Il nuovo disco di Jack The Smoker Sedicinoni sa fare breccia nei cuori dei veri amanti del rap e fargli muovere il collo come si deve. Sedicinoni. Un formato interessante, soprattutto se pensiamo al cinema e ai nuovi media, alla storia dei formati, e alla sua influenza nella musica rap. Questo articolo si propone di trovare un collegamento nuovo tra le due arti, attraverso due album piuttosto recenti.
“Spegnete TikTok” is the new “Spegnete la TV”
Innanzitutto, con questo titolo Jack The Smoker ribalta i vostri cellulari e vi dice di lasciar stare TikTok. Una lotta, la sua, al contenuto breve, che risucchia troppo tempo per lasciarti poco o niente. Un invito ad usare altre piattaforme, che non permettono magari di “cambiare canale” scrollando il dito dopo dieci secondi. Non solo questo, sono anche una concorrenza affiatata per chi opera in altri campi, e rendono la guerra dei media sempre più affollata.
Il tutto è analogo a quello che successe negli anni 60, quando con l’avvento della televisione i cinema americani videro scendere i consumatori abituali al 20% della popolazione: entra in crisi lo Studio System. Allora si ricorse al colore, al suono stereofonico, ai primi esperimenti del 3D e al formato panoramico (21:9) che si affermò definitivamente sul 4:3 televisivo. Spoiler: il formato non ha salvato il cinema. Ma la crisi di Hollywood permise ai film stranieri di invadere le sale americane e diede la possibilità alle produzioni indipendenti di esplodere.
Ringraziamo dunque questo periodo di crisi per la nascita della New Hollywood e speriamo che anche il nostro periodo di crisi, delle sale e della soglia dell’attenzione, possa rifiorire con prodotti come Sedicinoni. Perché se è vero che non è stato il formato in sé a salvare le sale, almeno ha accelerato il processo.
Sedicinoni: forma o contenuto?
Il disco di Jack The Smoker è più formale che contenutistico: stile e leggerezza, alla Jackie Brown. Sa però anche stringere il suo sguardo nelle profondità dell’animo. Così, improvvisamente, da 16:9 si passa a 4:3, e brani come Quadrato, Ogni Notte Due Notti e P.I.M.P. inquadrano il volto e le emozioni del protagonista, in freestyle che ricordano il modo di girare di John Cassavetes (che non è Kassovitz, citato nel disco di Emis Killa per La Haine). Cassavetes è stato il regista pioniere del cinema indipendente americano, e al centro, per lui, c’erano le persone. Basta guardare film come Shadows o Faces per capire l’importanza riservata ai corpi e alle emozioni degli attori.
Ma anche l’amarezza della crescita in da 0 a 18 sa colpirci come un Boyhood di Linklater, che segue la vita di un ragazzo dai 6 ai 19 anni, e che è stato realizzato radunando per dodici anni la stessa troupe di attori per osservare la crescita dei personaggi insieme a quella degli interpreti. Insomma, più che altro barre satiriche impreziosite da un manierismo tecnico sorprendente, ma quando Jack vuole farci male sa come farlo.
Il film con il film dentro: ecco a voi Emis Truffaut
Se Sedicinoni è autorialità formale in ogni traccia, Effetto Notte di Emis Killa è postmoderno all’impazzata. Citare tutto, e farlo bene. Ogni brano del disco riporta il titolo di un film, e qua, ahimé, ci sono tanti gangster-movie. Non perché non siano belli, semplicemente perché cerchiamo di dimostrare che c’è dell’altro. E infatti arriva lo stesso rapper in nostro aiuto, quando a Rolling Stones disse: “Il cinema ha ispirato moltissimo la mia scrittura. Effetto notte ha un’identità precisa, forse non in linea con il trend del momento. C’è molto contenuto, molta emotività, è fatto per chi ha voglia di ascoltare dando importanza al testo. Ho usato molti film che parlano di strada, di vita underground perché è quello che mi interessa.”
In effetti, Emis Killa tira fuori il meglio di sé nelle tracce in cui parla di giovani persi, di strada, e in cui la sua riflessione parte da film che li mettono in primo piano. Attori di Strada, ad esempio, è tratto da Ragazzi Fuori, di Marco Risi (regista che già Ernia aveva portato nel rap con il pezzo Mery per sempre). Il film di Risi è eccezionale, come la canzone di Emis, e infatti viene premiato con il David alla miglior regia. Neorealista nell’animo, con non-attori chiamati a interpretare loro stessi: ragazzi usciti dal carcere minorile di Malaspina, a Palermo. Ma Killa scuote la nostra innocenza anche in pezzi come MC DRIVE (La Haine) e SONNY (City of god). E sa anche farci scuotere qualcos’altro in ALBICOCCA (Lolita), dove forse il significato dei film di Kubrik e Lyne e dell’opera letteraria di Nabokov viene messo in secondo piano.
Dopo aver ascoltato questi dischi fino in fondo “ogni risveglio è come un’auto addosso”, ma riescono comunque a felicitarci di una cosa: dall’arte può nascere altra arte. Il cinema ha sempre contaminato il rap, ma se prima ci si limitava a mostrarsi alla Tony Montana, o a citare qualche battuta di Tarantino, ora c’è una coesistenza che nobilita la scrittura di certe canzoni. C’è un’ispirazione diversa, profonda, che può tramutarsi in uno stile ben preciso, come in Sedicinoni, o in una trasposizione ideologica (ovviamente non narrativa) di un’opera, come in Effetto Notte.
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