Il Pride Month è un’importante occasione per approfondire, più del solito, tematiche LGBTQIA+ e tutto ciò che concerne i diritti della comunità queer. L’opportunità di puntare sia sulla rappresentazione, sia sul poter trasmettere messaggi di tolleranza, amore, uguaglianza e, soprattutto, normalità, in un mondo dove un punto di vista fortemente eteronormativo è ancora fin troppo radicato.
Quando si parla di manga, vi sono decine e decine di opere che raccontano storie d’amore queer. Spesso, tali titoli pongono l’attenzione su problematiche quali la discriminazione, il bullismo, la difficoltà del coming out, l’accettazione familiare e sociale. Raramente, però, è menzionato Twilight Out Focus, Boy’s Love scolastico scritto e disegnato da Jyanome, pubblicato dal 2018 su Honey Milk (rivista digitale BL di Kodansha) e giunto in Italia grazie a J-POP Manga.
Quest’opera in 6 volumi (gli ultimi 2 in arrivo da noi questa estate, come annunciato ad aprile 2025) ha davvero tanto da dire, nel mese del Pride come tutti i giorni. Tuttavia, l’opera di Jyanome non grida a squarciagola: silenziosamente, affronta molte tematiche care alla comunità LGBTQIA+ attraverso la vita di tre coppie di ragazzi. Twilight Out Focus si fa portavoce di un messaggio nient’affatto scontato, ma fondamentale: può esserci un modo diverso dal solito per parlare di identità queer? Esistono più tipi di rappresentazione, validi tutti allo stesso modo?
Accogliere gli altri…

Hisashi Otomo è il nuovo compagno di stanza di Mao Tsuchiya, l’addetto alle riprese del club di cinema di un liceo maschile. I primi tempi sono estremamente tesi e silenziosi: non che non vadano d’accordo, ma un piccolo muro invisibile li divide. Quando però Hisashi, un po’ per caso, riesce a fare coming out con Mao – e solo con lui – quella barriera svanisce.
H: Non hai paura?
M: E di cosa, scusa?
Hisashi è stupito dalla reazione di Mao che, imperturbabile, accetta di buon grado l’orientamento sessuale del compagno di stanza. Da quel momento, i due iniziano una convivenza molto più serena ora che la distanza è svanita, tanto da diventare buoni amici. Twilight Out Focus crea un safe space, dove il coming out di un giovane ragazzo che, per la prima volta, confessa la propria omosessualità è accolto così come tutti vorremmo che fosse. Il feedback di Mao sicuramente non cancella la difficoltà e, soprattutto, la paura di Hisashi di parlare di sé e della propria omosessualità. Tuttavia, Jyanome sceglie di non passare attraverso il dolore della faticosa tolleranza, bensì di creare uno spazio in cui i suoi personaggi possano sentirsi al sicuro e, di conseguenza, in cui anche i lettori possano rifugiarsi.
Non a caso, nell’opera non si pone l’attenzione su quegli aspetti negativi quali odio, discriminazione e non accettazione che molte altre narrazioni, invece, scelgono di cogliere per restituire ai lettori un triste ma accurato specchio della realtà. Basta solo questo per dire che Twlight Out Focus non sia abbastanza realistico da poter essere considerato adatto allo scopo di rappresentazione, oltre che di racconto? Eppure i timori di Hisashi sono veri, la reazione di Mao non sarà considerata ancora la norma, ma di certo non è una bugia, non è finta. Allora sì: Jyanome riesce a mostrare un pezzetto della realtà queer autentico e, soprattutto, valido, anche senza ricorrere a un iter più “classico”.
… E accettare se stessi (anche in silenzio)

Quando, dopo un anno, Mao si rende conto di provare qualcosa in più per Hisashi, si ritrova ad affrontare sentimenti per lui nuovi (il desiderio, la gelosia, la paura del rifiuto). Tuttavia, non s’interroga immediatamente sul sesso o il genere. D’altro canto, non è proprio questo uno dei punti fondamentali che la comunità LGBTQIA+ ci insegna? Ossia, cercare di trasmettere l’idea di un amore che possa andare oltre e che, quindi, possa essere accettato per ciò che è?
Per una persona che si innamora per la prima volta, non è così semplice incasellare esattamente tutte le sensazioni che inizia a provare, e nemmeno riuscire ad esternarle. Ma chi ha detto che bisogna farlo per forza e – se si sceglie di farlo – entro certe tempistiche o seguendo un percorso prestabilito? Sì, a un certo punto il personaggio si interfaccia chiaramente anche con il proprio orientamento sessuale, che può generare dubbi, confusione, può addirittura farlo sentire estraneo a se stesso per un attimo. Questo, però, è un processo che può anche avvenire in silenzio.
Ed è qui che Twilight Out Focus ci ricorda che non tutto, per essere valido e legittimo, deve essere detto o spiegato.
Esistono tanti modi di vivere e viversi

Nel volume dal titolo Twilight Out Focus: Afterimage Slow Motion, i personaggi di Jin Kikuchihara e Giichi Ichikawa, due registi “rivali”, costruiscono pian piano il proprio rapporto sentimentale, senza mai fare coming out apertamente (nemmeno tra loro). Senza sentire l’esigenza di dare un nome al proprio amore.
C’è anche chi invece vive l’identità queer alla luce del sole: è il caso di Shion Yoshino, che fa la prima comparsa nel volume Twilight Out Focus: Night By Night Monologue. Il ragazzo, che si iscrive ai diversi club scolastici solo perché vuole trovare un fidanzato, si imbatte presto in Rei, che accetta di essere la sua metà davanti agli occhi di tutti. Ciò avviene naturalmente, senza chiedersi cosa pensino gli altri e senza nemmeno farsi troppe domande su di sé. Se in un primo momento è sintomo di un’apatia che fa da corazza, più avanti nel racconto questa si trasforma in quieta accettazione.
A differenza degli altri personaggi, Shion e Rei sono letteralmente due opposti che si attraggono. Tuttavia, è soprattutto grazie a questa coppia di contrapposti che si riesce a riflettere, più in generale, su due modi diversi di vivere la propria identità e la propria sessualità: uno fatto di parole, domande, discussioni ad alta voce, un alto fatto tanto di azioni quanto di silenzi. Lo notiamo con Hisashi e Mao, che si assumono la responsabilità di cosa voler dire e cosa voler tenere per loro o, addirittura, per sé. Ma anche con Jin e Giichi, che per il momento rifiutano qualsiasi tipo di etichetta e vivono, sia con passione, sia con imbarazzo, i primi momenti di intimità. Fisica e non.
Dove il dire manca, quasi sempre arriva lo sguardo. Jyanome gioca molto con l’espressività dei personaggi, che spesso comunicano con gli occhi, quando le parole non servono. Un linguaggio silenzioso ma preciso, attraverso cui trasmettere paure, incertezze, attrazione, amore. Sono dunque frequenti i primi e i primissimi piani sui volti, ma c’è anche un’attenzione particolare alla fisicità. I corpi parlano tra loro e imparano a conoscersi, così come fino a poco tempo prima avevano fatto i protagonisti, mostrando più o meno esplicitamente quei lati di sé che hanno liberamente scelto di condividere.
Una rappresentazione queer senza tempo

Le relazioni omosessuali protagoniste in Twilight Out Focus avvengono tra adolescenti in procinto di lasciare il liceo e cominciare l’età più adulta. Non sono presenti, dunque, altre rappresentazioni della comunità LGBTQIA+, ma l’opera riesce comunque ad arrivare al cuore di tutti. Persino a coloro che non ne fanno parte, e questo perché l’opera tratta temi alla portata di chiunque, tanto da poter mettersi facilmente e totalmente nei panni di personaggi eventualmente distanti per sesso o genere.
Nonostante la giovane età di Mao, Hisashi e gli altri ragazzi, il pubblico di Twilight Out Focus può essere eterogeneo anche per età. Così come un adolescente, leggendo questo manga, può provare un’empatia e un’immedesimazione legate al qui e ora, una persona più matura può comprendere certi sentimenti poiché, indipendentemente dal genere, dal sesso e dall’orientamento sessuale, è stata giovane e sicuramente li ha già vissuti, a prescindere dalle circostanze.
Ai tanti modi di vivere l’appartenenza alla comunità LGBTQIA+, senza sentire il peso di dover compiere dei passi obbligati o di doversi spiegare per poter esistere, corrispondono altrettante modalità, per un’opera, con cui parlarne a un pubblico in maniera sincera, senza doversi uniformare a uno standard ben preciso e senza il timore di non gridare abbastanza. Poiché la realtà la si può raccontare anche con un filo di voce.