Uno dei pantheon eroici più ricchi del panorama fumettistico, in cui i lettori si muovono abilmente arrivando al punto di sperare di vedere i propri beniamini incontrarsi. Che si tratti del western, di un futuro hi-tech o della Londra dylaniata, in casa Bonelli non mancano le occasioni per dare vita a incontri unici, ma la vera sfida è sempre una: come rendere credibile un team up?
In passato l’editore milanese ha già dato dimostrazione di sapere come realizzare simili incontri, ma è negli ultimi anni che la creazione di un universo condiviso sembra avere preso maggior consistenza. Rimandi e citazioni sono sempre stati presenti nelle diverse testate, come la menzione di un erede di Jerry Drake nelle primissime storie di Nathan Never, ma il passaggio da voce sussurrata a pilastro narrativo è tutt’altro che scontato.
Lezione che sembra essere stato ampiamente compresa da Adriano Barone, che supportato dai disegni di un team artistico di grande livello (Max Bertolini, Sergio Giardo, Mariano de Biase, Marco Foderà, Salvatore Cuffaro e Giulio Giordano), ha orchestrato il nuovo incontro tra l’Agente Speciale Alfa e il Detective dell’Impossible.
Squadra vincente non cambia
Non una prima volta per questo dinamico duo. La presenza di un Martin Mystère nella Terra futura di Nathan Never è un dogma assodato grazie a un primo storico teamp up, Prigionerio del futuro. Operazione per l’epoca incredibile, in cui la creazione di un doppio robotico di Mystére veniva introdotta nella continuity neveriana rispettando i dogmi di entrambi i personaggi. Talmente ben definito, da rendere questo robotico Martin una presenza ricorrente nelle storie dell’Agente Alfa.
Successo dovuto alla bravura di due colonne bonelliane, Alfredo Castelli e Antonio Serra. Da questo primo incontro si sono presentate occasioni che hanno visto i due eroi collaborare nuovamente, come la celebre Saga di Atlantide, sempre trattate con il massimo rispetto per la lezione di Serra e del compianto Castelli.
Nel frattempo, Bonelli si è evoluta, ha cominciato a sperimentare in direzioni diverse, narrativamente e commercialmente. Nuovi modi di intendere la serializzazione, collaborazioni eccellenti come quella con DC Comics, e, soprattutto, nuovi team up interni, che hanno spinto alla creazione di un sempre più definito universo bonelliano. Di cui Nathan Never, per la sua natura sci-fi, era sempre un perno, volente o nolente.
Ma come costruire un contesto universale, se ci sono discrepanze all’interno delle singole serie?
L’universo spezzato di Nathan Never
Caso emblematico, proprio Nathan Never. Primo esempio bonelliano di continuity serrata (e serriana!), l’Agente Alfa ha visto negli ultimi anni una sorta di riscrittura. Punto di rottura sono state le tre celebri miniserie affidate ai tre padri del personaggio, che hanno, in un certo senso, creato una certa confusione.
La gestione della serie regolare negli ultimi anni non ha migliorato questa sensazione, con una volontà di retcon non sempre lucida, creando incongruenze e riscritture pindariche che hanno minato la credibilità dell’Agente Alfa. Come ci insegna il fumetto d’oltreoceano, davanti a una crisi simile non c’è niente di meglio di un bel maxi evento riparatore.
Eppure, questi momenti risolutivi non devono perdere di vista non solo il loro obiettivo normalizzatore, ma soprattutto la natura dei personaggi e il rispetto delle loro specificità. Compito ancora più difficile se si tratta di figure con mondi ben delineati e una lunga, ricchissima vita editoriale, elementi che non possono esser redente con un semplice e liberatorio colpo di spugna.
La dimostrazione di come utilizzare un evento come un team up per portare ordine nel caos è proprio questa ennesima avventura del BVZM e del Musone.
Il team up che plasma un multiverso
Un lungo arco narrativo che a partire da Paradossi Universali (Nathan Never 401), si dipana in cinque albi – Crossover (Martin Mystère 417), Dipartimento 51 (Nathan Never 402), Multiversi (Nathan Never 403), Il guerriero e l’esploratore (Nathan Never 404)- in cui viene effettuata una vera e propria opera di certosina ricostruzione di una continuity spezzata.
Merito di un Adriano Barone che non si limita a essere custode della tradizione di Nathan Never, ma mette in campo la sua smisurata conoscenza del medium narrativo. Da navigato sceneggiatore, ma ancora più da vorace lettore, Barone è consapevole di potenzialità e insidie di operazioni simili, competenza che consente all’autore di cucire una storia perfetta per i due personaggi.
Questo incontro non diventa quindi solamente un’opera correttiva, ma si prende i giusti spazi per dare anche a personaggi a volte dimenticati il giusto spazio per trovare una propria conclusione, o, perché no, nuovi inizi. Nel mettere insieme questa sua squadra, Barone lascia a ognuno il tempo di affrontare i propri dubbi, le proprie ansie, rapportandole sempre alla figura di due eroi titolari, Nathan Never e Martin Mystère.
Se da un lato la presenza di Mystère viene saggiamente asservita all’aspetto mysterioso tipico del personaggio di Castelli, l’Agente Alfa non si limita a portare l’elemento sci-fi, ma conferisce un tono più drammatico alla vicenda. Da conoscitore delle complesse architetture del mondo neveriano, Barone fa confluire in questo maxi-evento linee narrative incompiute, tramite un accorto gioco di incastri e rimandi porta linearità nel caos senza forzature.
Si potrebbe, nel caso, contestare una certa verbosità sul piano della terminologia. Eppure, anche in questo caso l’autore ha scelto di ispirarsi a una sci-fi fumettistica precisa, in cui un linguaggio pseudo-scientifico fatto di termini astrusi era la regola.
La storia diventa dialogo
Non solo storia fine a sé stessa, ma anche dialogo sincero con il lettore. La metanarrazione è una costante, che si manifesta nei dialoghi tra personaggi, nel flusso di coscienza di alcune figure racchiuso nelle didascalie o in un finale di grande carico emotivo. In cui trovano spazio anche deliziosi omaggi alla pop culture, fumettistica e non, tratti sempre con gusto di condivisione col lettore, senza mai sfociare nel brutale citazionismo.
Barone si prende coraggiosamente l’onere di stuzzicare nei lettori una riflessione sul rapporto con le storie e la loro libertà:
Non è vero che tutto è già scritto. Questo multiverso è vasto e immenso. È un insieme di spazi e tempi infiniti in cui puoi immaginare qualsiasi storia…ed essa diventerà realtà. È una fabbrica di sogni
E questo messaggio non è solo rivolti ai lettori, ma dovrebbe esser interpretato come un invito anche alla casa editrice. Un’operazione come questa è la dimostrazione che in seno a Bonelli ci siano non solo penne pronte a contribuire a un rinnovamento, ma anche una ricchezza in termini di possibilità da valorizzare al meglio.
Il futuro del multiverso bonelliano è già scritto?
Non è un caso che questo segnale arrivi all’intero della serie che più di ogni altra ha sperimentato con le potenzialità di un universo espando. Nathan Never è il prodotto bonelliano da cui sono fuoriusciti più spin-off, alcuni coinvolti attivamente in questo arco narrativo – come Generazione Futuro e Dipartimento 51- dando un preciso segnale: arriviamo dove nessuno sceneggiatore è mai giunto prima.
Le idee seminali presenti al termine de Il guerriero e l’esploratore sono un invito non solo ai lettori a non porre limiti alla propria fantasia, ma anche un incoraggiante segnale da parte della casa editrice nel voler espandere la propria visione. Dalla mente di Barone sono fuoriusciti degli spunti che potrebbero espandersi in diverse direzioni, sono comparsi personaggi la cui presenza potrebbe palesarsi in altre serie, consolidando ulteriormente il multiverso bonelliano.
Oltre ad averci appassionati con un’avventura di alto profilo, il team up conclusosi con Nathan Never 404 diventa quindi un interrogativo ben chiaro, in un onesto dialogo tra editore e lettore: Bonelli avrà il coraggio di esplorare queste nuove frontiere?
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