In un mondo condannato dalla rovina della guerra atomica, l’unica speranza per l’umanità è costruirsi un futuro nelle profondità della terra. Giganteschi rifugi atomici, labirintici dedali verticali diventano il nuovo mondo, ma si possono lasciare all’esterno solo le memorie della guerra atomica, o si porteranno all’interno anche le ombre dell’animo umano?
Con la sua Trilogia del Silo, Hugh Howey ha ritratto alla perfezione questa distopia futura, ritraendo un’umanità disperatamente in cerca di un futuro, ma apparentemente incapace di abbandonare le sue asperità. Un ritratto impietoso che ha affascinato il mondo del cinema, tanto da suscitare l’attenzione di Ridley Scott, ma il destino della Trilogia del Silo non era sul grande schermo, ma nella serialità. E per un’ambientazione così complessa, non poteva esserci miglior scenario di AppleTv+, dove la sci-fi sembra aver trovato una degna attenzione.
La tana dell’umanità

Nel silo, diecimila sopravvissuti vivono sotto un regime autoritario di tipo orwelliano, concentrati sul presente e disinteressati al futuro. Una società nata dalle ceneri di una violenta insurrezione, occorsa centoquarant’anni prima, in seguito alla quale il potere emerso ha deciso di eliminare ogni traccia del passato, rendendo perseguibili la ricerca e la conservazione di informazioni pre-apocalisse.
In un’atmosfera oppressiva, gli abitanti del Silo crescono con la convinzione che il mondo esterno sia una landa mortale e desolata, visibile solo attraverso un grande schermo che evidenzia la letalità dell’ambiente esterno. L’unico modo per conoscere la realtà al di fuori di questo rifugio è venire esiliati o decidere di lasciare la sicurezza del luogo. Chi esce ha il compito di pulire il vetro della telecamera che trasmette l’esterno, ultimo servizio alla comunità con cui garantire di vedere sempre cosa resta del vecchio mondo.
Una cupa quotidianità che viene scossa quando lo sceriffo Holston (David Oyelowo) inizia a mettere in discussione la verità del governo, dopo che la moglie Allison (Rashida Jones) decide di lasciare il Silo a causa di un crollo psicotico. L’incontro con la tecnica informatica Juliette Nichols (Rebecca Ferguson) lo spinge a prendere una decisione audace: oltrepassare le porte del Silo per scoprire la verità.
La decisione di Holston innesca una spirale di eventi che spinge Juliette, figlia dei bassifondi e outsider della struttura, a diventare Sceriffo. Posizione le consente di indagare sulla misteriosa morte dell’uomo che amava, un evento il cui chiarimento potrebbe minacciare l’intera società del Silo. Con il potere conferito dal suo distintivo temporaneo, Juliette si trova a dover combattere contro le leggi della sua comunità e contro chi cerca di mantenere il silenzio per preservare il proprio potere.
I peccati dei padri ricadono sui figli

Silo critica un problema estremamente attuale: l’estraniamento causato dalla percezione della realtà attraverso dispositivi elettronici. La repressione del passato dell’umanità diventa uno strumento di potere che minaccia di distruggere un ordine sociale ingiusto, simile a un rito dittatoriale, mascherato da una speranza per un futuro irrealizzabile. Una percezione amplificata dalla rappresentazione visiva della struttura del Silo – un ambiente oscuro e degradato, sostenuto da una tecnologia in via di estinzione e mantenuto dalle classi più povere. La vita all’interno è greve, caratterizzata da spazi claustrofobici illuminati da una luce artificiale che intensifica le tensioni emotive dei personaggi.
La cura architettonica e la rappresentazione dell’obsolescenza del Silo contribuiscono all’emozione della serie, che presenta una narrazione compatta e dialoghi misurati. Silo sembra ispirarsi a maestri della sci-fi come Terry Gilliam, combinando una forte connotazione sociopolitica con una visione critica del genere, limitando spazio all’azione e alle trame frenetiche. Questa visione si arricchisce con elementi da crime story, trovando un ritmo narrativo che permette un’analisi profonda delle situazioni e dei personaggi, concedendosi i giusti momenti di azione come evento culminante di una progressiva tensione sociale.
La salvezza è per pochi

La saga di Howey è stata trasposta con rispetto al medium seriale, concedendosi le giuste libertà in fase di adattamento. Le atmosfere claustrofobiche del Silo riflettono la chiusura interiore dei protagonisti, rispecchia la presenza di segreti che albergano tanto nell’animo dei singoli, quanto come fondamento della stessa società del Silo. Una definizione di questo futuro che rende Silo una serie di rara bellezza, che ricorda come la sci-fi sia una fine strumento analitico, portando la serie di AppleTV+ ad affiancarsi a serie di fantascienza di alto profilo, come The Expanse, Battlestar Galactica o Foundation.
Proprio per questa sua natura, tuttavia, Silo è una serie che si rivolge a un pubblico preciso, quasi di nicchia. Simile alla trilogia letteraria da cui deriva, non punta a sorprendere con scenari futuristici o azioni mozzafiato, ma cerca invece di toccare l’anima degli spettatori con una narrazione che segue un percorso non lineare, arricchito da flashback puntuali e ben strutturati. Ideale per ritrarre un’umanità decadente, priva di eroi, affrontando al contempo temi come ecologia e potere della conoscenza, stimolando la curiosità visiva e narrativa del pubblico.
Ingabbiata eppure indomita, l’umanità di Silo sembra non volersi arrendere, sia che si tratti di scoprire la verità sepolta nel passato, che di preservare il potere illusorio di una sicurezza in nome di un bene superiore, dietro si cui nascondo visioni dittatoriali, tema quanto mai attuale oltreoceano.