Il cinema e lo sport cercano da sempre di entrare in contatto tra loro. Lo sport, per aumentare il suo tasso di teatralità, attinge sempre più a piene mani dal vasto bacino iconografico della settima arte, sfruttando colonne sonore, citazioni e scene leggendarie per costruire uno storytelling che aiuti a comunicare meglio l’evento sportivo. Dal canto suo il cinema ha sempre cercato di adattare sul grande schermo l’esperienza sportiva e tutto il bagaglio di emozioni che l’atto si porta dietro, senza ovviamente dimenticare l’estetica dello sport in sé.
Soprattutto, spesso lo sport al cinema diventa il racconto di come la performance mantenga l’atleta in una dimensione psicologica in cui la partita che sta affrontando si trasforma in metafora e riflessione della propria vita.
Sport individuali e sport di squadra al cinema
Ce lo insegnano le innumerevoli storie legate alla boxe, forse il più cinematografico tra tutti gli sport: dal Jake La Motta di De Niro in Toro Scatenato, al Cinderella Man di Russell Crowe, alla Milion Dollar Baby di Hillary Swank sotto Clint Eastwood fino a, non potevamo non citarli, Rocky e oggi Creed. Lo sport come meraviglioso e spettacolare MacGuffin per raccontare le contraddizioni delle persone. Anche Woody Allen lo sa bene e ha usato il contesto sportivo perfettamente con il suo Match Point. Il cinema racconta i cambiamenti delle persone e della loro vita e gli sport individuali in questo sono forse più facili da mettere in scena, poiché eliminando l’elemento squadra, ci permettono di empatizzare e immedesimarci al meglio nei panni del nostro protagonista. Non che negli sport di squadra o nei film corali questo non possa avvenire: un ottimo esempio sono Rush di Ron Howard o il recentissimo The First Slam Dunk di Takehiko Inoue. O se vogliamo anche le tre stagioni di coach Ted Lasso su AppleTv+.
Il wrestling al cinema secondo Aronofsky
E poi c’è un caso particolare, il wrestling. Definito sport-spettacolo per la sua peculiarità di nascere attorno al racconto dei lottatori/personaggi creati e comunicato come fosse una serie tv più che un evento sportivo. L’esempio virtuoso da citare qui non può che essere The Wrestler: il film del 2008 con cui Darren Arofonosky ha conquistato il Leone d’Oro al Festival di Venezia che racconta una meravigliosa e drammatica storia in cui lo sport viene usato come pretesto per il racconto di un uomo e le sue difficoltà di accettare che il tempo sia passato.
Il film rimise in piedi la carriera di Mickey Rourke, da anni lontano dall’ambiente di Hollywood a causa dei suoi comportamenti e dei suoi eccessi. E mai scelta di casting fu più azzeccata: il vissuto di Mickey nella boxe e il suo volto rovinato – proprio durante il periodo da pugile dovette rifarsi naso e zigomi a causa dei colpi presi – si prestavano perfettamente a portare in vita Randy “The Ram” Robinson, stella del wrestling degli anni 80 caduto in disgrazia, che vive la giornata show dopo show tirando a campare, incapace di accettare un’altra vita fuori dal quadrato del ring.
Una vita forse simile a quella dell’attore scelto per interpretarlo, che anche per questo non ci ha messo molto ad entrare in sintonia con il personaggio e a farlo suo. Mickey nasce pugile, diventa attore belloccio e maledetto. Per un periodo viene considerato erede di Marlon Brando e James Dean, non fosse che al momento della sliding door decisiva per le sorti di una carriera, il divo fa il divo e inizia a rifiutare sistematicamente ogni proposta tirandosi indietro da film come Quei bravi ragazzi, Platoon, Pulp Fiction e chi più ne ha più ne metta.
Gli eccessi con l’eroina insieme alla sua seconda moglie e i problemi con l’alcol fanno il resto. Sul finire degli anni 90 svolta la sua vita: molla la carriera da attore e torna a fare boxe a livello agonistico. Una carriera da imbattuto con sei vittorie, alla ricerca di quella competizione che non sentiva più nella recitazione, ma anche numerose ferite che lo accompagneranno sul viso per il resto della vita. Ricorre alla plastica facciale per sistemare la cartilagine del naso e gli zigomi. Voci di corridoio dicono che quelle lesioni se le sia causate volontariamente per distanziarsi dall’etichetta di belloccio.
Mickey Rourke sparisce per anni ed è Randy “The Ram” Robinson a farlo rinascere.
Il wrestling nei fumetti con Do a Powerbomb
Storie di wrestling, storie di accettazione, una vita intera racchiusa in un quadrilatero. Ne sa qualcosa anche Daniel Warren Johnson, nome ben noto tra i lettori di fumetti. Autore e disegnatore delle sue storie, i suoi disegni strizzano ben più di qualche occhiolino allo stile orientale dei manga. Negli anni si è fatto conoscere con sue storie originali come Murder Falcon (che attinge dalla sua passione per l’heavy metal) ma anche per l’ottimo lavoro fatto con personaggi Marvel come Beta Ray Bill e in DC con Wonder Woman. Qualche mese fa è uscito nel nostro paese in versione completa edito da SaldaPress, la sua ultima creazione Do a Powerbomb (qui trovate la nostra recensione), ambientata nel mondo del wrestling.
Una storia, quella di Lona Steelrose, figlia d’arte di una campionessa rimasta uccisa durante un incontro, alle prese con un torneo di wrestling in una dimensione ultraterrena per provare a riportare in vita sua madre. Una storia che, per quanto diversa, sembra girare intorno a un nucleo simile a quello del racconto del film di Aronofsky.
Perchè il wrestling?
Sia per Aronofksy che per Johnson la scelta di usare questo sport come contesto delle loro storie nasce dalla passione personale. Il regista, come raccontato a luglio nella sua visita a Roma ai fratelli D’Innocenzo al cinema Piccolo America, da giovane seguiva molto gli incontri durante l’epoca d’oro di Hulk Hogan e rimase folgorato durante un evento al Madison Square Garden di New York in cui Hogan e Andre The Giant lo affascinarono nel ring. L’idea per il film nacque poi durante gli anni al college, vedendo molte storie ambientate nella boxe ma nessuna nel mondo del wrestling. Da qui gli studi, le interviste e la scoperta di un mondo fatto di precarietà, di solitudine e di tante difficoltà fisiche ed emotive. Le federazioni minori, gli sgabuzzini usati come spogliatoi, gli antidolorifici per superare i dolori dopo gli incontri. Tutto un vissuto che scopre conoscendo lottatori e federazioni e che poi confluisce nel suo film.
Per quanto riguarda Johnson invece, lui non conosceva nulla della disciplina, ma in seguito alla nascita della figlia Fiona e alle conseguenti nottate passate a non dormire, la compagnia della tv e degli show della NJPW (New Japan Pro Wrestling) e della neonata all’epoca AEW (All Elite Wrestling) divennero via via una musa per la creazione della sua ultima opera.
Divergenze e similitudini dei due personaggi
Ram e Lona: due personaggi e due vite completamente opposte. Due medium diversi accomunati dallo stesso percorso: il superamento, anzi l’accettazione, di un lutto. Da una parte quello di Randy “The Ram” Robinson, che dopo i fasti dei giorni passati in cui troneggiava sui manifesti dei Main Event al Madison Square Garden, a fatica deve provare a dire addio a quella vita, che gli ha già portato via tutto e che lo sta finendo di consumare fisicamente e mentalmente. Dall’altra il percorso di crescita di Lona che per andare avanti deve accettare la scomparsa della madre.
Johnson non infonde la sua vita in quella di Lona, come Mickey Rourke aveva fatto con Ram, ma usa il coprotagonista per raccontarci quella stessa faccia della medaglia, più ruvida e fatta di meno lustrini. Parliamo di Cobra Sun: un wrestler con il meglio alle spalle, che convive con il senso di colpa di aver sbagliato un’azione fondamentale sul ring, diventata letale per il suo avversario.
Due personaggi diversi, accomunati dall’incapacità di andare avanti. Ed è qui che il wrestling nel fumetto e nel cinema si riconcilia con le altre storie di sport. Sotto le maschere dei personaggi più o meno kitsch e dietro i colpi con gli oggetti, i fiumi di sangue e la musica rock che accompagna gli ingressi dei lottatori, vediamo due esseri umani che riescono a vivere solo nel quadrato e non accettano le regole della quotidianità. Persone che usando le parole di Ram, trovano il loro posto nel mondo solo all’interno del ring.
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