Negli ultimi giorni, si è sviluppato sul web un interessante trend che ha scatenato l’ira di molti artisti o appassionati. ChatGPT, infatti, ha introdotto un nuovo modello della sua intelligenza artificiale che permette di generare immagini a partire da un prompt, dando vita così a centinaia di foto ritoccate nello stile dello Studio Ghibli. Cosa c’entra tutto questo con Split Fiction? Ci arriviamo, promesso.

Il titolo sviluppato da Hazelight, infatti, ci ha portati a riflettere su una tematica affine, solo poche settimane prima che il trend di ChatGPT esplodesse sui social network, inondandoci di immagini che in un primo momento ci hanno colpito, ma hanno poi perso ogni attrattiva in pochissimo tempo. E allora ci siamo chiesti: vogliamo davvero affidare il mondo dell’arte a dei semplici algoritmi? Possiamo farlo, ma quali sarebbero i risultati se non delle semplici copie?

Split Fiction: copiare o creare?

Mio e Zoe sedute su una panchina in una sezione di Split Fiction
Mio e Zoe sedute su una panchina in una sezione di Split Fiction – ©Hazelight Studio

In Split Fiction, infatti, ci troviamo a vestire i panni di Mio e Zoe, due aspiranti autrici che vengono contattate da un editore. La promessa che ricevono è quella di essere pubblicate, ma poco dopo il loro ingresso nella sede, Mio si accorge che qualcosa non va. L’editore ha costruito una macchina per estrarre le idee degli scrittori e utilizzarle per pubblicare un libro in modo più rapido. Certo, non ci sarebbe nulla di male nel voler accelerare il processo di pubblicazione dopo che è già avvenuto quello creativo. Tuttavia, le protagoniste scoprono presto che la situazione è di gran lunga peggiore di come sembra.

La macchina, infatti, non si limita a estrarre il romanzo dalle menti delle ragazze, ma prende anche tutte le altre loro idee. Questo avviene senza fare una distinzione tra idee valide, complete o incomplete. Ogni cosa pensata da Mio e Zoe diventa preda della casa editrice che, al termine del processo, potrebbe farne quello che vuole. Le ragazze, dunque, si ribellano a questo tentativo di intromissione, lottando contro l’azienda ed entrando sempre più in sintonia non solo con le idee dell’altra, ma anche con le proprie storie.

È proprio questo uno dei concetti chiave che chi sfrutta strumenti di intelligenza artificiale per creare materiale artistico dovrebbe comprendere: ogni artista mette un pezzo di sé in quello che crea. A prescindere che si tratti di un libro, di un quadro, di un film o di un videogioco, non esiste un creativo che si limiti a copiare il lavoro di altri senza aggiungere qualcosa di suo, che rende quell’opera unica.

Non basta inserire un prompt nel quale chiediamo di realizzare un racconto di genere horror nello stile di Stephen King per realizzare qualcosa di unico, perché ci mancheranno tutte le esperienze di vita che il maestro dell’orrore ha provato sulla sua pelle e che ci offre nei suoi lavori. Solo così potremo distinguerci da una semplice scopiazzatura. Anche quando parliamo di una parodia, troviamo sempre qualcosa che rende la copia unica rispetto all’originale.

Diritti degli autori

Mio e Zoe in Split Fiction
Mio e Zoe in una sequenza di Split Fiction – ©Hazelight Studio

È vero, d’altro canto, che gli artisti che utilizzano l’intelligenza artificiale al loro servizio non si limitano a scrivere “crea un racconto nello stile di Stephen King”. Realizzare un prompt efficace, spesso, richiede molti tentativi e diverse correzioni, ma il punto cardine rimane sempre quello della gestione dei diritti d’autore. Il problema non è tanto nel mezzo utilizzato, quanto piuttosto nel modo in cui lo si utilizza. Molti tool di IA, infatti, si limitano a fagocitare materiali artistici di ogni genere, senza riconoscerne i crediti agli autori né da un punto di vista economico, né tantomeno da un punto di vista legale. 

È quello che succederebbe nel caso in cui il progetto della casa editrice di Split Fiction avesse successo. Le idee sarebbero gettate in un calderone, dal quale la macchina potrebbe tirare fuori una qualsiasi combinazione e rivenderla senza il consenso degli autori originali. Sarebbero modificate di quel tanto che basta per sfuggire al plagio e, contestualmente, perderebbero il valore aggiunto del legame tra Zoe e la sorella, o la frustrazione di Mio per la situazione in cui vive il padre riducendosi in buone storie, prive di anima.

Proprio per questo, Hazelight con Split Fiction, ma anche molti autori, artisti e creativi di ogni genere, si battono contro l’uso improprio delle loro opere nell’addestramento delle intelligenze artificiali. È come conseguenza di questa pratica che si finisce a tagliare personale da uno studio perché non servono più cinquanta persone per creare l’atmosfera di Dark Souls, ma sarà sufficiente scriverlo su un campo di testo. Ed è così che il mercato sarà invaso da copie senza personalità di opere che abbiamo amato, ma che smetteranno di trasmetterci emozioni, mentre coloro che le hanno create rimarranno tagliati fuori da un mondo che di creativo non avrà più nulla.

Il nuovo Gaudi

 

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Un post condiviso da Jay Kristoff (@misterkristoff)

In conclusione a questo ragionamento, vorremmo affidarci alle parole di Jay Kristoff, autore delle serie di Life Lik3 e della saga di Illuminotte. Lo scrittore australiano, infatti, si è espresso duramente sulla questione in un reel pubblicato sul suo account Instagram. Le parole di Kristoff, si possono riassumere in due punti focali, sui quali anche Split Fiction ci fa riflettere. Il primo punto è che tecnologie in grado di ricreare immagini nello stile dello studio Ghibli, libri nello stile di King o quadri nello stile di Van Gogh non servono a migliorare il nostro mondo. L’unico risultato che hanno è quello di rendere ancora più ricchi i milionari che li creano. Questo avviene tagliando i costi, perché non dovremo più assumere cinquanta programmatori per realizzare il nostro videogioco, quando basta inserire quello che ci serve in un prompt per avere il codice pronto. 

Questo ci porta al secondo punto della riflessione di Kristoff, ovvero che così facendo non scopriremo mai il nuovo Da Vinci o il nuovo Gaudi. Si tratta di una riflessione piuttosto lineare, ma non del tutto scontata. Infatti, l’autore afferma che nel momento in cui un ragazzino di dodici anni con la passione per l’illustrazione dovrà scegliere se studiare anni per diventare un illustratore, o seguire le orme di suo padre e diventare un idraulico, sceglierà la seconda strada.

È piuttosto scontato, infatti, che in un mondo in cui passare anni a studiare copywriting, disegno o programmazione avrà il solo effetto di renderci disoccupati che hanno sperperato buona parte dei risparmi dei nostri genitori, non ci sarà più spazio per l’arte. Kristoff conclude dicendo che sì, abbiamo bisogno di idraulici, ma abbiamo anche bisogno di scoprire i nuovi Gaudi.

Ed è proprio su questa chiave di lettura che possiamo vedere il messaggio che Hazelight ha voluto darci con Split Fiction. Non ci serve che una grande azienda ci privi di tutte le nostre idee, le vomiti in un impasto amalgamato a casaccio e ci dimentichi. Abbiamo bisogno di storie, di quadri, di animazioni e di arte in ogni sua forma, che sia in grado di emozionarci, di lasciarci qualcosa e di farci riflettere. Non vogliamo poter vedere un anime fatto da chiunque nello stile dello Studio Ghibli, ma vogliamo che i giovani vedano le opere di Miyazaki, le amino e, crescendo, creino qualcosa di proprio che ne stravolga le fondamenta e a cui altri giovani in futuro potranno ispirarsi.

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Laureato in Cinema e Media, giocatore dalla nascita e appassionato di qualsiasi cosa racconti una storia coinvolgente. Ha iniziato a scrivere di videogiochi nel 2021, collaborando con diversi siti come Tom's Hardware. Nel 2025 arriva sulle pagine virtuali di Screenworld, per continuare a condividere la sua passione con chiunque voglia dedicare del tempo nella lettura dei suoi contenuti.