No Other Land è il documentario palestinese-israeliano che descrive gli sforzi del governo israeliano per costringere i palestinesi a lasciare le loro case a Masafer Yatta, nella Cisgiordania meridionale. Il film ha ottenuto sentiti consensi da quando ha vinto il premio come miglior documentario al Festival del cinema di Berlino dell’anno scorso. Diretto da un collettivo palestinese-israeliano di quattro giovani attivisti, Hamdan Ballal, Yuval Abraham, Rachel Szor e Basel Adra, la testimonianza mostra la progressiva demolizione di case e interi villaggi da parte dell’esercito israeliano in territorio Palestinese.
Indicato come uno dei principali contendenti per la nomination nella categoria per miglior documentario agli Oscar, No Other Land è il primo film che veramente tratta dell’occupazione Palestinese dallo scoppio della guerra Israele-Hamas nell’ottobre 2023. Tale documento assume una valenza ancor più grande a seguito del fatto che almeno 29.000 palestinesi, dei quali più di 12.000 bambini, sono stati brutalmente assassinati nel loro stesso Paese, tutto questo da quando Adra ha iniziato a elaborare e montare il documentario.
Tuttavia il coraggioso lavoro compiuto dai registi ha radici molto più profonde, trattandosi di una documentazione di resistenza che attraversa diversi anni di degradazione nei quali una politica colonialista di un Paese limitrofo ha dato il via a un massacro umano senza eguali.
Genere: Documentario
Durata: 95 minuti
Uscita: 16 Gennaio 2025 (Cinema)
Le Origini del conflitto nel ricordo di un ragazzo
Il primo ricordo che Basel Adra ha impresso nella memoria è un episodio di violenza: soldati israeliani che irrompono nella sua casa e arrestano suo padre, attivista palestinese che combatteva per proteggere la comunità di Masafer Yatta molto prima che suo figlio nascesse. Adra aveva solo cinque anni, ma l’efferatezza e la mancanza di umanità dimostrata in quegli istanti sono ancora molto lucide nella sua mente. Cresciuto in condizioni di apartheid in un territorio occupato, Adra non ha mai assaporato una vita che non fosse agguantata dalla minaccia di una condanna.
Un ricordo così vivido non sarebbe tale se Adra non avesse trascorso una vita a documentare ciò che lo circondava. Tutti gli episodi più umanamente deprecabili della sua esistenza sono stati catturati dalla videocamera appartenente alla sua famiglia e dei vicini paesani. Riprese conservate nella speranza che un giorno il mondo potesse rendersi conto delle loro sofferenze e intervenire al fine di liberare il territorio Palestinese dal dominio Israeliano.
Fortunatamente questo principio di speranza non ha fatto breccia solamente fra i superstiti di Masafer Yatta, che continuano a lottare con forza, ma ha anche pervaso il crudo documentario che Adra ha co-diretto con la stessa furente determinazione che da decenni l’esercito israeliano applica nel voler spazzare quel popolo dalla propria Terra.
La genesi del documentario e la sua valenza
Il film comincia nel 2019, ma la percezione soffocante è di assistere a immagini potenzialmente provenienti dagli oltre 40 anni di movimenti oppressivi, cioè da quando il governo israeliano ha dichiarato Masafer Yatta una zona chiusa di addestramento militare. L’obiettivo dei sopraffattori è trasferire le famiglie risiedenti in quei luoghi da generazioni per fabbricare insediamenti israeliani sugli appezzamenti. L’estromissione non sarebbe stata ufficializzata fino a quando un tribunale israeliano non avesse steso una petizione contro di essa, questo nel 2022. Superfluo dire che l’esercito israeliano incaricato di invadere i territori non ci ha pensato due volte ad attendere una sentenza per loro praticamente già emessa e chiusa.
Dal 1996, Masafer Yatta è stata demolita e ricostruita innumerevoli volte. Alla luce del sole, gli israeliani riducono case, scuole e parchi per la vita pubblica a cumuli di polvere, costringendo i palestinesi a rifugiarsi in grotte di roccia ingegnosamente apparecchiate con tanto di televisori e utensili necessari alla ricostruzione di quel che rimane della vera casa strappata via. Mentre i tribunali giungono al verdetto definitivo, l’esercito israeliano accelera il suo sfollamento distruttivo.
Il documentario si apre e chiude a ventaglio, spesso allo stesso modo: se da una parte la speranza perdura, dall’altra gli occupanti abusivi cercano attrezzi, distruggono e sparano. La notte, gli abitanti di Masafer Yatta ricompongono quel che riescono a raccogliere, macerie per lo più, in un tentativo di riappropriarsi di quel che è loro con un sapore di rivalsa che per il nemico odora di sfida. L’esercito israeliano attacca i villaggi, minaccia e aggredisce anche chi non può difendersi.
Adra e Abraham, coraggio e voglia di riscatto
Con questo documentario, Adra ha sentito la responsabilità di parlare del popolo palestinese a Gaza e a Masafer Yatta: negli ultimi 15 mesi la situazione è soltanto peggiorata, proprio come in tutta la Palestina. Le demolizioni sono aumentate e i coloni espandono i loro insediamenti illegali non conoscendo limiti. Molti dei coloni che dovrebbero essere in prigione per aver commesso crimini contro le comunità oggi sono soldati e comandanti dell’esercito israeliano. Adra non paragona la propria situazione a Gaza, dove ogni giorno l’esercito israeliano uccide tra le 50 e le 100 persone, ma ne sottolinea le miserabili condizioni.
A Yuval Abraham si aggiungono Hamdan Balla e Rachel Szor, disposti a mettere a repentaglio la propria libertà (se non addirittura la propria vita) pur di documentare la verità su ciò che sta accadendo. Abraham considera No Other Land come un atto di coesistenza. I palestinesi non hanno uno Stato e la comunità Masafer Yatta non esiste sulla mappe. In Israele, a causa del governo più di destra di sempre, non c’è alcun discorso su una possibile soluzione politica che permetta di sperare in un futuro diverso.
Grazie al montaggio, il documentario delinea la volontà di mettere in primo piano il distacco inconciliabile di due popoli e il sempre crescente numero di molestie e violenze che l’esercito israeliano infligge alla gente di Masafer Yatta. Da questo nasce però un punto di contatto: l’unione di ragazzi provenienti da popoli in conflitto.
Una testimonianza di barbarie e resistenza
Questa è una storia dolorosamente umana – è la confessione di un impaurito Adra, che rivela di non voler diventare come suo padre. Il timore non nasce dall’idea di essere come lui, ma di non aver abbastanza tempo o forza per vedere la sua terra finalmente libera. Le persone hanno il diritto di sapere cosa succede a queste famiglie da quando le bombe hanno iniziato a essere sganciate sopra le loro teste. Uno sguardo oltre la cortina di ferro, necessario per notare la cattiveria stampata sul volto di chi compie scelleratezze in nome di qualche vana gloria divina.
Immagini e scorci di video che, nonostante la sfocatura, lasciano il segno nella stessa misura in cui le braccia di quei soldati invasati percuotono l’integrità di chi giustamente si oppone. La testimonianza documentata è la l’arma/difesa più impattante che le persone hanno contro l’occupazione coloniale. Il film, in sala dal 16 gennaio in Italia, rappresenta un rarissimo caso di resistenza umana – potente e coraggioso come lo spirito di chi non cessa di lottare.
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No Other Land è un documento socio-politico sulle crudeltà dell'essere umano, ma anche sulle sue speranze. Il coraggio di quattro giovani ragazzi disposti a tutto, persino rischiare la loro stessa vita, pur di trovare un senso alla barbarie. Nel documentare l'orrore emerge il desiderio di scuotere le coscienze del mondo in un raro esempio di resistenza, ma soprattutto di profonda umanità.