Francis Ford Coppola, maestro indiscusso del cinema, interviene sul dibattito acceso dai nuovi dazi cinematografici proposti da Donald Trump. In un’intervista recente, il regista ha denunciato gli effetti negativi di queste misure sull’industria culturale, sottolineando però come, paradossalmente, il suo film Megalopolis stia vivendo una rinascita di pubblico proprio a seguito delle elezioni del 2024. Un successo tardivo, che ricorda da vicino quanto accaduto con Apocalypse Now.
Durante un’intervista concessa a GQ venerdì 9 maggio, Coppola ha espresso una forte preoccupazione riguardo i nuovi dazi sui film proposti dal presidente Trump. Il regista ha spiegato che tali misure “creano solo incertezza”, chiudendo le porte a un periodo di grande prosperità economica per gli Stati Uniti. Ha ricordato che, nonostante l’inflazione mondiale, sotto l’amministrazione precedente gli Stati Uniti erano riusciti a mantenere un vantaggio economico rispetto ad altri paesi. L’imposizione di tariffe del 100% sui film prodotti all’estero, secondo Coppola, rappresenta una chiusura drastica che penalizza un settore vitale come quello cinematografico.

Determinato a preservare l’esperienza cinematografica autentica, Coppola ha scelto di non distribuire Megalopolis né in streaming né su supporti fisici. Il film, costato 120 milioni di dollari di investimento personale del regista, continuerà ad essere proiettato esclusivamente in teatro, come inizialmente concepito. “Non voglio che nessuno possieda il film” ha ribadito, sottolineando il desiderio di mantenere viva la magia della visione collettiva in sala.
Intanto, l’annuncio delle tariffe ha scosso l’intero settore, con Trump che ha definito le produzioni cinematografiche estere una “minaccia alla sicurezza nazionale”. La proposta ha già spinto figure di spicco come il procuratore generale della California, Rob Bonta, a valutare strategie legali per contrastare l’iniziativa. Coppola, dal canto suo, continua a rappresentare una voce critica ma anche profetica: proprio come le sue opere, il suo sguardo sul futuro del cinema americano è lucido e allarmante.