“L’impercettibile battito d’ali di una farfalla oggi può provocare un devastante uragano a settimane di distanza.” È così che Until Dawn ci introduce a uno dei concetti fondamentali per lo svolgimento della sua storia: l’effetto farfalla. 

Sono molti i giochi che, più o meno efficacemente, hanno seguito questo criterio per farci vivere nel modo più coinvolgente possibile avventure fortemente improntate sulla scelta. A pochi giorni dall’uscita nelle sale dell’adattamento cinematografico di Until Dawn, andiamo a fare un viaggio intorno al concetto di decisione nei videogiochi.

Da The Oregon Trail ad Until Dawn

The Oregon Trail
Una schermata di The Oregon Trail – ©Minnesota Educational Computing Consortium

Nel 1971, Ron Rawitsch, Bill Heinemann e Paul Dillenberger svilupparono un’avventura testuale che sarebbe passata alla storia come uno dei titoli più impegnativi mai creati: The Oregon Trail. Il giocatore, dopo aver deciso i cinque nomi dei membri della sua squadra, doveva percorrere uno dei sentieri più famosi nella storia dei pellegrini americani lasciando il Missouri per raggiungere l’Oregon. Con una semplice interfaccia testuale, il titolo metteva il giocatore davanti a una serie di decisioni dalle quali sarebbero dipese le sorti della loro spedizione. Lungo la via, ovviamente, ci troveremo a fronteggiare diversi imprevisti che potranno ridurre drasticamente le nostre possibilità di successo. Solo con le giuste scelte, il giocatore sarà in grado di portare in salvo tutta la squadra.

Lo Sapevi?

L’episodio dodici della quindicesima stagione di American Dad, chiamato in lingua originale “OreTron Trail”, vede Steve e Roger giocare a The Oregon Trail. Come diretta conseguenza di questa esperienza, Roger svilupperà una grande paura di sopravvivere al resto della famiglia.

The Oregon Trail, dunque, è stato uno dei primi esempi di videogioco che prevede non solo dei finali multipli, ma che viene fortemente influenzato dalle decisioni che prenderemo durante il nostro viaggio. Dal 1971, molti altri titoli si sono sviluppati seguendo uno schema simile, fino a raggiungere le tanto amate avventure grafiche che negli anni dieci del duemila hanno spopolato nel panorama videoludico mondiale.

Uno dei primi nomi da citare è senza dubbio Heavy Rain, di Quantic Dream che nel 2010 portò una ventata d’aria fresca al genere delle avventure grafiche, grazie a una nuova visione relativa alla dinamiche delle scelte. Non c’erano, infatti, salvataggi da caricare come in gran parte dei titoli sul mercato in quel periodo e non esisteva un vero e proprio “game over”. Indipendentemente dalle nostre scelte, la storia sarebbe andata avanti e avrebbe condotto a uno dei venti finali diversi. In modo analogo, anche il suo successore, Beyond: Due Anime, sfruttò gli stessi elementi, aggiungendo però un cast di livello e una struttura molto più cinematografica alla sua narrazione.

The Walking Dead della Telltale, invece, fu uno dei primi giochi a sfruttare con successo il formato episodico e fonderlo con una tipologia di serialità che restituiva con efficacia l’idea di una serie tv. Le nostre scelte, in questo caso, non solo andavano a influenzare il proseguo della trama, ma ci venivano ricordate al termine di ogni episodio con un anticipazione di quello che avremmo dovuto affrontare nel capitolo successivo. Questo avveniva inserendo delle statistiche che ci avrebbero permesso di confrontare le nostre scelte con quelle di altri giocatori, in attesa dell’uscita della “puntata seguente”, come avveniva con gli episodi delle serie televisive. Non avevamo più a disposizione le decine di finali dei giochi di Quantic Dream, ma la trama coinvolgente e lo stile visivo hanno reso The Walking Dead un piccolo cult.

Il successo di The Walking Dead ha sicuramente spianato la strada ad altre avventure grafiche nelle quali il tema della scelta è rilevante. Facciamo, dunque, un breve salto avanti fino al 2015, anno in cui Don’t Nod e Square Enix pubblicarono il primo capitolo di Life is Strange e, solo pochi mesi dopo, Supermassive Games lanciò sul mercato Until Dawn. Entrambi i titoli sono figli di ciò che hanno lasciato i loro predecessori e, se il primo è un’avventura grafica molto più lineare che segue il filone di The Walking Dead, Until Dawn si rifà più ai giochi di Quantic Dream e realizza un comparto tecnico fortemente cinematografico, arricchito da un cast che vanta tra gli altri anche l’attore Rami Malek.

Il destino nelle nostre mani

Life is Strange, Max e Chloe
Max e Chloe in una sequenza di Life is Strange. Fonte, Square Enix

La carrellata di titoli elencati sopra ci fa capire come i giochi abbiano sempre cercato di proporci una selezione piuttosto ampia di avventure basate sulla scelta. Al di là di storie più o meno coinvolgenti, questa tipologia di videogiochi è in grado di regalarci emozioni che molti altri generi non sanno fare. È solo grazie a questa sensazione di controllo sulle vite dei personaggi di Until Dawn, Life is Strange o Heavy Rain che ci sentiamo trainati dentro il racconto.

È solo con il peso che ogni scelta che facciamo ha sul futuro dei protagonisti che si soffermiamo a guardare lo schermo, mentre il tempo per prendere la decisione scorre inesorabile e ci chiediamo cosa ne sarà di Josh o Ashley, di Chloe, di Jason e di Lee. Solo così possiamo sentirci veramente in colpa per la morte di qualcuno, ci chiediamo se avremmo potuto salvarlo e non ci rimane alcun modo di saperlo, se non con un’altra run. Esultiamo di gioia se riusciamo a impedire un suicidio, se fermiamo un killer e gli impediamo di eliminare il nostro migliore amico o nostro figlio, o se sgominiamo un’intera organizzazione governativa. 

La possibilità di scegliere, in un videogioco, ci permette non più di essere una macchina di morte, che avanza per grandi mondi open world, per mappe procedurali o livelli dal design curatissimo, seminando morte e distruzione lungo il nostro cammino e limitandoci a godere di eccellenti scene di intermezzo. No, avere una responsabilità come quella di decidere quali saranno le nostre azioni ci fa valutare attentamente se vogliamo uccidere un animale, se vogliamo reagire a un’offesa o se vogliamo aiutare qualcuno in difficoltà. Ci permette di mettere qualcosa di nostro in un viaggio che coinvolge persone che inizialmente ci sono sconosciute e, col tempo, diventano inevitabilmente una parte di noi.

Un ulteriore esempio è quello di Road 96, di DigixArt, che ha il grande merito non solo di coinvolgerci nelle vite di una serie di adolescenti che vivono nella nazione fittizia di Petria, ma ci porta ad avere un ruolo fondamentale sulle sorti dell’intero paese. Tutti i personaggi che potremo giocare, infatti, cercheranno di oltrepassare il confine di Petria e sfuggire a una situazione politica autoritaria, nella quale ognuno di loro sente di non avere più un futuro. Le scelte che faremo, in questo caso, non solo andranno a stabilire se i giovani riusciranno o meno a superare il confine e mettersi in salvo, ma influiranno anche sulle sorti della rivoluzione e sul destino del regime.

Until Dawn: tra relazioni e decisioni

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Hayden Panettiere in Until Dawn, fonte: Sony Computer Entertainment

Merita spazio maggiore l’esempio di Until Dawn. Nel titolo sviluppato da Supermassive Games, infatti, il concetto di effetto farfalla e il peso di ogni singola scelta avrà un impatto potenzialmente devastante sulla vita dei protagonisti. Anche decisioni apparentemente marginali come colpire o meno un corvo o uno scoiattolo, possono condannare a morte uno dei personaggi. Until Dawn, inoltre, ci offre una serie di elementi interessanti che non sono presenti negli altri giochi analizzati finora.

Iniziamo dal sistema dei totem. Esistono una serie di statuette, differenziate dai loro colori, che ci daranno indicazioni su cosa fare durante il nostro incubo tra i boschi. Ognuno di essi, ci offre una breve visione del futuro e può rivelarci la morte di un personaggio, una guida, un episodio fortunato, la perdita di qualcuno o un pericolo imminente. Grazie all’effetto farfalla, però, saremo in grado di cambiare gli eventi e di rendere nulle le visioni di questi totem.

Un altro elemento che differenzia il peso delle scelte in Until Dawn è quello dei rapporti tra i giovani. Gli otto protagonisti dell’horror di Supermassive Games sono un gruppo di adolescenti che, un anno dopo una terribile tragedia, si rivedono nello stesso chalet di montagna per provare a dimenticare il trauma con una festa. Come qualsiasi gruppo di teenagers da film dell’orrore americano, i giovani sono legati da dinamiche relazionali che abbracciano ogni aspetto della sfera amorosa e amicale.

Dalla coppia fresca d’innamoramento, ai due ex che non hanno ancora del tutto superato la loro storia, fino ai due innamorati che non hanno il coraggio di dichiararsi, ogni ragazza e ragazzo avrà occasione di modificare quello che gli altri pensano di lui o lei. Con il variare tra le relazioni, gli adolescenti decideranno se fidarsi o meno del parere degli altri, cosa che andrà direttamente a influire sulle possibilità di salvare una fidanzata in pericolo, un amico in difficoltà o di raggiungere un’amica prima che sia troppo tardi. 

Il peso della responsabilità

Un'immagina promozionale di The Walking Dead

Abbiamo visto come molti giochi, da The Oregon Trail a Until Dawn, hanno saputo tenerci incollati allo schermo per svariate ore, immergendoci nella vita di sconosciuti fino a diventare noi stessi parte della storia. Questo è in larga parte merito di un sistema di scelte che, in modo più o meno efficace, ha da sempre saputo intrigare i giocatori e ha reso immortali molti dei titoli che sfruttano questo schema.

Per noi appassionati, sapere che quello che decideremo di fare avrà un impatto non solo sul finale di una storia, ma soprattutto sul suo svolgimento e sul modo in cui altre scelte ci si pareranno davanti è una benzina che alimenta il desiderio di proseguire in un racconto. Proprio come nella vita vera, ci ritroviamo spesso a rimuginare sulle decisioni prese in Life is Strange, Beyond: Due Anime o Heavy Rain. Per noi, quegli universi, diventano parte di ciò che siamo e i personaggi che li popolano diventano uno specchio del nostro carattere e di quello che noi sceglieremmo di fare in una situazione analoga. Proprio come accade con un personaggio ben scritto in un gioco, film o libro, non c’è nulla che ci appaghi di più se non vederci riflessi nel carattere di un protagonista che siamo noi stessi a plasmare.

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Laureato in Cinema e Media, giocatore dalla nascita e appassionato di qualsiasi cosa racconti una storia coinvolgente. Ha iniziato a scrivere di videogiochi nel 2021, collaborando con diversi siti come Tom's Hardware. Nel 2025 arriva sulle pagine virtuali di Screenworld, per continuare a condividere la sua passione con chiunque voglia dedicare del tempo nella lettura dei suoi contenuti.