Composta da tre episodi e con inedite testimonianze, Volo MH370: l’aereo sparito nel nulla è una nuova docu serie targata Netflix, basata sulla storia vera del volo MH370, Boeing 777-200ER, con a bordo 227 passeggeri più dodici membri dell’equipaggio, sparito letteralmente nel nulla l’8 marzo del 2014. Nonostante siano passati nove anni, la sparizione dell’aereo è considerato ancora oggi uno dei misteri irrisolti più iconici della storia contemporanea.
Dopo essere decollato dall’aeroporto di Kuala Lumpur, in Malesia, alle 00:42 dell’8 marzo 2014 il volo MH370 – con destinazione Pechino – scomparve improvvisamente nel nulla, dopo essersi portato ad un’altitudine di circa diecimila piedi e dopo essere entrato nella zona aerea vietnamita. Da quel momento, dall’aereo non arrivò alcuna comunicazione verso la torre di controllo di Kuala Lumpur. Le ultime parole del comandante Zaharie Ahmad Shah, tra i piloti con più esperienza della compagnia aerea, furono “Buonanotte, Malaysia 370“.
Le ricerche del volo MH370, Boeing 777-200ER iniziarono con ben cinque ore e non portarono a nulla, nonostante le 34 navi e i 28 aerei messi a disposizione. Le autorità esclusero subito la possibilità di un dirottamento o di un suicidio da parte del pilota, visto che, dopo aver interrotto le comunicazioni, il volo fece una virata drastica in direzione sud-ovest tornando indietro verso la Malesia. In seguito, il Wall Street Journal scoprì che l’aereo volò per ulteriori tre ore dopo la scomparsa dai radar.
Un anno e mezzo dopo la scomparsa ci fu una svolta nelle indagini: un frammento di un aereo, poi identificato come parte del volo MH370, venne scoperto sull’isola della Riunione, vicino al Madagascar. Altri tre pezzi dell’aereo furono trovati poi in Mozambico. La maggior parte dei ritrovamenti dell’aereo avvennero grazie a Blaine Gibson, un uomo che decise di investigare da solo sulla vicenda. Gibson consegnò i detriti al console australiano in Mozambico, il quale venne assassinato poco dopo da un sicario.
Nonostante ancora oggi il mistero sia ancora irrisolto, la maggior parte degli studiosi ritiene che la sparizione, e il conseguente schianto a terra dell’aereo, sia stato programmato dal comandante Zaharie Ahmad Shah. Il piolota disattivò il pilota automatico e fece raggiungere all’aereo i 12mila metri di altitudine. A questa altezza, soprattutto se raggiunta lentamente, qualsiasi aereo si depressurizza. I passeggeri, perciò, morirono per mancanza di ossigeno. Zaharie Ahmad Shah volò per altre tre ore per poi schiantarsi. Secondo la teoria del giornalista William Langewiesche, il governo malese ha fatto di tutto per insabbiare e ostacolare le indagini, così da evitare un imbarazzo nazionale di fronte alla scoperta che uno dei più illustri piloti della compagnia di bandiera del paese aveva causato una strage.