La Sposa Cadavere, capolavoro Burtoniano, è tratto da una storia vera. Parliamo di una vicenda risalente al 1930, quando un medico s’innamorò follemente di una sua paziente tanto da conservarne il cadavere dopo la sua morte prematura. Alla realtà si mescola poi il folklore con un racconto, stavolta di finzione, che narra di un giovane sul punto di sposarsi che si propone involontariamente allo spirito di una donna deceduta, e si ritrova incatenato a lei.
Una tremenda, macabra storia realmente accaduta su due amanti sfortunati, e vita e morte che non sanno lasciarsi andare. Quindi dov’è che La sposa cadavere racconta il vero, e quando inizia a mentire? Scopriamo come si fondono nel film fantasia, letteratura e la storia drammatica di un amore perduto.
È il 1930. Un radiologo tedesco di nome Carl Tanzler sogna il volto di una donna, e si convince che sia quello della sua anima gemella. Come fosse in un libro, la fanciulla a lui apparsa in sogno gli si palesa davanti. Il suo nome è Helen, è giovane e identica a come la sua mente l’aveva immaginata, ma ha un enorme problema. Purtroppo è malata e i tentativi del medico non servono a nulla. Helen muore nel 1931. Carl erige per lei un mausoleo e si reca alla sua tomba ogni sera. Notte dopo notte, per anni, finché non prende una decisione drastica che scatenerà terribili conseguenze.
Nel 1933, il corpo di Helen viene riesumato dal medico, e come Frankenstein con la sua creatura, anche Carl Tanzler tenta di strappare alla morte la donna che aveva amato in vita. Ma ovviamente fallisce e lei resta con lui, nascosta esanime nella sua casa, per sette lunghi anni. È solo nel 1940 che qualcosa cambia. La sorella di Helen ha sentito delle voci girare in città, voci inquietanti che bisbigliano sul dottore che, apparentemente, sembra vivere con un cadavere in casa.
La polizia arresta Carl. Viene definito pazzo, si sospetta un disturbo di tipo mentale, ma il medico è perfettamente in grado di intendere e di volere, sebbene consumato dal dolore. Il cadavere di Helen torna a giacere sotto terra, e a Carl non rimane nulla. Folle di amore e disperazione, crea per sé una maschera con le fattezze della donna amata in un tentativo di tenerla ancora con sé. Carl Tanzler morirà nel 1952 e verrà trovato nella sua casa, da solo, mentre stringe tra le braccia la maschera di un fantasma.
Alla realtà di un amore tragico, incapace di distinguere vita e morte, s’intreccia un racconto antico che il capolavoro di Burton non può non aver sfruttato per trarre ispirazione. E allora introduciamo Il Dito, il racconto di Isaac Ben Solomon Luria, che risale a ben cinquecento anni fa. Una donna, sul punto di diventare una sposa, viene uccisa il giorno del suo matrimonio. Verrà sepolta col suo abito bianco ancora indosso e dimenticata. Un giorno, però, un giovane anch’egli sul punto di sposarsi finisce per caso sul luogo in cui riposa il cadavere della donna. In solitudine, il giovane ripete i voti nuziali che dovrà pronunciare davanti all’altare, e quando scorge un ramo vi infila l’anello come fosse un dito. Il dito della sposa uccisa.
Come Emily, la co-protagonista del film di Tim Burton, anche la sposa del racconto di Luria pretende a questo punto che lui sia suo marito a tutti gli effetti. Lo vuole per sé, come per riprendersi qualcosa che le è stato tolto ingiustamente. Non ha, quindi, intenzione di lasciarlo andare. E non lo fa.
Il finale del film di Tim Burton è l’unica cosa che diverge completamente dal racconto seicentesco: Solomon Luria non scrive di una donna finalmente in pace, che alla fine sa distinguere la vita dalla morte e fare ciò che è giusto. La sposa di Il Dito si dissolve nel nulla tra atroci grida quando i rabbini proclamano il loro matrimonio invalido, togliendole la possibilità di coronare finalmente il suo sogno d’amore. Nulla a che vedere con le farfalle nel finale di Emily.
La Sposa Cadavere di Tim Burton è uno dei suoi film più conosciuti e apprezzati dal pubblico e dalla critica, sicuramente tra i migliori della sua filmografia, di cui abbiamo realizzato una classifica. Oltre che un capolavoro della stop-motion, tecnica di animazione col quale è stato prodotto, il film fu candidato agli Oscar e fu innovativo nell’uso, per la prima volta, di camere fisse per la realizzazione di un film animato, cui noi abbiamo dedicato un piccolo speciale per spiegare come è stato girato.