Per tre anni e mezzo la donna aveva tormentato con pernacchie al telefono una collega che considerava antipatica. Il giudice onorario ha quantificato il risarcimento attorno ai 41mila euro considerandola come una stalker visto il reiterarsi dei reati nei confronti della vittima.
Ha dovuto sopportarla dal febbraio del 2006 al settembre del 2009, telefonate anche di notte con pernacchie che molestavano il suo sonno e quello del marito e della figlia. I tabulati telefonici sono stati sufficienti per risalire alla stalker. L’accusa ha parlato di “disturbo dell’adattamento con forte ansia e umore depresso, deflessione timica e insonnia, mediante il continuo e perdurante disturbo con il mezzo telefonico nelle ore notturne”.
L’accusata si è difesa davanti al giudice così: “Avevo un’antipatia per delle piccole incomprensioni lavorative. Riattaccavo dopo che alzavano la cornetta e poi ho iniziato a fare le pernacchie. Se davvero la disturbavo potevano staccare il telefono”.
Le parole non sono bastate a scongiurare la pena che è stata pesantissima. La donna è stata vittima di due richieste d’archiviazione e di una condanna penale oltre a un anno e una provvisionale di 5mila euro per ognuna delle tre persone colpite.
I social network si sono scatenati facendo ironia sull’accaduto, anche se qualcuno si è schierato dalla parte della vittima rendendosi conto della gravità della cosa. Fatto sta che il giudice si è pronunciato e ora la vessazione è giunta ai titoli di coda.
Ti lovvo pikkola malata di mente del mio ❤️https://t.co/EQJhky9GuW
— L’ ammalia-api (@Marlena48491293) January 4, 2023