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    Memorie di un assassino, la storia vera al centro del film

    Memorie di un assassino racconta la storia vera di un serial killer coreano, Lee Chun-jae, che ha confessato i propri delitti anni dopo averli commessi.
    Matteo MarescalcoDi Matteo Marescalco20 Agosto 2023
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    Frame tratto da Memorie di un assassino
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    Memorie di un assassino è tratto da una storia vera, quella del serial killer Lee Chun-jae, responsabile di 14 omicidi di donne, in Corea del Sud, tra il 1986 e il 1991. Soltanto nel 2019, però, l’uomo, che stuprava uccideva le sue vittime strangolandole con i loro stessi indumenti, come calze e collant, ha confessato i propri terribili delitti ed è stato condannato per i suoi orrendi crimini. Il film è uno dei capolavori diretti da Bong Joon-ho.

    Lee Chun-jae ha parlato per la prima volta dei suoi delitti in tribunale, il 2 novembre 2019, a Suwon, nella Corea del Sud, durante il processo per la riapertura del caso di un uomo condannato ingiustamente al posto suo a 20 anni di carcere, per uno di questi omicidi. L’uomo è uscito di prigione nel 2008 e chiede adesso di essere riabilitato. Lee Chun-jae – che ha 61 anni – era già in carcere dal 1994, con una condanna all’ergastolo, dopo esser stato arrestato e condannato per lo stupro e l’omicidio della cognata. Ma solo l’analisi del DNA sui casi rimssti irrisolti fino al 2019, ha permesso di identificarlo come il serial killer autore degli omicidi raccontati nel film di Bong Joon-ho.

    L’omicida ha confessato alla corte: “Non pensavo che i crimini sarebbero rimasti sepolti per sempre. Non capisco ancora perché non mi abbiano sospettato. Questi crimini sono accaduti nelle mie vicinanze e io non ho fatto molto per nascondere le cose, per cui pensavo che mi avrebbero preso con facilità. C’erano centinaia di poliziotti in giro. Mi imbattevo di continuo in investigatori ma mi chiedevano solo delle persone che conoscevo”.

    L’assassino ha anche detto che quando è stato interrogato dalla polizia nel mezzo di questa serie di omicidi, indossava uno degli orologi delle sue vittime. Tuttavia, la polizia non gli chiese nulla a questo proposito. Chang-jae ha anche rivendicato l’omicidio per cui è stato condannato l’altro uomo, ovvero quello di una ragazzina di 13 anni, avvenuto nel 1988, definendolo “un atto impulsivo”.

    La CNN ha anche riferito che – come tutti i serial killer – l’assassino non ha mostrato alcuna emozione mentre rievocava quel delitto, sebbene si sia scusato con le famiglie delle vittime e con l’uomo condannato al posto suo. La cosa peggiore è che per la maggior parte dei delitti, avvenuti nella provincia del Hwaseong, Lee Chun-jae non può essere più processato per decorrenza dei termini, anche se è praticamente certo che finirà i suoi giorni in prigione.

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