Tanti auguri a tutte le mamme del mondo! Ci spiace veramente non poter parlare di ognuna di loro, ma abbiamo deciso di sottolineare l’importanza che la figura materna ha ricoperto nella carriera di due dei più importanti registi della storia del cinema. Sono due artisti molto simili, forse non dal punto di vista estetico, che hanno fatto dell’infanzia e del rapporto con i genitori, in particolare con la madre, un elemento cardine della loro poetica e della loro cinematografia. Sono anagraficamente molto vicini, entrambi amano l’animazione, e i loro ultimi due film hanno approfondito il legame con la madre come forse non avevano mai fatto. Separati soltanto dall’Oceano Pacifico, stiamo parlando di Steven Spielberg e Hayao Miyazaki.
The Fabelmans: il pianoforte, la cinepresa e l’armadio
Steven Spielberg è forse il regista che più di tutti è all’apice di Hollywood, e come ha iniziato ad approcciarsi al cinema ce lo racconta molto bene in The Fabelmans, il suo ultimo film, il suo ultimo capolavoro, in cui sente che è arrivato il momento di tirare le fila della sua carriera. All’inizio del film Sammy (un piccolo Spielberg) viene portato al cinema dai suoi genitori per vedere Il più grande spettacolo del mondo di De Mille. All’ingresso, Sammy riceve un discorso dai suoi genitori su quest’arte, suddivisa tra tecnologia (il padre ingegnere) e sogno (la madre pianista).
Il cinema spielberghiano è caratterizzato dall’assenza di una figura paterna, che qui c’è ma sembra spesso parlare una lingua diversa. Sarà infatti un’intuizione della madre Mitzi, splendidamente interpretata da Michelle Williams, a creare un primo contatto tra il bambino e il cinema. Sammy era rimasto shockato dalla scena del deragliamento del treno nel film di De Mille, e decide di replicarla in casa con un trenino giocattolo e una cinepresa, che Mitzi gli permette di usare. Ricreare la scena, rivederla e assimilarla compensa lo shock, e crea il seme di una condivisione di questa vocazione artistica nella sfera madre-figlio, meravigliosamente rappresentata nella scena in cui guardano il girato nell’armadio.
Anni dopo, attraverso il montaggio di un film sul loro campeggio in famiglia, Sammy scopre un segreto della madre che fa esplodere il melodramma famigliare. La scena è un capolavoro non solo per la scoperta di Sammy, ormai un giovane cineasta, ma anche per il montaggio di Spielberg che unisce ancora di più i due personaggi nel momento della loro traumatica separazione. Mentre vediamo Sammy alla moviola, il regista struttura un montaggio parallelo con i genitori nel salone. L’unità viene fornita dalla musica suonata dalla madre (l’Adagio del Concerto in re minore BWV 974 di Bach), che unisce i personaggi sì nel dramma, ma anche da un punto di vista artistico, mostrandoci la necessità di controllo di Sammy, e la voglia di lasciarsi andare sulla tastiera di Mitzi.
Niente sarà più come prima, ma quello che Mitzi, anzi, che Leah (il suo vero nome) ha dato a Sammy, anzi, a Steven è il suo futuro. Porgendogli quella piccola cinepresa, accompagnandolo col suo maestoso pianoforte, fino a che i suoi film non sono più stati proiettati nell’armadio ma nei cinema di tutto il mondo. E forse è per questo che lui l’ha sempre chiamata “il mio portafortuna”.
Il ragazzo e l’airone… e Himi
Hayao Miyazaki lo conosciamo tutti, l’animatore migliore di tutti i tempi, un regista che ha fatto la storia del cinema grazie alla messa in scena magica della sua visione del mondo: ambientalista, pacifista e femminista. Infatti molti dei suoi protagonisti sono in realtà donne, ragazze o bambine, sempre chiamate a mettersi alla prova, a lavorare e a risolvere i mali che affliggono il mondo. E una prova veramente difficile l’ha dovuta superare anche Yoshiko, madre di Hayao. Per Spielberg Leah è stata iniziatrice del suo percorso artistico, mentre per Miyazaki Yoshiko è stata iniziatrice del suo percorso tematico. Colpita dalla tubercolosi, Yoshiko è stata ricoverata per otto anni e, per stargli più vicini, Hayao (che allora aveva tre anni) e famiglia si sono trasferiti in campagna vicino all’ospedale dov’era ricoverata. Miyazaki nei suoi film tende a inserire elementi autobiografici, questo in particolare torna chiaramente in Nausicaa della valle del vento ed è il motore della trama di Il mio vicino Totoro, ma è solo attraverso la loro elaborazione surreale che riesce a superare quel dolore che tiene nascosto dentro di sé.
Nel suo ultimo film, Il ragazzo e l’airone, la madre del protagonista Mahito, Hisako, muore in ospedale durante un incendio. Lui e suo padre, che si è risposato con la sorella della madre, si trasferiscono in campagna, dove Mahito, visibilmente depresso, viene attirato da un airone parlante all’interno di una torre abbandonata: gli era stato detto che avrebbe trovato sua madre viva. In parte era vero, in parte era falso. Mahito viene poi mandato in un mondo fuori dal tempo, un mondo dei morti, e incontra sua madre quando era ragazza. Hisako, detta Himi, salva più volte Mahito e lo accompagna fino all’uscita di questo mondo, dove entrambi riprendono il loro posto nel tempo salutandosi un’ultima volta.
Il legame che si instaura tra questi due personaggi mette in luce un sogno di Miyazaki: quello di poter recuperare il tempo perduto con sua madre. Se in Totoro Miyazaki ha voluto superare il trauma trascorrendo il tempo con creature magiche, qui lo vuole passare con lei. Sa bene che nel nostro mondo sarebbe impossibile e ne crea uno ad hoc, dove lo scorrere dei minuti non è chiaro, e ancora meno lo è il confine tra vita e morte. E proprio la morte, nei film di Miyazaki non è mai come ce la si aspetta, forse perché è proprio come visse da bambino la malattia di Yoshiko. Il secchiello vuoto in Ponyo quando gli viene portata via, la scia di aerei in Porco Rosso, Hisako che lo chiama dolcemente tra le fiamme.
Il ragazzo e l’airone permette anche a Miyazaki di domandarsi come sarebbe stato se sua madre fosse effettivamente morta in ospedale. E in effetti questo film è una domanda già dal titolo originale E voi come vivrete?, tratto dall’omonimo romanzo di formazione giapponese. Al “bisogna tentare di vivere” di Si alza il vento viene allora contrapposto un dubbio, una difficoltà, una scelta. Mahito non l’aveva presa, ma poi ha incontrato Himi.
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