Il film Io, Daniel Blake è basato su una storia vera solo in parte. Il protagonista della vicenda, infatti, è un personaggio di finzione, ma lo spaccato sociale che il film vuole rappresentare è frutto di una capillare ricerca sul campo, condotta dal regista Ken Loach insieme allo sceneggiatore Paul Laverty, che riflette vite ed esperienze della working class inglese.
La trama del film ruota infatti attorno alla paradossale vicenda del falegname Daniel, un sessantenne che, a seguito di un serio problema cardiaco, si ritrova a sbattere contro il muro di gomma di pratiche burocratiche e amministrative per ottenere un sussidio di disoccupazione. Per ottenerlo, nonostante il riposo prescritto dal medico, deve però mettersi alla ricerca di un lavoro, trovandosi di fatto in uno stallo non aggirabile. E se il protagonista è frutto di fantasia, sfortunatamente il contesto di abbandono sociale in cui si ritrova è invece la lancinante rappresentazione di una realtà che il quasi novantenne regista inglese, figlio di operai, conosce fin troppo bene, e a cui ha dedicato la sua intera filmografia.
Per realizzare la sceneggiatura del film Loach e Paul Laverty sono andati a intervistare e conoscere le persone che frequentano i banchi alimentari per indigenti e i consultori per ottenere i sussidi di malattia e disoccupazione. Come riportato da Nofilmschool per Io, Daniel Blake, Laverty e Loach hanno vissuto tra i colletti blu residenti a Newcastle, molti dei quali sono oppressi e incapaci di mantenersi a causa di un sistema di welfare inadeguato. Loach ha scritturato alcune delle persone incontrate come attori nel film, scelta non inedita nella sua produzione artistica.
A proposito della sua esperienza con le persone, e sulla modalità con cui si è approcciato a loro, Laverty ha raccontato: “Ho visto gente al banco alimentare a solo un paio di isolati da qui, alla chiesa di St. Marks. Se ascolti le persone con rispetto, la maggior parte di loro ti racconterà le loro storie di vita. È stato incredibile vedere le persone scegliere tra il riscaldamento e il cibo. Nella quinta economia più grande del mondo. Interessante. Vedere persone che danno da mangiare ai propri figli biscotti invece che cibo perché hanno ricevuto una sanzione dallo Stato“.
E ancora, a proposito del lavoro di sceneggiatura che segue quello esplorativo: “Dunque, non si copia una sceneggiatura dalla strada. Quello che fai è quasi come un lavoro giornalistico. Devo capire cosa sta succedendo. Devo scoprirlo. Scrivere una sceneggiatura significa in realtà creare connessioni. Poi è quasi come se le cose arrivassero nella tua corsia. Una volta ottenute tutte queste informazioni, poco a poco, i personaggi iniziano a crescere nella tua mente. Katie Morgan ha iniziato a formarsi nella mia mente perché molte persone vengono espulse da Londra a causa della pulizia sociale, dei tagli all’assistenza sociale, e a causa della domanda di alloggi, e perché sono tanti gli stranieri che vengono qui per comprare. C’è una enorme crisi immobiliare. Ancora una volta, il governo non ha fornito una pianificazione o un alloggio adeguati, e molti poveri sono stati cacciati da Londra”.
E infine: “La grande sfida in questo film è stata quella di drammatizzare la burocrazia, cosa piuttosto difficile da fare. Devi dimenticare quello che hai imparato e poi creare i personaggi, ma lo fai da persona informata. Questo mi ha dato la sicurezza necessaria per scrivere qualcosa che fosse molto, molto crudo“.