Alla Mostra del cinema di Venezia 2025 si è appena svolta la proiezione fuori concorso di After the Hunt, la nuova opera di Luca Guadagnino. E ammettiamo che non è semplice scrivere queste righe, perché la visione è stata tosta, sono tanti punti di vista, alcuni positivi e altri decisamente meno. Una visione questa che, in ogni caso, ha saputo restare impressa e generare un dibattito non indifferente tra gli addetti alla stampa, e che tornerà a farsi sentire alla sua uscita in sala il prossimo 16 Ottobre 2025. Perché il film parla di scontri di genere, di femminismo, di razzismo, ma soprattutto di una guerra generazionale attualissima che si fa giorno per giorno sempre più viva.
Un film che parla ai giovani e alla loro lotta al cambiamento, a qualsiasi costo, così come a chi ha più anni sulle spalle e non accetta che i ragazzi traccino una via diversa dalla loro. Tantissime sono le tematiche trattate, non sempre affrontate nel migliore dei modi. Ma non tiriamola per le lunghe e apprestiamoci ad approfondire pro e contro di questa nuova, discussa, opera di Guadagnino.
Il dubbio rivelato
La sinossi si poggia su una base molto semplice. Il dubbio attraversa la maggior parte della storia. Un dubbio che strazia gli spettatori tanto quanto colpisce la protagonista del film, Alma Olsson (Julia Roberts), una professoressa di filosofia dell’università di Yale che si trova tra due fuochi. Da un lato c’è il collega e migliore amico, con il quale si percepisce subito una tensione erotica non indifferente – come nella maggior parte delle pellicole del regista italiano – e un passato da rivelare, Hank. Dall’altra la promettente studentessa Maggie, una ricca ragazza afroamericana che vuole affermarsi nel settore e lottare per la parità di genere. Una sera la professoressa viene avvicinata dalla giovane, scoprendo che quest’ultima sarebbe stata aggredita sessualmente dall’uomo. Di contro, l’amico afferma strenuamente la sua innocenza, ma qual è la verità?
Il personaggio interpretato da Ayo Edebiri sta mentendo? Vuole manipolare la situazione per ottenere privilegi o per portare avanti una crociata generazionale contro l’ideale di patriarcato? Oppure è il docente, con il volto di Andrew Garfield, a mentire e aver effettivamente assalito la giovane? Come detto poc’anzi: il dubbio. Ed ecco che sovviene il primo, grande problema, del film. Le storie più belle basate su un’incertezza necessitano di portarla fino alla fine, lasciando gli spettatori in sospeso e fornendo dettagli e indizi parziali per decidere autonomamente da che parte stare. Una scelta morale prima di tutto, che si sarebbe intersecata perfettamente nell’ambiente filosofico e accademico dei protagonisti. Un gran peccato che, a un certo punto della storia, il dubbio venga fugato. Non del tutto e con modalità sibilline, ma è indubbia l’identità “del” colpevole. Non un contro vero e proprio, ma una nota dolente per un film che poteva osare molto di più.
“Se per te è vero, allora è vero“. – Julia Roberts in una scena di After the Hunt
Un film eccessivo
Altro aspetto che convince poco è la natura “eccessiva” del film. A partire dai suoi personaggi. Personalità forti, tenaci e dinamiche, ma per le quali è quasi impossibile parteggiare. Le loro figure risultano più abiette e respingenti che soggette della nostra compassione o immedesimazione. Carattere probabilmente voluto dal regista, ma che porta a provare una certa irritazione in tante sequenze e a non affezionarsi a quasi nessuno dei personaggi, forse soltanto al povero e bistrattato Frederik Olsson (Michael Stuhlbarg).
Infine si percepisce una notevole stanchezza generale durante la visione, data dall’eccessiva lunghezza del film (due ore e venti minuti). Tantissime sono le scene che potevano essere accorciate o tagliate, che nell’economia della storia e nei temi trattati avevano poco senso o alcuno, risparmiando magari allo spettatore almeno una trentina di minuti. Sembra, quasi, che ci fosse la volontà di parlare di così tante tematiche, di così tanti aspetti, personaggi e archi narrativi, che alcuni tra questi non vengano poi approfonditi a dovere. Un minutaggio inferiore poteva solo giovare al film, complici alcuni discorsi filosofici piuttosto complessi che potrebbero non piacere al pubblico in sala, quando la pellicola uscirà il prossimo Ottobre.
Una guerra generazionale
Sappiamo cosa state pensando. Questo film è un disastro. E invece no, nonostante come stiamo delineando queste considerazioni. Perché sebbene i personaggi, la durata e un finale poco convincente, la messa in scena è pur sempre quella di Guadagnino, uno tra i registi più bravi e amati degli ultimi anni (e per ottimi motivi, che qui tornano più vivi che mai). La forza espressiva del regista siciliano, l’attenzione per le azioni dei personaggi, per i corpi e per la gestualità restano impressi. Le mani si chiudono attorno al petto, con un gesto istintivo di protezione. Le spalle si irrigidiscono, le gambe fremono nervosamente. La macchina da presa si sofferma su questi e tanti altri dettagli, dando importanza al corpo prima che alle parole, vero rivelatore dei pensieri.
Ciò che, più di ogni altra cosa, ha saputo stupire di questo film è il graffiante scontro (o una vera e propria guerra) generazionale tra millennials e gen z. Tra la vecchia guardia che non riesce ad accettare che le nuove generazioni vogliano cambiare il mondo, di una retorica sorpassata da sradicare, e la nuova che non comprende quando è necessario combattere le proprie battaglie e quando non farlo, non si rende conto che gli anziani non parlano solo perché assoggettati a un sistema da distruggere, ma anche per esperienza. Ed ecco che la gen z, nel film si intende, sfrutta ogni debolezza e appiglio per affermare se stessa e la propria categoria, per mettere in campo un cambiamento su più aspetti (per le donne, per l’identità di genere, le minoranze e tanto altro) anche a costo di distruggere il passato, senza guardare in faccia nessuno.
E le vecchie generazioni? Non si lasceranno cancellare senza combattere. Ecco che questo serratissimo thriller prende il sopravvento e così i suoi protagonisti. Grazie a Guadagnino abbiamo potuto vedere un film che, nel bene o nel male, per pregi e difetti, farà parlare di sé nei mesi a venire. Perché la guerra tra passato e futuro è in atto e, al di là dei dubbi alla base della sceneggiatura, saranno gli spettatori a decidere da che parte stare.