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    Home » Web/Social » Ultime news Web/Social » Apriamo le stanze di Barbablù, cos’è l’hashtag che svela le molestie nel cinema italiano

    Apriamo le stanze di Barbablù, cos’è l’hashtag che svela le molestie nel cinema italiano

    Grazie all'hashtag Apriamo le stanze di Barbablù, creato dall'associazione Amleta, sono venute alla luce decine di abusi nello spettacolo italiano.
    Patrizio MarinoDi Patrizio Marino10 Gennaio 20232 min lettura
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    Amleta, associazione italiana contro gli abusi alle attrici
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    L’associazione Amleta ha lanciato l’hashtag Apriamo le stanze di Barbablù, dove vengono raccontati gli abusi e le minacce che le attrici italiane hanno subito in questi anni nel mondo dello spettacolo. Sono numerose le testimonianze scioccanti raccolte su Instagram: Molte artiste hanno trovato la forza, grazie all’iniziativa di Amleta, di raccontare gli abusi fisici e psicologici subiti.

    Sull’hastag creato da Amleta, #apriamolestanzediBarbablù, si legge, tra le altre la testimonianza di un’attrice, che racconta di quando “Un collega approfittava, in una scena, per toccarmi il sedere. Quando l’ho affrontato nei corridoi ha cercato di farmi passare per pazza visionaria”.

     

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    Un’altra, invece, ricorda la domanda di un regista: “Ti senti più suora o più puttana?” Preceduta dalla richiesta di slacciarsi la camicetta: “Anzi, se non vuoi slacciarti la camicetta posso farlo io“.

     

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    Un altro regista, trasformatosi in uno stalker, con telefonate anche alle quattro di notte, ha detto ad un attrice durante un provino: “Sei brava, e hai pure un bel culo”

     

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    Valentina Melisn ha denunciato un episodio di quando aveva 20 anni “Andai nell’ufficio del direttore che ne aveva 60. ‘Secondo te perché ti rinnovo il contratto?’, mi chiese. ‘Perché sono brava’, risposi. Si alzò, mi prese per le spalle e mi tirò a sé. Lo spinsi, aprii la porta e scappai via in lacrime”. Giulia Manzini, che abbiamo visto in Gli sdraiati di Francesca Archibugi ha scritto: “Un regista mi chiamò, voleva uscire a cena. Rifiutai. Non mi chiamò più per nessun altro lavoro”. Anche l’Accademia di arte drammatica, non sfugge a questo tipo di violenza, come ricorda Barbara Giordano “Secondo anno di Accademia di arte drammatica il professore mi aiutava a sentire dove fosse il diaframma, non riuscii a realizzare subito che mi aveva infilato una mano nelle mutande per masturbarmi”

     

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