Stephen King la chiamerebbe la metà oscura, Stevenson lo aveva battezzato Mr Hyde, nella Casa delle Idee è passato alla storia come Hulk. Una liberazione dai freni morali della razionalità, una forza primigenia che devasta e nella sua ferina semplicità non comprende certe regole sociali e, a volte, se ne fa beffa, distruggendo e rifuggendole. Nei suoi lunghi anni di vita editoriale, Hulk è divenuto la migliore rappresentazione di questa dicotomia interiore dell’uomo. Non serve esser profondi conoscitori del mondo dei comics per sapere chi sia Hulk, non sono nemmeno necessarie le declinazioni cinematografiche del Gigante di Giada. Volendo esser onesti, gran parte della fama dell’energumeno verde si deve a una delle prime serie TV tratta dai comics, ma è innegabile come la sua presenza nell’immaginario collettivo è scaturita dall’essere più vicino alle persone comuni di quanto si voglia ammettere.
Chi è il vero mostro?
Questo tratto è ereditato dalla sua genesi fumettistica di Hulk. L’avvio del Marvel Universe era stato basato essenzialmente sulla weird science, in cui le paure del cittadino medio del periodo, ossia l’atomica e la scienza come fonte di pericolo più che sostegno al progresso, divennero l’elemento scatenante di grandi eroi. Ragni radioattivi, raggi cosmici, mutazioni e simili divennero l’origin story di gran parte del pantheon marveliano, ma nel caso di Bruce e di Hulk ci si spinge oltre. Quando ricordava la nascita di Hulk, Lee non mancava di ricordare un aspetto fondamentale della sua concezione:
Era più che evidente che la Cosa era il personaggio più popolare dei Fantastici Quattro. Da diverso tempo mi ero accorto che la gente era portata a preferire qualcuno che non fosse propriamente perfetto.
Ben Grimm era il mostro dei Fantastici Quattro, il più colpito esteticamente del quartetto di avventurieri, eppure era il più amato. Forse perché per una volta l’eroe non era un modello di bellezza assoluta e perfezione morale, ma si avvicinava alle difficoltà dell’uomo della strada, per quanto mitigate dalle ovvie necessità narrative. Hulk doveva quindi insistere su questo punto.
Due lati della stessa anima
Ricordandosi della dicotomia di Jekyll e Hyde, Lee intuì come Hulk dovesse spaccare, in un certo senso, la visione non tanto dell’eroe, quanto del protagonista. Ogni fumetto all’epoca vedeva personaggi in cui si cercasse un punto di contatto coi lettori, ma erano sempre e comunque supertizi infallibili e assolutamente positivi. Non a caso, il geniale e timido Bruce Banner viene trasformato in questo gigante incontrollabile, due verità apparentemente antitetiche, ma che sono espressioni della stessa anima. In inglese, hulk non significa solamente gigantesco, ma anche goffo, tratto che ben si delinea al Banner delle prime storie, ma soprattutto alla poetica visione della prima notte di Hulk raccontato da Loeb e Sale in Hulk: Grigio. Ed ecco la vera rivoluzione: il dualismo non è più maschera e uomo, ma è in senso all’individuo. E la vittima, a ben vedere, non è Banner, in cui convivi un mostro, ma è proprio il suo alter ego verde, come accadeva per il mostro di Frankenstein, altra palese ispirazione di Lee:
Ho sempre avuto un certo trasporto per il mostro di Frankenstein. Nessuno potrà mai convincermi che sia lui il cattivo. Non voleva ferire nessuno, cercava solo di trovare una seconda esistenza cercando di difendersi, cercando un compromesso con chi lo vorrebbe distruggere
Il gigante e l’uomo
Hulk è la vittima, in più di un’occasione. La sua forza bruta e il suo iniziale scarso intelletto, come contrapposizione al genio di Banner, non vengono premiate, il personaggio non piace e la sua serie chiude. Seguono comparsate in altre serie, specie nella più ‘scientifica’ Fantastic Four, ma il successo arriva in extremis con Avengers. Nato come serie di salvataggio durante il travagliato lancio di Daredevil, Avengers raccolse i primi eroi di Marvel Comics, tranne Spider-Man, coinvolgendo anche Hulk. Inizialmente eroe, il Gigante di Giada diventa rapidamente il nemico, per la sua forza incontrollabile e il suo carattere poco incline alla collaborazione. In questo momento, vengono gettate le basi della complessa vita di Hulk nel Marvel Universe, riconducibile a una difficoltà di relazionarsi col personaggio. Da questo ostracismo, che diverrà poi fondamentale in saghe come World War Hulk, si denota una sorta di accanimento verso Hulk. Mentre tutti vorrebbero fermarlo o controllarlo, il gigantesco essere chiede solo una cosa: lasciatemi stare. Conscio di non poter esser accettato dal consesso civile, Hulk viene a lungo ritratto come una figura tragica, che vuole isolarsi da quella fragile umanità, di cui vorrebbe far parte ma in cui non ha posto. Desiderio e repulsione, slancio e respinta. L’intera narrativa di Hulk è un gioco di contrapposizioni, in cui grandi autori, come David e Ewing, hanno potuto muoversi indagando all’interno dell’anima dell’uomo, cercando l’origine del mostro e privandola della sua iniziale semplicità, dipingendo ritratti di sferzante umanità e di sincera commozione per questa anima divisa. O forse, più integra di altri eroi più amati. Ogni personaggio della Casa delle Idee affronta demoni personali, ma si tratta per lo più di fragilità che si possono nascondere dietro una maschera o da racchiudere in un’armatura. Hulk, invece, è esattamente all’opposto: la sua debolezza lo condanna al pubblico giudizio. Ma siamo noi che giudichiamo Hulk, o è lui a giudicare noi?
Sotto lo sguardo di Hulk
La grande illusione di Hulk è credere che sia lui ad essere lo scrutinio del mondo, quando potrebbe essere esattamente il contrario. Se Banner è la parte razionale conscia delle regole e dei limiti della società umana, Hulk è l’opposto, è la sublimazione steroidea del buon selvaggio. La mente semplice del gigante verde non contempla sovrastrutture sociali o obblighi civili spesso ipocriti. In molte occasioni, l’ingenuo colosso si ritrova in situazioni estremamente complesse. Non accetta il sopruso e interviene a modo suo per un senso di giustizia basato su un assunto di giusto senza eccezioni. Anche nelle occasioni in cui ci si trova a vedere dei momenti in cui Banner e Hulk trovano un equilibrio di coesistenza, è spiazzante vedere come la fusione di queste due personalità sia travolgente. Al punto che sotto la sapiente mano di Peter David prese forma Prima che le tenebre vi sorprendano, in cui temi come AIDS e omosessualità vennero trattati con un sorprendente sensibilità.
Chi è realmente Hulk?
La lezione di Hulk è la stessa del suo amichevole rivale, la Cosa: il mostro potrebbe non esser tale. Dietro l’apparenza e la facile riduzione a muscolosa macchietta dell’ ‘Hulk, spacca’, si nasconde una dramatis persona incredibilmente umana, l’animo più autentico e puro del pantheon marveliano. In un contesto supereroico in cui si cercava sempre più di creare un mondo condiviso, Hulk era l’elemento di rottura. Dove tutti erano venerati, eroici e in grado di camminare tra le persone comuni, Hulk diventa il reietto, l’incompreso. E forse, proprio per questo, il più vicino alla sensibilità delle persone comuni.