Ispirato all’omonimo best seller dello scrittore argentino Tomás Eloy Martínez, Disney+ rende disponibili da questo martedì 26 luglio i sette episodi che compongono la serie ispirata a una delle figure femminili più potenti e iconiche di sempre, Eva/Evita Duarte Perón, first lady argentina dal 1946 fino al 1952, anno in cui venne stroncata a soli trentatré anni da un tumore all’utero. Qui di seguito, la nostra recensione di Santa Evita, la nuova miniserie prodotta da Salma Hayek e diretta da Rodrigo García e Alejandro Maci, disponibile sulla sezione Star di Disney+.
Santa Evita
Genere: Storico, drammatico
Durata: 7 episodi/40 minuti ca.
Uscita: 26 luglio 2022 (Star di Disney+)
Cast: Natalia Oreiro, Ernesto Alterio, Diego Velázquez
La trama: un biopic sui generis tra storia e mito
Questa è la storia del corpo defunto di una donna, e del suo valore simbolico, a riprova di quanto la vita di Eva (affettuosamente rinominata Evita dal popolo argentino) Perón abbia inciso nella coscienza collettiva di un popolo e di una nazione.
Una storia struggente, che ha inizio nella provincia di Buenos Aires, quando nel 1919 nasce María Eva Duarte, da una famiglia di umili origini. A 15 anni, spinta dal desiderio di diventare attrice, si trasferisce a Buenos Aires, dove conosce il futuro marito e compagno di lotta politica, l’allora generale e poi presidente dell’Argentina Juan Domingo Perón. È solo attraverso i numerosi flashback, che esploriamo e ricostruiamo il percorso e le tappe della loro relazione, perché la narrazione principale prende le mosse dal momento della morte della giovane Evita. Per onorare la richiesta della moglie di non essere dimenticata, il presidente Perón si rivolge a un famoso anatomista in grado di imbalsamare la salma, nonostante la salda e disperata opposizione della madre di lei, che rimarrà inascoltata.
Il corpo lunare di Evita diventa quindi il ganglio da cui si dipana la narrazione, una bambola di cera perfetta e inerme, paradossalmente capace di smuovere fazioni politiche opposte che ne percepiscono l’enorme forza simbolica, consacrata da una morte acerba che sconvolse un intero popolo. Nel 1955, infatti, il governo del presidente Perón fu rovesciato da un colpo di stato militare, e il cadavere di Evita divenne uno scomodo e pericoloso monumento a un passato troppo recente. Per paura di possibili ripercussioni, vennero riprodotti altri “finti” corpi di Evita, da spedire in luoghi diversi per disorientare il nuovo regime. Ha inizio il viaggio di un corpo che durerà ben 16 anni, in una delle pagine più singolari e surreali della storia argentina.
Una regia che amalgama storia, letteratura e realismo magico
Il tratto più letterario e mistico della serie emerge in relazione al corpo morto di Evita. Se in vita la giovane donna era stata un’attivista femminista impegnata nei diritti della classe dei lavoratori e dei meno abbienti, vicina e attenta ai bisogni di un popolo che la ricambiava con eguale intensità di sentimenti, da morta la sua trasfigurazione in (s)oggetto di devozione pare raggiungere il suo punto apicale. E così la regia di García indugia sui lineamenti cristallizzati di un volto ormai passivo ma ancora luminoso, capace di calamitare e ammaliare chi le ruota intorno. Dal medico incaricato di occuparsi della sua imbalsamazione all’ambiguo e serpico Colonnello Moori Koenig (Ernesto Alterio), sedotti e quasi sotto incantesimo quando si trovano in prossimità del corpo di Evita.
La narrazione assume i tratti di quel realismo magico così tipico della tradizione letteraria sudamericana (impossibile non tornare con la mente al personaggio di Rosa nel celebratissimo romanzo di Isabel Allende La casa degli spiriti, anch’essa morta e distesa su un letto mortuario e oggetto di un’ammirazione muta e travolgente). La regia e la scrittura di Santa Evita restano però ben ancorati al contesto storico, restituendolo con verosimiglianza e attenzione ai dettagli, grazie anche a un cast che non straborda e che si mette al servizio della storia con la S maiuscola.
Il corpo di una donna di potere è il corpo di una “puttana”
È così che viene chiamata Evita più e più volte nel corso degli episodi dai suoi oppositori, nel tentativo di depotenziare il corpo/simbolo di una donna che, all’interno di un contesto marcatamente patriarcale, ha assunto potere e un forte riconoscimento sociale e politico. Un’anomalia che nel sistema e nelle gerarchie politiche e militari non era tollerabile. Una ragazza venuta dalla provincia col sogno di diventare attrice, resa in modo credibile e sfaccettato dalla brava interprete Natalia Oreiro, che ben riesce a restituire le molteplici anime che coesistono all’interno di una personalità complessa, ispirata dagli ideali che ha portato avanti attraverso il suo impegno politico. Ancora più straziante, quindi, assistere al lugubre vagabondaggio della sua salma, un corpo a cui non è concesso un luogo in cui riposare perché la sua forza spaventa anche dopo la morte.
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La recensione in breve
In Santa Evita viene raccontata in sette episodi l'incredibile storia della salma di Evita Perón, che per anni è stata occultata per paura delle ripercussioni da parte del nuovo governo, insistendo sull'aspetto simbolico/mistico senza però tralasciare la cura per la ricostruzione storica.
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Voto ScreenWorld