Il male è fuori di me o dentro di me? Un dubbio atroce. Una sola domanda martellante attorno a cui gira un film intero, come fa il carillon che apre questa affascinante creatura di nome Nosferatu. Una melodia malinconica che si trasforma presto in ossessione. Un terreno fetido in cui Robert Eggers sguazza sempre volentieri. Lui che usa sempre miti e leggende antiche come pretesto per raccontare il lato più oscuro dell’animo umano: la follia, la vendetta, l’ambizione, l’inadeguatezza. Sentimenti e pulsioni irrefrenabili che il regista americano confina nel passato remoto solo per dimostrare che è tutto ancora presente, dentro e attorno a noi. Che si parli di streghe, vichinghi o vampiri, il cinema di Robert Eggers racconta sempre uomini e donne in conflitto con il loro tempo e con la loro gente.
Da qui l’idea di un Cinema in cui la società (che sia una famiglia, una comunità o una coppia) fallisce sempre e comunque. Non potrebbe esserci tentazione più grande di aver tra le mani un vampiro bramoso di annientare tutto. Nonostante sia il remake di un film di oltre cent’anni fa, al cinema dal 1 gennaio 2025 e nella storia del cinema dalla notte dei tempi, Nosferatu si inserisce alla perfezione nella poetica di un autore contemporaneo con una solida consapevolezza: il cinema è diventato un vampiro.
Genere: Horror
Durata: 132 minuti
Uscita: 1 gennaio 2025 (Cinema)
Cast: Lily-Rose Depp, Bill Skarsgård, Nicholas Hoult, Willem Dafoe
Vieni da me
Germania, 1838: una giovane sposa di nome Ellen (Lily-Rose Depp) sembra legata a un’entità malefica che la ossessiona, la infesta, la chiama a sé. Suo marito Thomas (Nicholas Hoult), intanto, viene spedito in Transilvania per chiudere un affare col misterioso conte Orlok (Bill Skarsgård), figura inquietante e sfuggente come un’ombra. Un’ombra che presto si rivelerà famelica e spietata. La trama di Nosferatu è antica e nota come il mito di Dracula, creatura di Bram Stoker saccheggiata nel 1922 da Murnau per girare il suo capolavoro espressionista. Un tentativo di svincolarsi dai diritti legati al vampiro, rivelatosi miseramente fallimentare: gli eredi di Stoker vinsero la causa per violazione dei diritti d’autore e tutte le copie di Nosferatu furono distrutte – tranne una, per fortuna.
Con questo nuovo Nosferatu, Eggers porta avanti l’eredità di quel film sopravvissuto a se stesso, sottolineando l’eternità del mito vampiresco. Alcune cose non sono cambiate, né tramontante: sono rimasti quei dilemmi sulla natura del male, è rimasta quella voglia di sovvertire il perbenismo borghese, di inquietare e scuotere una società piena di regole che opprimono istinti, pulsioni, piaceri. Chi pensa di trovare una trama rivoluzionaria o una storia del tutto nuova non potrà placare la sua sete: questo Nosferatu è la rilettura di un bravo allievo che ha imparato la lezione dei maestri (Murnau, Stoker e mettiamoci anche Francis Ford Coppola) e vuole raccontarla a un pubblico nuovo. Vecchio sangue che scorre dentro altre vene.
Come un cuore che pulsa
Questo Nosferatu è puro cinema d’autore – e in quanto tale è un film dove il “come” è più importante del “cosa”. Il come è dominato da un’estetica curata in modo maniacale che immerge all’istante in una torbida atmosfera gotica, fatta di costumi sporchi, posti malsani e fetore. Anche quando nulla in scena potrebbe lasciar intuire il contrario, permane una costante sensazione di inquietudine che serpeggia nell’oscurità. Merito di una fotografia elegante, capace di rievocare i magistrali giochi di ombre del film di Murnau, ma soprattutto di una regia sapiente, che non dimostra mai timori reverenziali ma azzarda soluzioni nuove con movimenti di macchina ispirati e almeno un paio di sequenze meravigliose.
In questa continua battaglia tra luce e ombra che è Nosferatu, il film dà il meglio di sé proprio tra le tenebre – quando nasconde, quando promette senza mostrare, quando lavora di sottrazione. Tutta la prima parte del film, dove l’ombra di Orlok incombe su Ellen, è la più ispirata: senza bisogno di troppe parole, la sezione iniziale si affida quasi totalmente alle immagini e a un incredibile sonoro, con il respiro, la salivazione, la voce e il risucchio mortale di Nosferatu che inquietano davvero, riecheggiando nei timpani anche a proiezione finita. Paradossalmente, però, quando l’orrore vero si mostra e Orlok entra in scena, il film perde potenza e fascino.
In alcuni momenti Nosferatu diventa un film troppo urlato, troppo esagitato, perdendo quell’eleganza subdola che tanto conquista nella prima parte. Forse è anche colpa di una Lily-Rose Depp troppo acerba e accademica per la parte, incapace di dare vero spessore al tormento di Ellen. Forse è anche colpa del ritmo ondivago, simile a un cuore che prima batte piano e poi soffre di tachicardia. A questo Nosferatu capita di ripetersi troppo, girando in tondo. Questo non toglie dagli occhi almeno tre inquadrature memorabili, un finale potentissimo e la sensazione di aver visto davvero l’orrore dritto in faccia – se negli occhi di un mostro o di una donna, lo facciamo scegliere a voi.
Il cinema è un vampiro
Nosferatu significa “non spirato”. Non morto, appunto. Un’etimologia che Eggers rispetta alla lettera, donando a Orlok un aspetto nuovo, ancora più mortifero e putrescente rispetto all’orribile creatura glabra che conosciamo. Un character design coraggioso, inedito, che in parte tradisce l’iconografia classica del mostro. Non staremo qui a rovinarvi la sorpresa, ma sappiate che è un tradimento sensato: Eggers conosce bene la materia, ha affondato mani e denti nel mito antico del vampiro saccheggiando (o meglio, succhiando) informazioni dal folklore dell’Est Europa. Il suo Nosferatu è figlio di credenze più antiche del Dracula di Stoker e per questo svuotato dell’eleganza tipica del Conte, sostituita da una violenza quasi ferina.
Sì, questo Nosferatu inquieta, spaventa a tratti e ogni tanto è persino raccapricciante. Un film che funziona bene come horror classico, come omaggio al passato e rilettura moderna, ma soprattutto come riflessione in-volontaria sul cinema di oggi. Un cinema sempre più simile a un vampiro: una creatura famelica, che sopravvive solo succhiando il sangue del passato. Un vampiro che punta al cuore delle grandi storie per renderle ancora una volta immortali.
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Conclusioni
Elegante, raccapricciante e ispirato soprattutto quando si muove nelle tenebre, Nosferatu è un remake che si inserisce alla perfezione nella poetica di Robert Eggers. Un regista che ama insinuarsi nei lati oscuri dell’animo umano, che questa volta utilizza il vampiro come specchio distorto in cui riflettere sulla natura del male.