due metriche in calo simultaneo raccontano una storia chiara, e non è quella dell’efficienza crescente.
Apptopia evidenzia un punto cruciale: se solo il tempo di utilizzo fosse diminuito mentre le sessioni fossero rimaste stabili, si potrebbe ipotizzare che gli utenti stiano semplicemente diventando più efficienti nelle loro interazioni, ottenendo risposte più rapidamente. Ma quando entrambe le metriche scendono insieme, la spiegazione è diversa. Gli utenti stanno letteralmente usando meno l’app, punto. La fase di sperimentazione selvaggia, quella in cui si provava ChatGPT per qualsiasi cosa, dalle ricette di cucina alle poesie improvvisate, sembra essere terminata.
C’è però una nota interessante nel quadro generale: il tasso di abbandono degli utenti negli Stati Uniti è diminuito e si è stabilizzato durante questo stesso periodo. Cosa significa? Che ChatGPT sta trattenendo i suoi utenti più fedeli, quelli che hanno integrato il tool nelle loro routine quotidiane. Gli utenti casuali, quelli che scaricavano l’app per pura curiosità o per provare la novità del momento, stanno invece scomparendo dai radar. È un processo di consolidamento tipico di qualsiasi tecnologia che passa dall’hype iniziale alla maturità: si perde l’effervescenza delle prime settimane, ma si guadagna una base solida di utilizzatori abituali. Questo significa che le intelligenze artificiali sono arrivate al capolinea e le persone si sono definitivamente stufate? Assolutamente no. Anzi, i dati mondiali di ogni piattaforma registrano numeri da record sia per l’uso di Sora 2 che sulla possibilità che Elon Musk sviluppi film e videogiochi senza il controllo umano. Il dato, però, è importante, perché dimostra che i curiosi hanno capito che possono ancora fare a meno di questa tecnologia, senza che questa prenda possesso delle loro vite.